PUBBLICITÁ

La regione che verrà

David Allegranti

Esaurito il capitolo dell’Emilia-Romagna si passa alla prossima battaglia campale. La Toscana, epicentro della politica degli ultimi anni. La strategia leghista, la tenuta del Pd, l’inconsistenza dei 5s. Un’inchiesta

PUBBLICITÁ

La Toscana è stata negli ultimi anni l’epicentro politico dell’attualità italiana. Terra (ex) rossa che ha fornito persino al centrodestra un pezzo della sua classe dirigente (Marcello Pera, Sandro Bondi, Denis Verdini, Paolo Bonaiuti), nonché la culla della rottamazione (Matteo Renzi). C’è stato un periodo in cui al governo si parlava toscano, adesso di toscani non ce n’è nemmeno l’ombra, né nella segreteria del Pd (con l’eccezione dell’aglianese Marco Furfaro, da poco responsabile comunicazione della segreteria Zingaretti) né soprattutto nell’esecutivo, ed è tutto un fiorire di battute in stile Boris sui toscani che hanno rovinato questo paese. Esaurito il capitolo emiliano-romagnolo di questo 2020 elettorale appena iniziato, si passa alla prossima battaglia campale: la Toscana, regione che con l’appannamento del renzismo vive ora di luce riflessa. In primavera c’è il voto insieme a Puglia, Campania, Veneto e Marche. Ma lì più che altrove si ripeterà la sfida fra Lega e Pd che si è vista pochi giorni fra in Emilia-Romagna.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


La Toscana è stata negli ultimi anni l’epicentro politico dell’attualità italiana. Terra (ex) rossa che ha fornito persino al centrodestra un pezzo della sua classe dirigente (Marcello Pera, Sandro Bondi, Denis Verdini, Paolo Bonaiuti), nonché la culla della rottamazione (Matteo Renzi). C’è stato un periodo in cui al governo si parlava toscano, adesso di toscani non ce n’è nemmeno l’ombra, né nella segreteria del Pd (con l’eccezione dell’aglianese Marco Furfaro, da poco responsabile comunicazione della segreteria Zingaretti) né soprattutto nell’esecutivo, ed è tutto un fiorire di battute in stile Boris sui toscani che hanno rovinato questo paese. Esaurito il capitolo emiliano-romagnolo di questo 2020 elettorale appena iniziato, si passa alla prossima battaglia campale: la Toscana, regione che con l’appannamento del renzismo vive ora di luce riflessa. In primavera c’è il voto insieme a Puglia, Campania, Veneto e Marche. Ma lì più che altrove si ripeterà la sfida fra Lega e Pd che si è vista pochi giorni fra in Emilia-Romagna.

PUBBLICITÁ

 

  

PUBBLICITÁ

Il centrosinistra schiera Eugenio Giani, politico di lungo corso. Il centrodestra è ancora alla ricerca del candidato, con difficoltà

La Toscana negli ultimi dieci anni ha dato diverse soddisfazioni al centrodestra e alla Lega soprattutto. Quello di Pisa, dove la Lega è passato dallo 0,35 per cento (125 voti) del 2013 al 25 per cento del 2018 (quasi diecimila voti), è diventato un caso di studio: una città progressista in cui l’elettorato del Pd ha cambiato bandiera, scegliendo di votare per l’ex Truce dopo anni di insoddisfazioni regalate dalla classe dirigente di centrosinistra. Ma non è l’unica città conquistata dal centrodestra negli ultimi cicli amministrativi: ci sono anche Arezzo, Grosseto, Siena, Massa, Pistoia. La regione è naturalmente contendibile, bisogna capire però come il centrodestra, che ancora non ha scelto il candidato o la candidata, affronterà la campagna elettorale.

  

Secondo la spartizione delle candidature decisa nei mesi scorsi, a Forza Italia toccano Calabria e Campania, a Fratelli d’Italia Puglia e Marche, alla Lega, Emilia-Romagna e Toscana. Riconfermati, in Veneto e in Liguria, i governatori uscenti. Sarà la Lega dunque a indicare il candidato toscano. La maggiore indiziata finora è stata Susanna Ceccardi, ex sindaca di Cascina, oggi europarlamentare, sulla quale però pesano i veti degli alleati. C’è poi Antonfrancesco Vivarelli Colonna, sindaco di Grosseto, che di recente ha declinato l’offerta. “Sono in forte imbarazzo se mi chiamano. Avevo dato la mia disponibilità a lottare con le unghie e con i denti, come ho sempre fatto, contro il centrosinistra che ha distrutto la Toscana e il paese, ma a soli tre mesi dal voto per la mia formazione e per come faccio le cose sono in fortissimo imbarazzo”, ha detto al Corriere Fiorentino il sindaco di Grosseto, imprenditore agricolo dalle nobili origini. Insomma, troppo tardi. Non sarebbe neanche la prima volta. Al centrodestra toscano capita spesso (troppo spesso) di ridursi all’ultimo secondo per individuare il candidato giusto. Tra i nomi che circolano per la Lega c’è anche quello dell’attuale capogruppo in consiglio regionale Elisa Montemagni.

