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Tutti pazzi per Elly (Schlein), dall’“Emilia-coraggiosa” in su

Marianna Rizzini

Chi è la record-woman di preferenze, punto di riferimento del fronte potenziale gauchiste, lungo la linea ambiente-lavoro

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Roma. Giro, vado, vedo gente. Ma non alla Nanni Moretti. Anzi: la sinistra alla Nanni Moretti non sembra piacere molto a Elly Schlein, la trentaquattrenne ex europarlamentare nata con il Pd e poi passata a “Possibile”. La candidata (eletta) che due giorni fa, tra Bologna, Ferrara e Reggio Emilia, ha ottenuto più di ventiduemila preferenze alla testa di “Emilia-Romagna coraggiosa”, lista che appoggiava il presidente pd uscente e rieletto Stefano Bonaccini. E però, visti i commenti sui social, e visto il plauso unanime a sinistra – da quella radicale a quella più moderata – è come se l’ingresso trionfale di Schlein in consiglio regionale fosse la porta per raggiungere un altrove ancora immerso nella nebbia. Un altrove magari rossoverde (verde non nel senso della Lega), ché Elly Schlein è una delle giovani ex europarlamentari più attive sul tema ambiente. Intervistata da questo giornale, tempo fa, parlava della necessità di costruire un fronte ambientalista-progressista in Italia, un “terzo spazio” privo di ambiguità verso le politiche liberiste e i nazionalisti. “Nella società c’è già una sensibilità che tiene insieme l’urgenza di reagire contro l’emergenza climatica e contro le diseguaglianze di ogni tipo”, diceva, dopo mesi in cui, non più nell’ambito di “Possibile” ma in proprio, aveva cominciato una campagna d’ascolto, così la descriveva, lungo il confine oggi sottile tra due temi potenzialmente capaci di convogliare consenso nella sinistra-sinistra in sonno, giovane e in parte persa lungo la strada del populismo a Cinque stelle (e ormai pentita): l’emergenza climatica e il lavoro. La politica è in ritardo, diceva Schlein, vedendo “la voglia di mobilitarsi” schiacciata tra “le contraddizioni ancora forti dei grandi partiti” e “la frammentazione surreale” dei campi ecologista e di sinistra, tra “personalismi e logiche identitarie”. Le trovava “dinamiche respingenti” per i giovani, ed è con quel lavoro sottotraccia fatto per intercettare i delusi, lavoro apparentemente “a margine”, che ha costruito il suo bacino elettorale. Ma allo stesso tempo Schlein – che ha contrapposto al megafono di Matteo Salvini il taccuino (così ha descritto la sua presenza in paesi e città – non è mai stata sedotta dal culto del politico improvvisato “dal basso”.

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Roma. Giro, vado, vedo gente. Ma non alla Nanni Moretti. Anzi: la sinistra alla Nanni Moretti non sembra piacere molto a Elly Schlein, la trentaquattrenne ex europarlamentare nata con il Pd e poi passata a “Possibile”. La candidata (eletta) che due giorni fa, tra Bologna, Ferrara e Reggio Emilia, ha ottenuto più di ventiduemila preferenze alla testa di “Emilia-Romagna coraggiosa”, lista che appoggiava il presidente pd uscente e rieletto Stefano Bonaccini. E però, visti i commenti sui social, e visto il plauso unanime a sinistra – da quella radicale a quella più moderata – è come se l’ingresso trionfale di Schlein in consiglio regionale fosse la porta per raggiungere un altrove ancora immerso nella nebbia. Un altrove magari rossoverde (verde non nel senso della Lega), ché Elly Schlein è una delle giovani ex europarlamentari più attive sul tema ambiente. Intervistata da questo giornale, tempo fa, parlava della necessità di costruire un fronte ambientalista-progressista in Italia, un “terzo spazio” privo di ambiguità verso le politiche liberiste e i nazionalisti. “Nella società c’è già una sensibilità che tiene insieme l’urgenza di reagire contro l’emergenza climatica e contro le diseguaglianze di ogni tipo”, diceva, dopo mesi in cui, non più nell’ambito di “Possibile” ma in proprio, aveva cominciato una campagna d’ascolto, così la descriveva, lungo il confine oggi sottile tra due temi potenzialmente capaci di convogliare consenso nella sinistra-sinistra in sonno, giovane e in parte persa lungo la strada del populismo a Cinque stelle (e ormai pentita): l’emergenza climatica e il lavoro. La politica è in ritardo, diceva Schlein, vedendo “la voglia di mobilitarsi” schiacciata tra “le contraddizioni ancora forti dei grandi partiti” e “la frammentazione surreale” dei campi ecologista e di sinistra, tra “personalismi e logiche identitarie”. Le trovava “dinamiche respingenti” per i giovani, ed è con quel lavoro sottotraccia fatto per intercettare i delusi, lavoro apparentemente “a margine”, che ha costruito il suo bacino elettorale. Ma allo stesso tempo Schlein – che ha contrapposto al megafono di Matteo Salvini il taccuino (così ha descritto la sua presenza in paesi e città – non è mai stata sedotta dal culto del politico improvvisato “dal basso”.

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E quella domanda in tema migranti rivolta a Salvini – “ma perché non siete mai venuti alle riunioni sui negoziati di Dublino?” – non è sgorgata spontanea dal nulla. Al contrario, Schlein viene da più di dieci anni di esperienza sul campo degli “scontenti per come vanno le cose nel centrosinistra”, anche se nel Pd ha iniziato la sua militanza e anche se, nel 2008, aveva seguito da giovane attivista dem la campagna di Barack Obama negli Stati Uniti. Poi però, nel 2013, aveva lanciato “Occupy Pd”, la protesta dei giovani democratici contro i 101 franchi tiratori che Romano Prodi si era trovato sulla strada della presidenza della Repubblica.

 

 

Con quella campagna Schlein chiedeva al partito di rinnovarsi, ma era, quella, una richiesta che ancora non prevedeva l’uscita dalla casa madre (cosa che poi avvenne ai tempi del Pd renziano: era il 2015 e Schlein, con Pippo Civati, figurava tra i creatori di “Possibile”). Fatto sta che oggi la Elly Schlein antisovranista, femminista, cosmopolita (papà americano, mamma italiana) si trova esattamente al posto giusto nel momento giusto, ché non soltanto il campo ambientalista è in cerca di autori (autrici) per prepararsi a un non lontanissimo futuro elettorale. Anche in quello della sinistra-sinistra, infatti, si fanno prove generali, e queste elezioni regionali sono state un test di leadership potenziale per Elly, stimata da fuoriusciti pd del calibro di Vasco Errani e Pierluigi Bersani, ma non invisa – anzi – agli ex compagni democratici. E ora che sono tutti pazzi per Elly, Elly dovrà giocare la partita da un luogo apparentemente non centralissimo (il consiglio regionale), e però questa finora è stata la sua forza: esserci, ma senza essere troppo vista.

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