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La legittima difesa dai fake di Salvini

La Lega spaccia per rivoluzionaria una non-riforma, e prospera nell’equivoco

Il copione, ormai, è ben collaudato. Presentare un provvedimento come qualcosa di clamoroso quando invece non lo è, fare sì che s’inneschi un dibattito drogato dalle false aspettative e dai conseguenti ingiustificati timori, e poi camuffare il tutto – anzi, il quasi-nulla – con iniziative mediatiche scomposte e dunque di sicuro effetto. Dopo la finta flat tax, dopo il farlocco superamento della legge Fornero, ora tocca anche alla legittima difesa. “La difesa è sempre legittima”, urlano da anni Matteo Salvini e il suo fedelissimo Nicola Molteni, lasciando presagire chissà quali modifiche, e scatenando le proteste di chi già paventa duelli in strada in stile Far West. In verità, il provvedimento in discussione alla Camera è ben poca cosa, come il riordino dell’istituto giuridico. Il disegno di legge rafforza la presunzione di legittimità della difesa domestica, ma riafferma la responsabilità del giudice nel valutare, in modo discrezionale e a seconda dei casi, il rapporto di proporzionalità tra difesa e offesa. Il provvedimento considera “sempre sussistente” questo rapporto, ma solo se il “reo non ha desistito dall’azione illecita” e se al momento della reazione “sussisteva il pericolo di aggressione”. Introduce la non punibilità per il “grave turbamento” di chi, trovandosi in stato di minorata difesa, reagisce a un’aggressione in casa, ma non impedisce affatto a un pm di iscrivere nel registro degli indagati chi, appunto, reagisce. Sarà bene vigilare sull’applicazione di queste norme, ma è inutile gridare allo scandalo. Salvini, proprio sapendo che serviva un colpo di teatro per esibire la presunta straordinarietà della riforma, ha pensato bene di andare a fare visita, nel carcere di Piacenza, ad Angelo Peveri, l’imprenditore condannato per tentato omicidio perché, secondo la procura, nell’ottobre del 2011 sparò a un ladro dopo averlo immobilizzato e fatto inginocchiare nel suo cantiere, quando questi era già fuggito e poi tornato a recuperare l’auto. Ebbene, anche con la nuova legge, Peveri, osannato da Salvini come emblema delle storture attuali in tema di legittima difesa, finirebbe in carcere. Un equivoco meschino, alimentato volutamente dal vicepremier e inconsapevolmente da chi lo critica. Ed è in questa ambiguità, in questa caotica inconcludenza, che Salvini prospera.

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