Foto di Camera dei deputati (Flickr)

Cacciar via i barbari, con il sacrificio del Pd

Valerio Valentini

Scomporre per ricomporre. Angelo Panebianco spiega perché c’è da augurarsi che il Partito democratico si spacchi in due e lo stesso accada a Forza Italia. L’idea di una nuova forza centrista alternativa ai grilloleghisti. Intervista

L’idea non l’ha cambiata neppure lui, anzi. “Scacciarli, si deve. Non vedo altra via. Un anno dopo ne sono ancora più convinto”, dice categorico Angelo Panebianco, al quale già nell’agosto del 2018 l’ipotesi di “romanizzare i barbari” proposta da Giovanni Orsina non era affatto piaciuta. E se lo storico romano Orsina continua a sperare nell’incivilirsi progressivo dei forestieri arrivati nell’Urbe, il bolognese Panebianco, saggista e politologo, ribadisce che coi barbari non si può e non si deve scendere a patti. “Anche perché, a differenza di chi dice che in fondo Lega e M5s non hanno provocato catastrofi, a me pare che di danni ne abbiano fatti, e anche tanti”, prosegue l’editorialista del Corriere della Sera e professore di Scienze politiche all’Alma Mater. “L’isolamento a cui hanno condannato il nostro paese nei consessi internazionali, e in particolare ai tavoli europei che dicevano di voler ribaltare, è negativissimo. E inoltre nulla di ciò che ha fatto questa scombiccherata coalizione di governo ha generato crescita. La politica economica di questo governo è semplicemente scellerata”.

 

E dunque il convincimento rimane: “Non mi ci vedevo un anno fa, nei panni di chi debba sgrossare Odoacre, e ancora meno mi ci vedo ora. Bisogna cacciarli, questi barbari, non sperare di educarli, benché al momento, lo so, ipotizzare alternative concrete a questo governo è assai arduo”.

 

E dunque tocca rassegnarsi alla speranza che si logorino da soli, i grilloleghisti? “No, direi che, rispetto a un anno fa qualcosa in più della speranza la abbiamo”. E qui il tono di Panebianco si fa più spedito, come di chi intraveda, seppure in lontananza, una strada da seguire. “Abbiamo innanzitutto una certezza, a mio avviso: e cioè che non può essere con manovre di palazzo che si risolvono le contraddizioni sociali che hanno prodotto l’ascesa dei peronisti a cinque stelle e dei putiniani sul Carroccio. A tal proposito, sono rimasto davvero rapito dall’intervista rilasciata al Corriere da Dario Franceschini, quella in cui auspica un’intesa col M5s”.

 

Rapito, addirittura? “Sì, ma in senso positivo. Perché mi ha confermato nella mia convinzione, e cioè che ormai bisogna auspicarsi che arrivi il prima possibile il momento in cui il Pd si spacchi in due come una mela. E lo stesso spero che avvenga in Forza Italia. Così, le ali radicali dei due partiti saranno finalmente libere di avvicinarsi ai rispettivi alleati potenziali: i forzisti si affideranno all’abbraccio di Matteo Salvini e i democratici si batteranno per la difesa dei valori condivisi col M5s di Luigi Di Maio o di chiunque dovesse sostituirlo”. E a quel punto? “A quel punto si creerà lo spazio per un rassemblement centrista, dove potranno confluire quelli che, sia nel Pd sia in FI, coi grilloleghisti non vogliono avere nulla a che fare”.  


“Chiunque punti a sconfiggere questa alleanza gialloverde deve evitare di reiterare gli errori di lettura fin qui commessi, dal provincialismo, cioè l’idea che il trionfo di queste forze estremiste sia una faccenda tutta italiana, all’elitismo, che ignora o svilisce il fortissimo consenso popolare di Lega e M5s”


 

Scomporre per ricomporre, dunque? “Non vedo altre soluzioni”, sospira Panebianco. “D’altronde, sia Forza Italia sia il Pd sono partiti nati nell’epoca del maggioritario, tarati sulle esigenze che quella logica richiedeva; e pertanto, non possono che soccombere, in una fase in cui il proporzionale induce inevitabilmente ad accentuare, e non ad attenuare, le divergenze interne alle varie aree”.

 

Inutile, insomma, sperare nell’unità del Pd? “Lo dimostrano anche le reazioni che, nello stesso partito, ci sono state da parte dei renziani all’intervista di Franceschini. Penso alla pur apprezzabile lettera inviata al vostro giornale da Roberto Giachetti. Tutto giusto, quel che dice Giachetti nella sua replica, se non per il fatto che, a ben vedere, dei valori comuni tra una parte del Pd e il M5s ci sono davvero, e sarebbe da sciocchi non riconoscerlo”. Quali, nello specifico? “L’assistenzialismo e il giustizialismo, ad esempio: sono delle pulsioni che una certa sinistra ha coltivato per almeno vent’anni, prima che i grillini gliele scippassero. Mi ha colpito, ad esempio, che per tutta la sua intervista Franceschini non abbia mai citato la crescita economica come obiettivo da perseguire: è significativa, questa omissione, perché è rivelatrice di un approccio molto in voga in ampi settori di quel partito. E insomma, prima si risolvono, queste incompatibilità nel Pd, e meglio è per tutti”.

 

Per poi sperare che sia questa forza centrista che ne nascerà, a scacciare i barbari? “Questo lo si vedrà. Di certo si creerà terreno fertile per l’affermazione di nuovi imprenditori della politica”.

