Così il patto Lega M5s ha cambiato la legge che proibiva ai partiti di ricevere donazioni straniere

Enrico Cicchetti

Con un curioso comma nel decreto crescita, i gialloverdi hanno introdotto una serie di deroghe per le fondazioni. Una cronistoria

A due giorni dalla pubblicazione da parte di BuzzFeed dell'audio con il presunto tentativo di Gianluca Savoini, un collaboratore del vicepremier Matteo Salvini, di ottenere dalla Russia fondi illegali per la campagna anti europeista della Lega, è emersa una interessante novità: negli scorsi mesi, la Lega ha prima tentato di modificare e poi davvero modificato la legge che proibisce ai partiti di ricevere donazioni straniere. Per fare chiarezza occorre ricostruire una sorta di “linea del tempo” che metta in fila gli intricati eventi di quello che ha iniziato ad essere definito il “caso Metropol”. Seguiteci.

18 ottobre - L'incontro all'hotel Metropol

Il 18 ottobre 2018, avviene l'incontro all'hotel Metropol di Mosca (che Gianluca Savoini non smentisce, anzi l'ha di fatto confermato al Foglio) fra i sei uomini: tre russi e tre italiani. Di questo incontro BuzzFeed ha ottenuto la registrazione e ne ha pubblicata una parte, sbobinando poi l'intero colloquio (che si può leggere, in inglese, qui). 

  

     

La trattativa moscovita era stata raccontata per la prima volta a febbraio da Stefano Vergine e Giovanni Tizian sull'Espresso. All'epoca, il portavoce di Salvini aveva rifiutato di rispondere alle domande sulla riunione, liquidandola come“fantasia”, mentre Savoini aveva detto al giornale vicino al Cremlino Sputnik di non aver partecipato a nessuna trattativa. Ora Savoini, presidente dell'associazione LombardiaRussia, è indagato in un'inchiesta della procura di Milano con l'ipotesi di corruzione internazionale.

5 novembre 2018 - Il primo tentativo di modificare la legge

Proprio introno ai giorni dell'incontro al Metropol, in Commissione Affari costituzionali della Camera la maggioranza gialloverde si scontra sulla cosiddetta legge “Spazzacorrotti”, o legge Bonafede ovvero il disegno di legge 1189 intitolato “Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici”.

 

Cosa succede?

 

Il comma 2 dell'articolo 7 della legge (qui a pagina 82 e 83) prevede:

“Ai partiti e ai movimenti politici è fatto divieto di ricevere contributi provenienti da governi o enti pubblici di Stati esteri, da persone giuridiche aventi sede in uno Stato estero e da persone fisiche maggiorenni non iscritte nelle liste elettorali o private del diritto di voto”.

     

  

Su questo comma il Carroccio fa ostruzione e il 5 novembre 2018 presenta un emendamento firmato da nove deputati. Vediamolo.

L'emendamento leghista

Nove deputati leghisti in commissione (Iezzi, Bordonali, De Angelis, Giglio Vigna, Invernizzi, Maturi, Stefani, Tonelli, Vinci) depositano un emendamento alla legge Bonafede che recita: “Sopprimere il comma 2”.

(Qui a pagina 39 e 40)

 

 

16 novembre 2018 - Salta l'emendamento leghista

Ma i grillini non ci stanno. Tutti gli emendamenti all'articolo 7 di Lega e M5s vengono ritirati nella seduta di commissione del 16 novembre 2018. L'articolo 7 è l'ultimo ad essere esaminato perché c'erano disaccordi tra i deputati di maggioranza in commissione. Alla fine si decide di rinviare tutto all'Aula. Il 22 novembre 2018 il ddl viene trasmesso al Senato. A inizio gennaio 2019 viene pubblicato nella Gazzetta ufficiale e diventa legge. (L'iter completo è qui).

  

Igor Iezzi, fedelissimo milanese di Salvini e capogruppo in commissione che ha scritto e cofirmato quell’emendamento, risponde a Repubblica: “Abbiamo presentato un intero blocco di emendamenti soppressivi della seconda parte della legge, che non ci convinceva per nulla. Quella norma secondo noi andava cancellata perché vietava per esempio a un’associazione di veneti emigrati, che è persona giuridica con sede all’estero, di inviarci un contributo qualsiasi”.

