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Evviva il congresso del M5s!

Redazione

Il grillismo resta un orrore, ma fare del M5s un partito vero è una buona notizia

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Sarà che forse l’unico precedente noto – un Luigi che convoca gli Stati generali – non è granché confortante, visto che il re di Francia ci rimise il collo sotto la ghigliottina. Ma pare davvero – questa, almeno, è l’impressione condivisa da una buona metà della squadra di governo grillina – che Di Maio stia pensando di lasciare la guida del M5s alla vigilia della grande convention a cinque stelle indetta per metà marzo. Mossa non scontata, ma probabilmente dettata dalla necessità di scongiurare uno stillicidio interno che di certo non s’arresterà dopo le disfatte elettorali in Emilia e in Calabria. Di Maio preferisce insomma dimettersi di sua volontà, col piglio di chi dirà ai suoi oppositori interni “adesso arrangiatevi voi”, piuttosto che essere costretto a farlo con ignominia. E però prima di cedere la guida del M5s, il ministro degli Esteri – che ad abbandonare la Farnesina non ci pensa affatto – vorrà senz’altro completare la ristrutturazione interna: dopo avere promosso la nuova segreteria dei “facilitatori” (con cui ieri Di Maio si è incontrato, senza fare cenno alle sue dimissioni), vuole gestire anche la selezione dei referenti regionali. Infine, soprattutto, vuole avere l’ultima parola sulle grandi nomine che si faranno a cavallo tra febbraio e marzo. Poi, appunto, il passo indietro potrebbe arrivare davvero. E la speranza, a maggior ragione, è che il M5s rifugga le tentazioni di trasformare gli Stati generali nell’ennesima kermesse ad alto contenuto di retorica e trovate mediatiche, e che pure eviti di organizzare un grande, inconcludente, sfogatoio generale. Certo, si redigerà una nuova “Carta dei valori”, una sorta di nuovo statuto che dovrà comprendere, pare, anche il nuovo organigramma del M5s. Ma se “rifondazione” deve essere, che allora ci sia un dibattito reale, un confronto di diversi orientamenti, magari di diverse mozioni, e che alla fine si arrivi alla conta. Fare un congresso vecchio stile, per un partito di plastica nato nell’etere e gestito da un srl privata, potrà non sembrare troppo innovativo: ma se fosse questa, la strada, sarebbe già un salto nel futuro.

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Sarà che forse l’unico precedente noto – un Luigi che convoca gli Stati generali – non è granché confortante, visto che il re di Francia ci rimise il collo sotto la ghigliottina. Ma pare davvero – questa, almeno, è l’impressione condivisa da una buona metà della squadra di governo grillina – che Di Maio stia pensando di lasciare la guida del M5s alla vigilia della grande convention a cinque stelle indetta per metà marzo. Mossa non scontata, ma probabilmente dettata dalla necessità di scongiurare uno stillicidio interno che di certo non s’arresterà dopo le disfatte elettorali in Emilia e in Calabria. Di Maio preferisce insomma dimettersi di sua volontà, col piglio di chi dirà ai suoi oppositori interni “adesso arrangiatevi voi”, piuttosto che essere costretto a farlo con ignominia. E però prima di cedere la guida del M5s, il ministro degli Esteri – che ad abbandonare la Farnesina non ci pensa affatto – vorrà senz’altro completare la ristrutturazione interna: dopo avere promosso la nuova segreteria dei “facilitatori” (con cui ieri Di Maio si è incontrato, senza fare cenno alle sue dimissioni), vuole gestire anche la selezione dei referenti regionali. Infine, soprattutto, vuole avere l’ultima parola sulle grandi nomine che si faranno a cavallo tra febbraio e marzo. Poi, appunto, il passo indietro potrebbe arrivare davvero. E la speranza, a maggior ragione, è che il M5s rifugga le tentazioni di trasformare gli Stati generali nell’ennesima kermesse ad alto contenuto di retorica e trovate mediatiche, e che pure eviti di organizzare un grande, inconcludente, sfogatoio generale. Certo, si redigerà una nuova “Carta dei valori”, una sorta di nuovo statuto che dovrà comprendere, pare, anche il nuovo organigramma del M5s. Ma se “rifondazione” deve essere, che allora ci sia un dibattito reale, un confronto di diversi orientamenti, magari di diverse mozioni, e che alla fine si arrivi alla conta. Fare un congresso vecchio stile, per un partito di plastica nato nell’etere e gestito da un srl privata, potrà non sembrare troppo innovativo: ma se fosse questa, la strada, sarebbe già un salto nel futuro.

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