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Rocco Casalino è uscito dal gruppo

Salvatore Merlo

La vera scissione l’ha fatta lui, e con bell’anticipo: passato dai Cinque stelle alla corte di Conte

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Roma. “Ho sviluppato la sensibilità di prevedere dove va l’opinione pubblica”, diceva. “Ho la sensibilità di prevedere cosa succederà”, aggiungeva. E infatti è l’unico grillino che aveva capito tutto prima. Altro che Fioramonti, altro che Paragone, altro che fuggi fuggi di senatori, deputati e schegge impazzite, altro che scissioni. La più clamorosa (e silenziosa) fuoriuscita dal M5s è quella di Rocco Casalino, il grillino che visse due volte. L’aveva previsto che finiva così, Rocco. E a novembre l’aveva pure detto a Sette, il magazine del Corriere. “Mi dicono che la mia mancanza si sente”, alludeva, “vedo sondaggi sempre peggiori e la vivo proprio male. All’inizio ho provato a seguire sia Conte che Di Maio, poi ho capito che era impossibile”. E certo, sull’orlo del baratro la fedeltà diventa una difficile ginnastica da praticare, è durissimo lo scontro tra ambizione e affetto.

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Roma. “Ho sviluppato la sensibilità di prevedere dove va l’opinione pubblica”, diceva. “Ho la sensibilità di prevedere cosa succederà”, aggiungeva. E infatti è l’unico grillino che aveva capito tutto prima. Altro che Fioramonti, altro che Paragone, altro che fuggi fuggi di senatori, deputati e schegge impazzite, altro che scissioni. La più clamorosa (e silenziosa) fuoriuscita dal M5s è quella di Rocco Casalino, il grillino che visse due volte. L’aveva previsto che finiva così, Rocco. E a novembre l’aveva pure detto a Sette, il magazine del Corriere. “Mi dicono che la mia mancanza si sente”, alludeva, “vedo sondaggi sempre peggiori e la vivo proprio male. All’inizio ho provato a seguire sia Conte che Di Maio, poi ho capito che era impossibile”. E certo, sull’orlo del baratro la fedeltà diventa una difficile ginnastica da praticare, è durissimo lo scontro tra ambizione e affetto.

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Fra i due piatti della bilancia non c’è paragone: su uno sta la luce, la gioventù della luce; il poter dire: io fui, sono, sarò. Mentre sull’altro sta solo un alito d’impalpabile nulla, una patria tenebrosa, quella bolla vuota che è diventato il M5s, una forza socialmente e politicamente esautorata, una folla turbolenta che esiste solo in Parlamento, nei consigli comunali, ma non sta più sulla tavola degli elementi della politica e del consenso, non sta nella realtà, fino al paradosso più impensabile: il vero simbolo del partito che fu anticasta è oggi la poltrona. E allora, entrato a giugno del 2018 nello studio presidenziale del professor Giuseppe Conte per spiarlo e controllarlo su comando di Casaleggio, alla fine Rocco è diventato sul serio il gentiluomo di camera del presidente, il Sancho Panza, il riflesso allo specchio, come hanno capito tutti il 31 dicembre durante la conferenza stampa di fine anno a Villa Taverna, seduti uno accanto all’altro, l’uno la prosecuzione dell’altro.

 

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E infatti dicono che adesso talvolta Rocco li chiami “quelli del Movimento”, i suoi vecchi committenti che annaspano. E raccontano pure che quando pensa a Luigi Di Maio, con il quale ormai non parla da mesi, lui strizzi gli occhi come per mettere a fuoco un miraggio, un’immagine remota, un ricordo scaduto, qualcosa che non lo riguarda più, perché lui ormai lavora alla tessitura di quella trama immateriale eppure solida che qualcuno già chiama “contismo”. Dunque parla a telefono con Dario (Franceschini), si preoccupa della scaletta del Tg1, si entusiasma all’idea di una federazione di centrosinistra – guidata dal professore e avvocato – sente d’essere stato preso per il gomito dalla buona sorte, perché è riuscito a saltare appena in tempo dentro qualcosa che si tiene in piedi malgrado l’agonia del Movimento, anzi, qualcosa che forse si terrà in piedi a prescindere dall’agonia del Movimento. A prescindere da “quelli lì”, che molto meno svegli di lui non si sono accorti, sono rimasti fermi, e ora lo guardano pure male, non si fidano, al punto da averlo espulso dalla chat nella quale tutti i portavoce dei ministri grillini parlano tra loro. Il panico è il sentimento più diffuso, assieme al fastidio (e all’invidia) per Rocco, che ce l’ha fatta a salvarsi, mentre al Movimento che scompare dalle strade e dalle piazze, dalla vita, l’unica cosa che resta sono i posti. A scadenza, però. Quelli dei deputati, dei senatori, dei ministri, dei sindaci, come Virginia Raggi, che aveva vinto le elezioni a Roma nel 2016 con un napoleonico 70 per cento e ormai invece secondo tutti i sondaggi verrebbe votata da appena un elettore su dieci.

 

Sta scomparendo il Movimento cinque stelle, Movimento 5 per cento, razza condannata. L’aveva capito Rocco, e osservando Conte, trovandoselo accanto, aveva pure capito che bisognava essere più svelti del destino incombente, il destino che non si toglie mai di mezzo, il destino che toglie di mezzo te. Era necessario essere più svelti di lui, e non un giorno, ma subito. E pensare che quella a Palazzo Chigi era iniziata come una operazione da infiltrato, Di Maio credeva così di tenerlo giù, mettendolo alle costole di Conte, invece gli ha solo compresso la molla e… oplà: “Conte ha tutte le caratteristiche per essere un gigante”. Ma del resto, si sa, una passione vera nasce in mille modi, uno più falso dell’altro. Uno può innamorarsi perdutamente anche dell’asta che gli fa fare il salto sociale, o del salvagente che lo tiene a galla.

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