PUBBLICITÁ

Padovani gran dottori

Valerio Valentini

Strano caso: la Lega autonomista a Trento boccia la sua università (autonomista) e chiama “lo straniero”

PUBBLICITÁ

Roma. Il paradosso è questo: che il partito più autonomista d’Italia, arrivato a governare una delle province più autonome d’Italia, decide di snobbare un’istituzione locale che proprio in nome dell’orgoglio autonomista era stata fondata, quasi sessant’anni fa, e si affida a un podestà forestiero. “Prima i trentini”, gridava Matteo Salvini nel febbraio scorso, quando il suo candidato Maurizio Fugatti diventava presidente della Provincia. E però, quando si è trattato di velocizzare i lavori per aprire una Scuola di Medicina a Trento, dove l’Università già c’è ed è anche una delle istituzioni più prestigiose della città, la nuova giunta leghista, lo scorso autunno, ha deciso di rivolgersi all’Università di Padova. “Sì, la situazione è abbastanza surreale”, ammette Alessandro Quattrone, direttore del dipartimento di Biologia cellulare, computazionale e integrata (Cibio) dell’ateneo di Trento, che della nuova Scuola di Medicina sarebbe la base fondativa. “E la cosa più strana è che non capiamo come mai sia nato, questo paradosso”. Già. Perché più che la scelta, discutibile o meno, di rivolgersi a una università di un’altra regione, sorprende il metodo: “Noi – prosegue Quattrone – non abbiamo ricevuto alcuna informazione formale: ci siamo ritrovati ad apprendere dai giornali che la giunta provinciale aveva deciso di affidarsi all’Università di Padova”.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Roma. Il paradosso è questo: che il partito più autonomista d’Italia, arrivato a governare una delle province più autonome d’Italia, decide di snobbare un’istituzione locale che proprio in nome dell’orgoglio autonomista era stata fondata, quasi sessant’anni fa, e si affida a un podestà forestiero. “Prima i trentini”, gridava Matteo Salvini nel febbraio scorso, quando il suo candidato Maurizio Fugatti diventava presidente della Provincia. E però, quando si è trattato di velocizzare i lavori per aprire una Scuola di Medicina a Trento, dove l’Università già c’è ed è anche una delle istituzioni più prestigiose della città, la nuova giunta leghista, lo scorso autunno, ha deciso di rivolgersi all’Università di Padova. “Sì, la situazione è abbastanza surreale”, ammette Alessandro Quattrone, direttore del dipartimento di Biologia cellulare, computazionale e integrata (Cibio) dell’ateneo di Trento, che della nuova Scuola di Medicina sarebbe la base fondativa. “E la cosa più strana è che non capiamo come mai sia nato, questo paradosso”. Già. Perché più che la scelta, discutibile o meno, di rivolgersi a una università di un’altra regione, sorprende il metodo: “Noi – prosegue Quattrone – non abbiamo ricevuto alcuna informazione formale: ci siamo ritrovati ad apprendere dai giornali che la giunta provinciale aveva deciso di affidarsi all’Università di Padova”.

PUBBLICITÁ

 

Motivi di fretta, spiegano dallo staff di Fugatti. “Solo rivolgendosi a Padova – ci dice Mirko Bisesti, segretario del Carroccio in Trentino e assessore provinciale all’Università – potremmo reclutare in tempi rapidi i laureati in Medicina da impiegare subito sul territorio, così da ovviare alle carenze d’organico”. L’idea, insomma, è questa: se ad aprire una Scuola di Medicina ci pensa Padova, si potrebbero portare a Trento gli studenti del quinto o sesto anno, dunque prossimi alla specializzazione. Se non che il ministero dell’Istruzione ha in sostanza ribadito che no, non si può fare: un nuovo corso di laurea non può che ripartire dal primo anno. Motivi di concorrenza, si dirà allora. “Noi, essendo arrivati al governo della provincia per la prima volta l’anno scorso – rivendica Bisesti – non temiamo di commettere reati di lesa maestà nei confronti di nessuno, e non siamo vincolati a logiche o dinamiche del passato”. E però, a ben vedere, neppure questo ragionamento sembra troppo consistente. “Perché in estremo, seppure non siamo aziende ma enti statali, sia noi che Padova, noi saremmo anche disposti – dice il prof. Quattrone – ad accettare di competere con un altro Ateneo, se non fosse che la giunta ha deciso di orientarsi fortemente su un altro ateneo esterno al territorio”. Quello patavino, appunto, che di corsi – “canali”, per rispettare il gergo accademico – di Medicina ne ha attivi già sei, quindi di certo sa come si fa. Solo che a Trento sarebbe disposta ad aprirne uno nuovo solo a patto che l’Università di Trento – per ragioni tecniche soprattutto il dipartimento Cibio – di cui Quattrone è direttore, offrisse alcuni degli insegnamenti e dei professori. E qui sta l’altra stranezza della vicenda: una università di altra regione che dice al decisore politico di una provincia autonoma di dire alla sua università territoriale di fare dei corsi funzionali al suo progetto. Se non lo fa, il costo del progetto sarebbe del 50 per cento maggiore, cosa che ben poco sembra avere a che fare con la rinomata oculatezza trentina. “Noi, come Cibio, saremmo in grado di offrire almeno dodici delle trenta posizioni necessarie per far partire la nuova Scuola”. E siccome ogni posizione, cioè ogni nuovo professore assunto, costa alle casse pubbliche (comprese quella della Provincia) un milione e mezzo mal contato, il conto non sarebbe proprio indolore. “Ci mancherebbero, ovviamente, tutti i corsi clinici, ma potremmo offrire sin dall’inizio almeno i primi due anni e mezzo di corso”, precisa Quattrone. Tuttavia Fugatti – che alla presidenza della Provincia c’è arrivato dopo mesi di permanenza al ministero della Sanità come sottosegretario – ha deciso di ignorare il piano su cui l’ateneo di Trento lavora da anni.

 

PUBBLICITÁ

Al punto che, dopo mesi di mancato dialogo, il rettore Paolo Collini ha chiesto al presidente di poterglielo illustrare. Così Fugatti ha indetto un incontro ufficiale in programma nella giornata di ieri, salvo poi disertarlo senza darne preavviso, lasciando che a parlare con Collini andassero alcuni dirigenti tecnici della Provincia. “Altri impegni istituzionali”, hanno spiegato dallo staff di Fugatti: ovvero l’inaugurazione di una competizione sciistica sulle piste di Madonna di Campiglio. “Ma non è vero che non c’è stato dialogo con l’Università”, precisa l’assessore Bisesti. “Tutti sapevano che noi ci stavamo muovendo, già da mesi”. Ma perché rifiutarsi di prendere quantomeno in esame il progetto sviluppato dall’ateneo del proprio territorio? “Per dare una scossa”, dice Bisesti. “Dall’Università dicono che il loro progetto era in fase di sviluppo da anni. Ma già nel 2011 sembrava che si dovesse partire, e poi non se ne è fatto niente. Fino a che noi non ci siamo rivolti altrove, nessuno si è mosso. Senza la nostra azione, che è stata senz’altro un’azione forte, non ci sarebbe stata alcuna reazione da parte dell’Università di Trento”. Il cui rettore ieri, dopo l’incontro snobbato da Fugatti, il suo progetto lo ha presentato ufficialmente nel corso di un’assemblea dei docenti dell’ateneo. Nella speranza che magari anche Fugatti lo prenda, prima o poi, in considerazione.

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