La lunga marcia di Giorgia
Il centrodestra non è più soltanto Salvini, e Meloni comincia a dirlo
In Emilia sconfitta la leghista Borgonzoni, ma non la destra. I dubbi di FdI sulla gestione delle candidature. I dispetti della Lega agli alleati
-
Meloni, come costruire una leadership
-
L'affrancamento di Meloni da Salvini passa anche dalle nomine
-
In Abruzzo Meloni tenta di ribaltare gli equilibri di forza nella destra
-
Che impatto avranno sul governo la spallata mancata di Salvini e il flop grillino
-
L'Italia immaginaria sognata dai Liberali e Terzisti per Salvini
-
Regionali continue
-
Pera e Ricolfi spiegano perché l'estremismo creerà problemi alla Lega
-
Il partito del pil non vota necessariamente Lega: il caso Emilia-Romagna
-
A Salvini non basta il rosario
-
Non potendo abbattere il governo, Salvini dà la spallata alla Meloni
-
Il virus del cialtronismo ha raggiunto il suo picco e quel citofono ha ridisegnato l'Italia
-
La Lega vuole sfruttare le regionali per non essere ostaggio di Meloni
Roma. Cosa pensassero gli alleati di centrodestra intorno alla candidatura di Lucia Borgonzoni, imposta da Matteo Salvini in Emilia-Romagna contro Stefano Bonaccini, l’aveva all’incirca chiarito Ignazio La Russa una decina di giorni fa. I dirigenti di Fratelli d’Italia compulsavano sondaggi, ci si attrezzava alla campagna elettorale, si osservava Bonaccini, si tornava a soppesare Borgonzoni, e il vecchio Ignazio, sguardo sornione e battuta fulminante: “Digiamolo, speriamo che non vinca il migliore”. Non è andata così, digiamolo. E ieri, nei conciliaboli, gli uomini di FdI, entusiasti del risultato personale di Giorgia Meloni (secondo partito della coalizione e voti quintuplicati rispetto alle scorse regionali in Calabria) insistevano non oziosamente su quello scarto di voti tra le liste in Emilia-Romagna e il candidato leghista Borgonzoni. 1,8 per cento, non una percentuale enorme – certo – ma abbastanza da confermare l’analisi: con un candidato migliore, e senza le sparate al citofono di Salvini, chissà come sarebbe andata. Ovviamente le elezioni, come la storia, non si fanno con i se. Tuttavia “in Emilia si è mobilitata l’epica del Pci. E l’abbiamo capito subito, domenica, quando l’affluenza era alta”, dice Andrea Augello, con l’aria provvida d’esperienza. “Se esageri, anche quelli esagerano”. Ed è quello che probabilmente pensa anche la leader, Meloni, la quale si guarda bene dal dirlo, malgrado qualche allusione, tipo: “Sulle candidature ci vorrebbe più collegialità”. Se infatti Salvini teneva la foto del caduto Renzi sulla scrivania per ricordarsi (ma non ha funzionato) degli errori da non compiere, Meloni ha sul comodino la foto di Gianfranco Fini. “Volete che io prenda le distanze da Salvini. Ve lo dico subito: non è nel mio stile”.
Abbonati per continuare a leggere
Sei già abbonato? Accedi Resta informato ovunque ti trovi grazie alla nostra offerta digitaleLe inchieste, gli editoriali, le newsletter. I grandi temi di attualità sui dispositivi che preferisci, approfondimenti quotidiani dall’Italia e dal Mondo
Il foglio web a € 8,00 per un mese Scopri tutte le soluzioniOPPURE
- Salvatore Merlo
Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi erasmiana a Nottingham. Un tirocinio in epoca universitaria al Corriere del Mezzogiorno (redazione di Bari), ho collaborato con Radiotre, Panorama e Raiuno. Lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.