 

Non crede dunque alla riproposizione di figure che già hanno ricoperto incarichi di governo, e che proprio a quell’area centrista sembrano guardare con ambizione? Matteo Renzi, Carlo Calenda… “Inutile fare nomi, mi pare. Di certo non sono in grado di lanciarmi in simili previsioni. Ma comunque, chiunque punti a sconfiggere questa alleanza gialloverde, però, deve evitare di reiterare gli errori di lettura fin qui commessi”.

 

Quali? “Ne elencherei almeno quattro. Innanzitutto, il provincialismo: l’idea, cioè, che il trionfo di queste forze estremiste sia una faccenda tutta italiana. Al contrario, questa stagione politica è stata inaugurata dal successo di Donald Trump, nel 2016, arrivato non a caso pochi mesi dopo il successo del Leave nel Regno Unito. Ebbene, se Trump verrà riconfermato alla Casa Bianca l’anno prossimo, o se anche venisse sostituito non da uno statista credibile come Joe Biden, ma da uno di questi estremisti democratici che tanto vanno di moda, da Washington arriverebbe di fatto una rinnovata legittimazione di Salvini e Di Maio. Tanto più che, nel frattempo, anche la questione della Brexit sta seguendo derive ancor più grottesche, e l’arrivo di Boris Johnson a Downing Street sembra preludere a ulteriori scompigli. Insomma, se questa tendenza non si arresta, si va verso un irreversibile declino della Nato, che trasformerebbe l’Europa in un terreno di conquista di altre potenze straniere, e in questo scenario l’Italia finirebbe col ricoprire un ruolo di assoluta marginalità”.

 

In secondo luogo? “L’elitismo: questo è l’altro grave vizio degli antipopulisti. In tanti continuano a parlare della presa di potere da parte di Lega e M5s senza tenere a mente che dietro queste forze c’è un consenso popolare fortissimo, che troppo spesso viene ignorato o, addirittura, svilito. Ed è invece figlio, a mio avviso, innanzitutto di un sistema educativo che nel complesso è pessimo. Le nostre scuole sono in situazioni pessime da molto tempo, ma certe tendenze lassiste si vanno sempre più esasperando. Lodi regalate, serietà e rigore ormai banditi, uno sbraco generale, qualsiasi pretesa di serietà e di intransigenza mortificata se non addirittura condannata: tutte cose che, col tempo, producono un rilassamento morale dell’elettorato e il conseguente impoverimento del dibattito pubblico. E non c’è da sorprendersi se poi il confronto politico si riduce a una guerra di insulti e sguaiataggini sui social network. Per questo m’infastidisce la leggerezza di chi s’illude di risolvere tutto con una manovra parlamentare, trovando nel Palazzo gli espedienti per arginare le derive della piazza, senza mai spendersi per intervenire su processi più profondi e più complessi, che producono risultati solo sul medio e lungo periodo e che proprio per questo, ahimè, portano pochi voti. Ma si tratta di una battaglia non più procrastinabile, se vogliamo evitare che tutto crolli”.

 

Il terzo errore di chi critica i gialloverdi, professore, qual è? “Il ricorso costante alla ‘teoria del diavolo’, quella che già è stata così di moda ai tempi dell’antiberlusconismo. Sui giornali e sui telegionrali Salvini viene sempre descritto come il mostro, il nemico da abbattere, il bersaglio costante delle invettive. Ma così il ministro dell’Interno prospera proprio grazie ai suoi nemici, che peraltro insistono a criticarlo con toni drammatici sull’unico argomento su cui lui ottiene consenso, e continuerà a ottenerlo, e cioè l’immigrazione e la sicurezza. Segnalo, del resto, che a contestarlo sono in primo luogo quegli esponenti del cattocomunismo che già s’erano scagliati contro Marco Minniti, che pure aveva messo in campo delle misure intelligenti e doverose, quando era al Viminale. Il problema, mi pare, è che costoro contestano queste politiche sull’immigrazione semplicemente perché sono contrari a qualsiasi politica dell’immigrazione, e non mi sembra una buona strategia. Dopodiché, ripeto: se anziché contestare Salvini sui disastri economici e diplomatici, sull’inconsistenza della sua politica internazionale e della sedicente classe dirigente che lo accompagna, continuiamo a dargli del mostro, del fascista, sulla questione dei migranti, gli facciamo un enorme favore. Al posto di Salvini, il prossimo 25 dicembre manderei dei cesti di Natale a tutti i suoi avversari”. 

 


Sbagliato il ricorso costante alla teoria del diavolo: “Continuiamo a dare a Salvini del mostro, del fascista, sulla questione dei migranti: gli facciamo un enorme favore”. Sbagliato concentrarsi solo sulla Lega: “Il grillismo è l’espressione di istinti e sentimenti ben più radicati nella mentalità degli italiani”


E infine? “E infine – risponde Panebianco, con una voce che, sul finire, si fa quasi stentorea – direi che è sbagliato concentrarsi solo sulla Lega, quando si analizzano i danni di questo nostro populismo gialloverde. Salvini è una meteora, che sparirà con la stessa rapidità con cui è arrivato al culmine del consenso. Quello che invece permarrà è il M5s, magari sotto altra denominazione. Permarrà cioè il grillismo come cultura politica di fondo, perché il grillismo è l’espressione di istinti e sentimenti ben più radicati, nella mentalità degli italiani. Il giustizialismo, il qualunquismo, il pressapochismo, l’antiscentismo, l’abitudine a prendersela con la casta e a sperare, nello stesso tempo, che dall’alto piovano soluzioni. Ecco, non vorrei che nell’ansia di combattere la Lega, si trascurino queste pulsioni, o magari le si legittimi”.