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Una maggioranza Ursula, perché no?

Redazione

La pazza idea di Conte può avere senso solo con un’Europa più forte

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Tra le varie ipotesi che circolano in un sistema politico ancora dissestato è emersa quella, lanciata da Romano Prodi, di una coalizione fra tutti i partiti italiani che hanno sostenuto la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Tradotto in italiano significa associare al Pd e ai 5 stelle (e a Italia viva) i popolari europei, cioè Forza Italia. Il cemento unificante di questa operazione ardita sarebbe l’europeismo. Formalmente la proposta si presenta bene, parte da un precedente reale, il voto al Parlamento europeo, e gioca sulle crepe che si aprono all’interno del centrodestra a causa della pretesa egemonica di Matteo Salvini (e più pedestremente dalla prospettiva di una gran parte dei parlamentari di Forza Italia di non essere rieletti in caso di ritorno anticipato al voto). Tuttavia sono evidenti i limiti che rendono questa ipotesi poco meno che surreale. Il primo che viene in mente è la difficoltà per un Pd che si è presentato alle elezioni come alternativa ai 5 stelle e a Silvio Berlusconi ad allearsi con entrambi i “nemici”, il che vale in modo ancora più contundente per i 5 stelle, che proprio della esclusione di Berlusconi avevano fatto l’argomento fondamentale dell’alleanza con Salvini. Oltre a queste difficoltà interne che appaiono definitivamente ostative è il carattere poco attrattivo del modello di riferimento, appunto della politica europea, che proprio ora mostra tutta la sua irrilevanza in una fase convulsa di movimento sul piano internazionale. Proprio la convergenza sulla gestione politica dell’interesse nazionale in campo internazionale sarebbe la ragion d’essere di una maggioranza “Ursula”. Ma su quale asse questa politica dovrebbe assestarsi non lo si può certo ricavare dalle contraddizioni laceranti e paralizzanti che contraddistinguono l’Unione europea. In astratto, una maggioranza ultra europeista non sarebbe una cattiva idea. Le condizioni oggi non ci sono. Ma l’Italia, si sa, è il perfetto palcoscenico per il teatro di Samuel Beckett, dove anche ciò che appare assurdo può diventare realistico.

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Tra le varie ipotesi che circolano in un sistema politico ancora dissestato è emersa quella, lanciata da Romano Prodi, di una coalizione fra tutti i partiti italiani che hanno sostenuto la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Tradotto in italiano significa associare al Pd e ai 5 stelle (e a Italia viva) i popolari europei, cioè Forza Italia. Il cemento unificante di questa operazione ardita sarebbe l’europeismo. Formalmente la proposta si presenta bene, parte da un precedente reale, il voto al Parlamento europeo, e gioca sulle crepe che si aprono all’interno del centrodestra a causa della pretesa egemonica di Matteo Salvini (e più pedestremente dalla prospettiva di una gran parte dei parlamentari di Forza Italia di non essere rieletti in caso di ritorno anticipato al voto). Tuttavia sono evidenti i limiti che rendono questa ipotesi poco meno che surreale. Il primo che viene in mente è la difficoltà per un Pd che si è presentato alle elezioni come alternativa ai 5 stelle e a Silvio Berlusconi ad allearsi con entrambi i “nemici”, il che vale in modo ancora più contundente per i 5 stelle, che proprio della esclusione di Berlusconi avevano fatto l’argomento fondamentale dell’alleanza con Salvini. Oltre a queste difficoltà interne che appaiono definitivamente ostative è il carattere poco attrattivo del modello di riferimento, appunto della politica europea, che proprio ora mostra tutta la sua irrilevanza in una fase convulsa di movimento sul piano internazionale. Proprio la convergenza sulla gestione politica dell’interesse nazionale in campo internazionale sarebbe la ragion d’essere di una maggioranza “Ursula”. Ma su quale asse questa politica dovrebbe assestarsi non lo si può certo ricavare dalle contraddizioni laceranti e paralizzanti che contraddistinguono l’Unione europea. In astratto, una maggioranza ultra europeista non sarebbe una cattiva idea. Le condizioni oggi non ci sono. Ma l’Italia, si sa, è il perfetto palcoscenico per il teatro di Samuel Beckett, dove anche ciò che appare assurdo può diventare realistico.

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