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Il grido d'allarme contro il “pericolo neofascista” non unisce la sinistra-sinistra

Marianna Rizzini

Castellina contro la linea Zingaretti. Fassina contro “l’europeismo liberista”. Rossella Muroni invece per una “risposta corale”

Roma. Il neofascismo, l’antifascismo, il balcone di Matteo Salvini e il Salone del Libro travolto dal caso della casa editrice vicina a CasaPound. E il sovranismo, il populismo e le strategie per sconfiggerli. Si vota per le Europee tra meno di un mese e il tema della “minaccia alla democrazia” irrompe (ancora una volta) nella campagna elettorale. Ma la soluzione, nella sinistra-sinistra (lista “la Sinistra” – che va da Rifondazione a l’Altra Europa per Tsipras a Sinistra Italiana), non passa per un “tutti insieme contro il pericolo neofascista”. Non per Luciana Castellina, candidata in Grecia con Syriza, contraria a ogni soluzione alla Calenda (dal nome dell’ex ministro che ha proposto la creazione di un fronte repubblicano antisovranista). “In Italia”, dice al Foglio Castellina, “una grande parte di quello che era il corpo della sinistra è finito nelle mani di Salvini per rancore, per la rabbia scatenata da provvedimenti che non possono certo essere definiti di sinistra. Era di sinistra forse il Jobs Act? E il governo Renzi? Molti non hanno potuto fare altro che rifugiarsi nella protesta e nella paura. Come si fa a pensare di salvarsi rincorrendo chi ha contribuito a farci arrivare qui?”. Il Pd, per Castellina, dovrebbe “comportarsi come i socialdemocratici tedeschi – socialdemocrazia seria. Nel momento della sconfitta più grave si sono riuniti e si sono chiesti ‘perché abbiamo perso?’, rispondendosi: perché Gerhard Schröder, nei primi anni Duemila, ha fatto riforme che hanno distrutto il welfare tedesco. E da quel momento hanno avuto il coraggio di tornare indietro. Invece nel Pd non si è vista neanche l’ombra della vera autocritica”. Castellina non approva i primi passi del neo segretario Nicola Zingaretti: “Riguardo al passato, ha parlato di boria di alcuni esponenti del partito. Ma il vero errore, ripeto, sta nelle scelte politiche fatte e non rinnegate. Il fronte repubblicano di Calenda? Si produrrebbe solo un aumento della rabbia. Bisogna avere il coraggio di dire che il problema è più complesso e più drammatico”.

 

Anche il Pd, però, combatte Salvini: “Mi rifiuto di considerare il Pd un’àncora di salvezza”, dice Castellina, “i provvedimenti di Minniti sull’immigrazione non mi paiono così lontani dalla linea Salvini. E poi non mi pare abbia molta credibilità un partito il cui neo segretario un giorno esalta Greta Thunberg e il giorno dopo va a Torino a difendere la Tav”.

 

Anche Stefano Fassina, deputato di LeU, esponente di Si ed ex viceministro dell’Economia nel governo Letta, scarta l’ipotesi “grande alleanza”: “Nonostante l’evidente regressione della nostra democrazia”, dice, “non siamo al fascismo. La Lega e il M5s non vanno ammucchiati in un unicum nazionalista xenofobo populista: hanno programmi diversi, largamente incompatibili. Sarebbe un regalo alle forze di governo un fronte repubblicano che di fatto sarebbe il fronte dell’europeismo liberista, quindi contro il lavoro – il fronte di alimentazione delle ingiustizie sociali e delle disuguaglianze. Va sottolineato che, oltre alla evidente e drammatica dittatura fascista, quando il Pci promosse con il Cln uno schieramento che arrivava fino ai monarchici, aveva una sua inconfondibile identità e programma di classe. Oggi la sinistra cosiddetta radicale, come noto, non rappresenta più quelle fasce di popolo e non ha un impianto culturale distintivo rispetto al Pd - Siamo Europei +Europa. Quindi è sostanzialmente irrilevante ai fini del risultato elettorale complessivo la loro convergenza o divisione”. Per Fassina, la soluzione è un’altra: “La sinistra deve ridare centralità alla questione sociale con una conseguente alternativa all’europeismo liberista. Ma siamo molto lontani dall’obiettivo”.

 

Sempre da LeU, la deputata Rossella Muroni pensa invece che “la risposta debba essere unitaria e corale: non lo dico io ma la storia del nostro paese e l’esempio delle madri e dei padri costituenti. L’antifascismo è patrimonio trasversale e identità nazionale. Altro è dire che l’attacco alle ong e alle politiche dell’accoglienza nonché gli accordi con la Libia sono iniziati con le politiche dello scorso governo – che ha sbagliato, ma che non era di certo in odore di fascismo. Il governo di Salvini invece puzza decisamente”.

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.