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La lezione emiliana

Valerio Valentini

“Il trionfo di Bonaccini è quello di un riformismo che intercetta i voti del centrodestra”. Parla Benamati (Pd)

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Roma. Anche l’analisi della vittoria può essere delicata. “Se si sbaglia a leggere il voto emiliano, si corrono rischi seri. E’ il primo successo alle regionali dopo quello del Lazio nel 2018 e rappresenta un poderoso stop alla marcia di Salvini, che può innescare una spinta anche a livello nazionale. A patto però di interpretare con serietà quanto è accaduto in Emilia”. Gianluca Benamati, deputato bolognese del Pd, parla con la convinzione di chi, oltre ad avere vissuto l’intera campagna elettorale sul territorio, ha analizzato anche i dati sui flussi. “E quei dati – spiega – ci mostrano in maniera chiara come si sia trattato anzitutto di una vittoria personale di Stefano Bonaccini, dimostratosi sul campo una delle sintesi migliori fra abilità di governo realmente riformista e capacità di interpretare i valori e le speranze della sua comunità”. Eppure c’è chi dice che ora il Pd deve “smettere di guardare al centro”. “Il Pd che ha vinto in Emilia è in realtà un Pd riformista, in grado di governare e aggregare ma rifuggendo tentazioni radicali. Lo dimostra il numero elevato di elettori moderati, anche di centrodestra, che hanno sostenuto Bonaccini”.

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Roma. Anche l’analisi della vittoria può essere delicata. “Se si sbaglia a leggere il voto emiliano, si corrono rischi seri. E’ il primo successo alle regionali dopo quello del Lazio nel 2018 e rappresenta un poderoso stop alla marcia di Salvini, che può innescare una spinta anche a livello nazionale. A patto però di interpretare con serietà quanto è accaduto in Emilia”. Gianluca Benamati, deputato bolognese del Pd, parla con la convinzione di chi, oltre ad avere vissuto l’intera campagna elettorale sul territorio, ha analizzato anche i dati sui flussi. “E quei dati – spiega – ci mostrano in maniera chiara come si sia trattato anzitutto di una vittoria personale di Stefano Bonaccini, dimostratosi sul campo una delle sintesi migliori fra abilità di governo realmente riformista e capacità di interpretare i valori e le speranze della sua comunità”. Eppure c’è chi dice che ora il Pd deve “smettere di guardare al centro”. “Il Pd che ha vinto in Emilia è in realtà un Pd riformista, in grado di governare e aggregare ma rifuggendo tentazioni radicali. Lo dimostra il numero elevato di elettori moderati, anche di centrodestra, che hanno sostenuto Bonaccini”.

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Messa così, sembra sminuire il ruolo del Pd. “Tutt’altro. Il Pd ha dato prova di grande forza, recuperando e risultando il primo partito, pilastro centrale di una coalizione ampia che andava dalla sinistra di Emilia coraggiosa fino alla lista del presidente dove c’erano anche i candidati di Azione e Italia viva”. Non un Pd che va sciolto, insomma, come sostiene Zingaretti? “Credo che il segretario intendesse annunciare la volontà di aprire di più il partito alla società. Cosa condivisibile, come dimostra il contributo alla vittoria arrivato dalle sardine. Ma resto convinto della necessità di un partito strutturato, poiché là dove c’è, questo aiuta il risultato. Come a Bologna, città cruciale per la vittoria, mentre dobbiamo rafforzarci nel le aree più periferiche”.

 

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Serve un congresso, al Pd? “Certo. Un congresso completo, sulla linea politica e sulla classe dirigente, che ci permetta di discutere di della nostra azione di governo, delle proposte per il paese, e di come inquadrare tutto ciò in un’alleanza, quella col M5s, che deve trovare una sua convergenza di programma vero. Non vogliamo né vivacchiare né scioglierci in prospettiva in un indistinto abbraccio”. Un’alleanza da replicare anche sui territori? “L’alleanza col M5s può essere una opportunità nel nuovo bipolarismo che si prospetta. E l’Emilia mostra che posti di fronte a una scelta netta, una grossa parte dell’elettorato grillino vira verso le nostre proposte. Ci sono dunque le condizioni perché questa alleanza non resti solo un patto di governo, ma si declini anche nei territori. Ma è una scelta che devono fare per primi gli esponenti del M5s sapendo che il Pd non è subalterno e ha dalla sua parte da tante esperienze molto valide”.

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