  

PUBBLICITÁ

Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit. Integer dolor lectus, dapibus eu orci eget, posuere viverra mauris. Fusce ultricies luctus libero eu condimentum.

“La Toscana ha delle similitudini con l’Emilia-Romagna, però penso sia stupido sostenere, come dicono alcuni colleghi, che siccome abbiamo perso in Emilia-Romagna allora perderemo anche in Toscana. Anche se avessimo vinto, l’automatismo non ci sarebbe”, dice al Foglio Stefano Mugnai, vicepresidente dei deputati di Forza Italia e coordinatore toscano. “Salvini è stato costretto a nazionalizzare il voto in Emilia-Romagna anche perché Bonaccini era difficilmente aggredibile e come governatore aveva un consenso largamente positivo. Un consenso che non riscontro invece sui dieci anni di Enrico Rossi come governatore della regione Toscana. Tant’è che lo stesso Eugenio Giani, candidato di centrosinistra, ha detto come prima cosa che vuole smontare la riforma sanitaria toscana adottata dal governo Rossi. Per questo come profilo abbiamo bisogno di un candidato o di una candidata che contenga sì un elemento di cambiamento forte ma che al contempo non mobiliti tutti contro di noi, com’è avvenuto in Emilia-Romagna. Anche perché la discontinuità effettivamente serve a questa regione: l’economia è a zero, le liste d’attesa in sanità esplodono, sulle infrastrutture non è stato fatto niente. Questo è il profilo che serve, poi si tratta di individuare il volto che lo interpreta”. D’altronde, spiega Mugnai al Foglio, “la Toscana è contendibile. Anche perché dopo la sconfitta in Emilia, ci sarà un rilassamento della sinistra sulla capacità di mobilitazione e su quel rilassamento noi dovremo lavorare. Giani non è Bonaccini, finge di essere nuovo ma è da 120 anni che occupa tutte le poltrone fiorentine. Distaccarsi dal governo di Rossi non è discontinuità. Siamo noi a poter dire che la sanità toscana non funziona, perché lui invece votava e sosteneva i provvedimenti del governo regionale”.

  

PUBBLICITÁ

C’è poi una questione di comunicazione da affrontare, dice Mugnai: “Non possiamo usare in Toscana la stessa modalità di comunicazione che utilizziamo in Calabria o in Veneto, perché non funziona. Se vogliamo vincere, come già accaduto in alcune città importanti, dobbiamo prendere i voti di chi sta a sinistra. Non possiamo andare lì e offenderli, perché significa offendere la famiglia: il babbo, il nonno, e via così. Invece se ne convinci uno, ne mobiliti due”. Insomma, chiediamo al politologo Marco Tarchi, la regione è contendibile? “Solo a precise condizioni: che, cioè, il clima della competizione non sia così incandescente da richiamare precipitosamente all’ovile tutti gli orfani della subcultura rossa drenando ogni alternativa a sinistra, come è accaduto in Emilia-Romagna, che il M5s non scompaia del tutto e che il centrodestra presenti un candidato alla presidenza credibile e capace. Impresa non facile”, risponde il politologo. Ma dopo il risultato in Emilia-Romagna, la Lega sarà costretta ad aggiustare qualcosa nel messaggio e nella strategia comunicativa? Troppo Salvini rischia di creare un effetto boomerang per il centrodestra? “Certamente. Occorrerà un dosaggio più attento dei messaggi mobilitanti e dei toni civili. Per Salvini, sia scomparire dalla scena sia cedere agli eccessi di protagonismo avrebbe effetti negativi. E, soprattutto, essendo l’immagine del ‘buongoverno’ di Pd e alleati molto meno diffusa e accettata in Toscana, chi la sfiderà dovrà mettere in campo analisi e proposte solide”.

   

Tarchi: “Al centrodestra occorrerà un dosaggio più attento dei toni civili. Salvini non può scomparire né eccedere”

La sinistra toscana pur di inseguire il risultato emiliano-romagnolo sarà costretta ad abbracciare le sardine e il resto della società cosiddetta civile? “Le sardine sono, almeno per il momento, un espediente utile per ogni occasione in cui ci sia da creare un’immagine di Nemico Assoluto da combattere. Purché però chi deve incarnare il ruolo del cattivo sia credibile. Salvini lo era. Soggetti meno marcati potrebbero prestarsi meno a fare da bersaglio degli umori piazzaioli”. L’impressione è che comunque un modello politico-partitico sia finito dappertutto, nonostante la vittoria del centrosinistra in Emilia-Romagna. Che ne pensa? “Malgrado le capacità di mobilitazione dei militanti che nelle ex-zone rosse gli eredi del Pci conservano, il grosso dell’elettorato è ormai troppo volatile per essere governato dalle parole d’ordine di un partito. E, se si pensa che pure nell’atmosfera di Armageddon che dominava a Bologna e dintorni, un terzo dei cittadini si è rifiutato di infilare una scheda nell’urna, è impossibile pensare a un ritorno al passato. Il voto di opinione va conquistato di volta in volta”.