30 aprile - Il patto Lega-M5s

Come ha scritto Claudio Cerasa sul Foglio di oggi, “il rapporto tra gli azionisti del nostro governo e la questione dei finanziamenti stranieri è un tema che diventa ancora più interessante se si prende in considerazione una storia molto significativa che riguarda una particolare legge voluta da questo governo. Il 30 aprile la maggioranza gialloverde ha convertito in legge il decreto crescita e nell’indifferenza generale la Lega e il M5s hanno approvato anche un curioso comma all’articolo numero 43 che introduce una serie di deroghe nei confronti delle fondazioni politiche”. 

 

Che cosa succede? Nel decreto crescita, che in teoria dovrebbe essere un provvedimento economico, all’articolo 43 (lettera d) compare una deroga al divieto di finanziamento estero che non si applica alle fondazioni, associazioni e comitati”.

 
Qui c'è il sunto della modifica di aprile (a pagina 422 l'articolo 43).

  

 

 

E qui il testo della nuova legge modificata.

  

 

   

Grazie a questo comma, le fondazioni sono esonerate da una serie di scadenze e di adempimenti a cui sono invece soggetti i partiti. E grazie a questo comma il governo sceglie di non applicare alle fondazioni il regime sanzionatorio previsto per i partiti “qualora le elargizioni siano disposte da persone fisiche maggiorenni straniere”. Ed esenta queste fondazioni ad applicare il comma 12 della legge Bonafede (il testo è qui), che vieta di “ricevere contributi, prestazioni o altre forme di sostegno da governi o enti pubblici di Stati esteri e da persone giuridiche aventi sede in uno Stato estero”.

  

   

In altre parole, Lega e M5s, ad aprile, hanno scelto di approvare una disposizione che consente alle fondazioni politiche (ma non ai partiti) di non applicare il divieto di ricevere soldi da uno stato estero. Insomma, la legge Bonafede modificata grazie a un patto tra Lega e M5s permette alle fondazioni ciò che ai partiti è stato vietato.

Le fondazioni

Come riporta Repubblica, la deputata Cinque stelle Anna Macina è riuscita “a limitare la portata della deroga grazie a un emendamento (43.9) con cui si vieta almeno alle fondazioni di devolvere poi gli eventuali finanziamenti esteri ai partiti. Argine effimero, fanno notare i tecnici in materia, dato che è già difficile collegare una fondazione a un partito di riferimento. Figurarsi monitorare tutti i suoi canali di finanziamento”.

   

La galassia di think tank, fondazioni e associazioni politiche è stata mappata recentemente da Openpolis (in collaborazione con Agi) che dal 2015 ne monitora gli sviluppi. Nell’ultimo aggiornamento del rapporto “Cogito ergo sum”, l'osservatorio che si occupa di accesso ai dati pubblici ne ha censite 121 legate a tutti i partiti politici e interconnesse tra loro. Il 17 per cento di queste sarebbe vicina al governo Conte, il 18 alla Lega, il 20 al Movimento 5 stelle, il 21 al Partito democratico e il 23 al centrodestra. Negli ultimi anni queste realtà hanno fortemente influenzato la politica italiana e sfornato decine di ministri e sottosegretari. In sé non sono niente di pericoloso: come spiega anche Openpolis, “possono diventare anche il terreno 'neutrale' in cui instaurare relazioni con rappresentanti del mondo accademico, politico e giornalistico”. Ma “gli obblighi di legge per queste strutture sono molto inferiori rispetto a quelle dei partiti” e qui c'è il problema principale delle fondazioni: la trasparenza.

    

In Italia il vuoto normativo che riguarda think tank, fondazioni e associazioni politiche è enorme”, continua l'osservatorio. “Nella scorsa legislatura sono state presentate numerose proposte di legge che cercavano in qualche modo di normare la materia, ma nessuna è andata a buon fine”. Anche il presidente dell’autorità nazionale anti corruzione Raffaele Cantone, ha rilanciato la necessità di intervenire al livello legislativo per disciplinare la materia. “Man mano che ci si avvicina alle informazioni più importanti, aumenta la probabilità che le strutture decidano di non pubblicarle”, avverte Openpolis: “Solo 19 i bilanci rintracciati (il 18,81 per cento). L’elenco degli associati è disponibile solo per il 6,93 per cento del totale (7 su 101), mentre per l'elenco dei finanziatori/donatori privati la percentuale scende al 2,97 per cento (3 su 101)”. 

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