Silvio Berlusconi vota per le elezioni europee (foto LaPresse)

Il capolavoro del Cav. è sbarazzarsi del Trux

Giuliano Ferrara

Un liberale di rango europeo come lui non deve stare con quelli lì

Uno dei misteri meglio custoditi di questa crisi è il mio sempre amato Cav., perché l’ingegnoso hidalgo Cerasa ha già spiegato che la sua attuale forza parlamentare può essere più che decisiva, iperdeterminante, in soluzioni di legislatura, a parte che ovviamente noi siamo tutti come un sol Battista per il voto subito, ma a me tocca come sempre una modesta postilla. Dal punto di vista del lobbying aziendale, uno straordinario motore pop della rivoluzione italiana degli anni precedenti la demagogia nazipop, gli converrebbe lasciare il Trux solo con la Meloni. Gianni Letta lo sa benissimo, Fedele Confalonieri anche, solo che si distribuiscono prudentemente le parti, e questo è comprensibile: uno con il Cln in vista della Liberazione, l’altro con gli agrari in vista della Marcia. Dal punto di vista della sua storia personale e politica, bè, qui addirittura sarebbe di rigore per il Cav. rigirare come un birillo l’imbroglione truce e fargli mangiare la polvere nei prossimi sei mesi, per non dire dopo. Ottenerne cioè una rapida decapitazione popolare e discutere poi eventualmente con Giorgetti sul seguito di centro destra e flat tax, che sono cose serie se non nelle mani di un buffonaccio.

 

Associarglisi, con un Toti che non è un Totti, lui che a Putin dava del tu, lui che Trump lo considera un cattivo emulo e un incidente della tv realtà, lui che in Europa torna ad essere rispettato dalle Merkel e dai Macron e dai Sánchez, almeno quanto è amato oggi dagli intellettuali e dagli artisti che lo castigavano (si fa per dire) ieri, lui che a Boris Johnson dava in Certosa interviste fulminanti e deliziose di antiantifascismo democratico, con qualche necessario svarione, quando Boris faceva ancora il suo vero mestiere, lui che ha non solo governato e disposto in Europa e nel mondo presiedendo tre G8 e un bel po’ di governi della riscossa, lui che ha sempre preferito la parola libertà all’evocazione scipita e piagnona della sicurezza, lui che è un aristocratico delle Commendatizie milanesi, un comunicatore europeista e lombardo e italiano brillante e non sempre semplicistico, lui che l’alleanza con la chiesa di Ruini perché no ma il crocifisso come un portachiavi anche no, lui che è stato combattuto dalle accozzaglie che hanno fatto fuori Renzi, ma non da Renzi, non almeno nei termini odiosi del commissario Catenacci (“In galeraaaa! In galeraaa!”), lui che ha vinto il vincibile con il Milan, di cui l’altro è solo un borioso e truce tifoso ultrà ora che tutti tifiamo Monza, lui che ha saputo fare Forza Italia la Casa delle libertà il Pdl e il Nazareno, lui che ha incarnato il maggioritario e ha virato per la proporzionale corretta, ma intanto aveva introdotto l’alternanza, lui che è stato vittima di tre ribaltoni, uno di Scalfaro uno di Cossiga e uno di Salvini, ma perché mai, perché mai dovrebbe or associarsi a Totti e Truci? (Scusate la lunghezza del periodo, è l’entusiasmo).

 

Si associa, e vien mangiato. Per la logica della nuova e provvisoria alleanza. Per il carattere sondaggistico-giovanilistico del nuovo mussolinismo esclusivista e trucibaldo. Perché è un sottomettersi a un villano. Perché tasse e sicurezza e conti dello stato non sono materia di dj al Papeete, sono materia grigia per governanti, per le élite, per l’establishment internazionale di cui fa parte ormai a pienissimo titolo. Non sarà certo la sua corrente di ruffiani pronti a arrendersi al Trux a portare un presidente in grisaglia nei popolari. Non saranno quei gran caratteri a garantirgli autonomia e mantenimento di promesse per l’azienda e forse per il Quirinale. Sarà lui invece a sentirsi costretto e emarginato in un piccolo lepenismo all’italiana, grosso guaio. Invece di mediare con Putin, cosa sempre possibile sopra tutto per lui che ne è stato anfitrione felice e ospite scapestrato, si ritroverà con una masnada che da Putin prende ordini, e non da lui, dai suoi sottoposti, i Savoinov e compagnia. Se metta le sue truppe a disposizione di un Conte bisconte, pagando il minimissimo scotto di convivere con quegli arruffapopolo grotteschi che il Truce ha bullizzato, e che ora governerebbero come morticini chiappe al caldo, scendendo ovviamente a patti con i padroni della maggioranza di unità antitrucidana, se si convincesse a una coalizione Aspesi Renzi Zingaretti Minniti più i Giggini, sotto la supervisione di un devoto di Padre Pio, san padre Pio, farebbe l’affarone della sua vita nella sua bella e venerabile età. Forza Cav., non voglio che si trasformi in un Caz., detto sempre con amorevolezza e stima, insomma in un tenero Cazzone nelle mani di un vendicativo trucibaldo quarantenne che lo ha tradito e lo tradirà ancora.

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.