   

E il centrosinistra? Il centrosinistra ha faticato non poco nel trovare la candidatura. Eugenio Giani, socialista liberale, un tempo vicino a Renzi, presidente del consiglio regionale, una lunga carriera nelle istituzioni e nella politica, ha evitato le primarie, per le quali si era già preparato, e ha convinto la sinistra, compresa quella civica, dopo una iniziale diffidenza: in coalizione ci sono anche Sinistra italiana, Articolo 1, mentre la sinistra movimentista di Tommaso Fattori andrà per conto proprio, con tanti saluti alle richieste delle Sardine di costruire anche in Toscana un fronte anti-Salvini: “Ho sempre ritenuto che la Toscana fosse molto meno contendibile dell’Emilia-Romagna”, dice Fattori. “Oltretutto, qui in Toscana, Pd e Renzi hanno individuato un candidato presidente 2020 graditissimo alla destra, che farà il pieno di voti (anche disgiunti) in pezzi di elettorato di Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia. Un’operazione politicamente indigeribile ma elettoralmente intelligente”. Insomma, aggiunge Fattori, “il Pd che vincerà nel 2020 anche in Toscana sarà un Pd ancora particolarmente renzizzato, tutto grandi opere, securitarismo e strada spianata al privato sociale nei servizi pubblici”.

  

Giani, diversamente da Bonaccini, non ha in programma una “lista Giani”, che non piace agli alleati di Italia viva. “Sì a una apertura alle liste civiche da parte dei partiti della coalizione”, dice al Foglio. Il partito di Renzi, tra i primi a dire sì alla candidatura Giani, presenterà una sua lista. Dopo aver evitato accuratamente di misurarsi in Emilia-Romagna e in Calabria, Italia viva non può astenersi dalla discesa in campo proprio nella culla del renzismo. “Giani è un ottimo candidato e sarà un ottimo presidente per la Toscana”, dice al Foglio Ettore Rosato, capo dell’organizzazione di Italia viva: “Gli saremo accanto con la nostra lista, che sarà frutto della partecipazione di tanti amministratori e militanti che in queste settimane stanno costruendo il partito ma anche di contributi innovativi che arrivano da chi non si era mai avvicinato alla politica e vede in Italia viva un’opportunità per mettersi al servizio delle istituzioni. Puntiamo alla doppia cifra”.

   

I Cinque stelle hanno vinto a Livorno nel 2014 ma poi sono spariti di nuovo: insomma se li conosci, li eviti

E i Cinque stelle? In Toscana hanno sempre fatto molta fatica ad affermarsi, tranne nel glorioso caso di Livorno, dove però hanno dominato per un solo lustro. Nel 2014 conquistarono la città dopo quasi settant’anni di governo di sinistra, cinque anni dopo l’hanno però persa ed è tornata nelle mani del Pd. Come a dire: se li conosci, li eviti. Alle regionali del 2015 presero poco più del 15 per cento eleggendo 4 consiglieri. Il candidato era Giacomo Giannarelli, che in questi anni si è fatto notare per una robusta ortodossia casaleggiana e per aver presieduto una inutile commissione regionale su Banca Mps. Alle ultime europee hanno preso il 12 per cento, più che doppiati da Pd e Lega. Per trovare il nuovo candidato governatore hanno fatto le regionarie, ma a vedere i numeri sarebbe più corretto parlare di condominiarie: Irene Galletti ha battuto al ballottaggio Giannarelli 859 voti a 646. Sono varie le ragioni della difficoltà dei populisti ad affermarsi in una regione come la Toscana. Nel caso di Livorno si parlò di città-laboratorio, ma fu un abbaglio, come dimostra anche lo scarso appeal di Filippo Nogarin, ex sindaco, che non è riuscito neanche a farsi eleggere all’europarlamento e nella città di cui è stato primo cittadino ha preso appena 1.936 preferenze (Matteo Salvini, per dire, ne ha prese 3.009). Le ragioni degli anti-sistema in Toscana sono state incarnate più dalla Lega che dai grillini, che in Toscana fin dall’inizio sono stati animati da ex militanti di sinistra delusi. Ancora una volta dunque andrà in scena lo scontro bipolarista fra centrosinistra e centrodestra. “La regione è contendibile”, ammette anche Giani, che dovrà contenere le intemperanze dei renziani, l’assalto della Lega, i dinieghi della sinistra movimentista e, più di tutti, la fine di un modello: quello della Toscana felix. La regione è ferma e la crescita economica non c’è. L’attività economica in Toscana nella prima parte del 2019 è rimasta debole, come certifica anche un recente studio della Banca d’Italia sulle economie regionali pubblicato a novembre. A ottobre, il terzo Focus Ires sull’economia toscana presentato dalla Cgil prevedeva il tasso di crescita regionale del pil toscano allo zero per cento per il 2019 contro il più 0,9 per cento del 2018. Secondo lo studio, nel 2020 e 2021, la crescita dell’economia regionale dovrebbe assestarsi rispettivamente su valori di più 0,4 per cento e più 0,6 per cento. La Toscana a crescita zero sarà inevitabilmente materia di campagna elettorale.

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