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Sul citofono ha ragione Facebook

Redazione

Rimosso il video di Salvini. Buca delle lettere dell’estremismo no, grazie

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Facebook ha deciso di rimuovere il video nel quale si vede Salvini, qualche giorno prima delle elezioni regionali in Emilia-Romagna, citofonare all’abitazione di una famiglia tunisina per sapere se qualcuno dei suoi componenti spacciasse droga. L’iniziativa della piattaforma social, seppur tardiva, è doppiamente benvenuta; da un lato, essa infatti conferma il desiderio dei vertici aziendali di non volersi arrendere alla decisione del tribunale di Roma che dopo la chiusura della pagina di CasaPound ha sostanzialmente affermato che Facebook sarebbe un spazio pubblico sottratto alle regole di gestione della proprietà; dall’altro, ribadisce la volontà di assicurare un minimo di decenza civile e politica al dibattito che si alimenta sul web. 

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Facebook ha deciso di rimuovere il video nel quale si vede Salvini, qualche giorno prima delle elezioni regionali in Emilia-Romagna, citofonare all’abitazione di una famiglia tunisina per sapere se qualcuno dei suoi componenti spacciasse droga. L’iniziativa della piattaforma social, seppur tardiva, è doppiamente benvenuta; da un lato, essa infatti conferma il desiderio dei vertici aziendali di non volersi arrendere alla decisione del tribunale di Roma che dopo la chiusura della pagina di CasaPound ha sostanzialmente affermato che Facebook sarebbe un spazio pubblico sottratto alle regole di gestione della proprietà; dall’altro, ribadisce la volontà di assicurare un minimo di decenza civile e politica al dibattito che si alimenta sul web. 

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Vale la pena ancora una volta ricordare come Facebook rappresenti un’azienda privata la cui policy non è non può essere eterodiretta dall’autorità statale. Nel caso specifico del video in cui si vede Salvini raggiungere vette ineguagliate di pericoloso populismo esibito a favore di telecamera e folle esagitate, poi, non si può tacere del fatto che la sua diffusione rappresenti una grave violazione della privacy della famiglia tunisina che rimarrebbe esposta a tutta una serie di pericoli non del tutto ipotetici alla luce del clima che si respira a tratti nel nostro paese.

 

 

Ancora l’anno scorso per ragioni di ordine pubblico e sicurezza e per evitare possibili tafferugli fra tifoserie politiche di adepti infervorati, le forze dell’ordine hanno più volte proibito l’esposizione di striscioni di protesta nei confronti dell’ex ministro dell’Interno. Nessuna meraviglia, pertanto, che Facebook abbia fatto quello che avrebbe dovuto fare l’autorità pubblica: tutelare l’incolumità di persone innocenti fino a prova contraria. E la libertà di manifestazione del pensiero, anche questa volta, non c’azzecca niente.

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