Guido Crosetto (foto Imagoeconomica)

Crosetto ci spiega perché la politica è fatica e va pagata bene

David Allegranti

Il parlamentare di Fratelli d'Italia: “Abbiamo avvalorato l’idea che per fare politica bisogna essere nuovi. Ma chi è nuovo, come in ogni altro lavoro, fa cazzate”

Roma. Il suo intervento alla Camera, durante l’approvazione della legge di Bilancio, è stato applaudito, retwittato, instagrammato. Ma Guido Crosetto, parlamentare di Fratelli d’Italia, serio ma non serioso, non si sente per questo un “compagno”, come l’ha definito Repubblica.

 

  

“Discorsi come quello alla Camera li avevate già sentiti; quando ho fustigato Berlusconi, quando mi sono scontrato con Tremonti o con Scajola, quando ho votato contro il fiscal compact. I percorsi sono vari ma uno cerca di mantenere intatta la sua coerenza”. A proposito di coerenza: cosa c’è rimasto di centrodestra in questo governo? “Nel governo c’è il pezzo più grande della nostra coalizione, che è la Lega, ma in realtà del nostro programma è rimasta solo qualche traccia. Vede, un programma è fatto da tanti piccoli tasselli che alla fine hanno una loro logica. Come un puzzle. Non posso mettere insieme due puzzle diversi, perché alla fine quello che ne esce è un quadro che non ha senso”.

 

Ma a Matteo Salvini serve ancora questo governo? “Intanto lo ha usato per raddoppiare i voti, quindi gli è convenuto. Salvini ha una capacità di monetizzazione superiore a tutto il M5s messo insieme, compresa la Casaleggio. E’ diventato lui il leader del governo e ha aumentato i voti declinando il tema dell’immigrazione in maniera molto forte. Così ha aumentato anche i voti. Per lui sembra essere, finora, una partita win-win”. Vince però Salvini, non il centrodestra e forse nemmeno la Lega ammette Crosetto: “Questo governo nasce dallo smembramento del centrodestra. Per noi, come noto, la posizione era un’altra: al presidente Mattarella avevamo chiesto di dare l’incarico direttamente a Salvini. Poi fu proprio Fdi a sdoganare le trattative con i 5 stelle. Su questo, peraltro, Giorgia Meloni fu rassicurata, senza chiederlo, da Salvini, che le disse: tranquilli, io parlerò a nome di noi e voi. Sparito, mai più sentito né visto. Se non in tv per il giuramento. Ma la politica è anche questo”.

 

In politica insomma si cambia idea, anche repentinamente, ma, assicura Crosetto, alcune cose restano intatte. “Noi, per esempio, non siamo mai stati e mai saremo disponibili a fare la stampella di questo governo, tanto più con questo programma. FdI non ha pregiudizi e vota di volta in volta le cose con le quali è d’accordo. Sulla Finanziaria abbiamo votato contro e io sono intervenuto per chiedere quale fosse l’anima della Finanziaria”. L’anima, semplicemente, non c’era e non c’è, perché la legge di bilancio è frutto di “strattonamenti continui, dalle grandi opere alla Tap, dalla Tav all’Ilva all’autonomia del nord. C’è una contraddizione interna, per adesso sopita, perché non conviene a nessuno prendere atto delle difficoltà nel tenere insieme l’impossibile. Tutto purtroppo è rimandato a dopo le elezioni europee. Questo non significa che l’esecutivo morirà a maggio o a giugno, se non si costruisce un’alternativa seria. Peccato che solo Giorgia stia lavorando per costruire un centrodestra pronto a ereditare il governo”.

 

Ma, viene da chiedere a bruciapelo a Crosetto, che ci fa in Fratelli d’Italia? Crosetto sorride e poi risponde: “Cadete tutti in un equivoco. Molti di voi considerano Fratelli d’Italia un partito ideologico, sarà la presenza della fiamma nel simbolo. In questo modo sottovalutate Giorgia Meloni ma anche me. Noi non pensiamo che sia possibile essere ideologici in un’epoca post-ideologica; siamo un partito di valori e in questo siamo molto diversi dalla Lega. Pur essendo post-ideologici da noi i valori contano moltissimo e non sono modificabili a seconda del sentimento sui social. Vede, noi siamo noiosi e seri. Certo in privato non ci manca lo humour, e neanche su Twitter. Ma siamo seri quando ci occupiamo dello stato o della nostra nazione”.

 

Ma perché in Italia non riesce a svilupparsi un grande partito conservatore come in altri paesi? “Anche qui, nel totale disinteresse del mondo, abbiamo compiuto un passo rilevantissimo, non tanto per me quanto per Giorgia. Quando siamo nati abbiamo messo insieme due mondi diversi della destra. Il passaggio all’Ecr, il gruppo dei Conservatori e riformisti europei, non è stato banale per Giorgia e per la comunità che ha accompagnato la nascita di Fdi. E’ stato un passaggio rilevante e l’abbiamo fatto senza paura anche se all’interno si sono ritrovati i polacchi che già furono alleati anche di An. A marzo faremo una convention con tutti i conservatori europei a Roma, da noi. Certo, è un percorso che ha i suoi tempi, perché la costruzione di un pensiero serio, mettendo insieme mondi diversi, non lo fai con un tweet”.

 

La politica ha bisogno di più di 140 caratteri: “La politica è fatica. Il problema è che nessuno legge e tutti parlano di cose che non conoscono. Stamattina, prima di cominciare le mie riunioni delle otto, sono andato all’ufficio legislativo per chiedere il decreto banche. Non c’era. Quindi commentiamo cose che stanno sui giornali ma che magari gli stessi giornalisti non hanno letto. Io sono fatto all’antica, voglio leggere cosa c’è scritto nella Finanziaria, nella legge per il reddito di cittadinanza, perché voglio dare al mio avversario il beneficio del rispetto. Ma è sempre più difficile, perché gli atti non ci sono e così si fa politica sul sentito dire. Nessuno legge niente, l’articolista non ha letto e scrive di una cosa che non esiste; chi legge l’articolo parla di una cosa che non esiste, ognuno cerca l’articolo che risponda meglio alla sua tifoseria e via così. E’ un modo superficiale di fare le cose che premia la politica superficiale. Questo è un paese che non ama chi pensa e approfondisce, ma chi si presenta bene, secondo il sentiment del momento. Eppure io quando cerco un medico non mi interessa se sia figo o no, o se mi stia simpatico”.

 

C’è dunque un problema di competenze? “Sì e non da ora, solo che ora abbiamo raggiunto l’apice. C’è un problema di classe dirigente ed è difficile che sia diverso da così: abbiamo avvalorato l’idea che per fare politica bisogna anzitutto essere nuovi. Invece è come in qualunque altro mestiere: chi è nuovo e inesperto fa cazzate. Serve l’esperienza ma serve anche l’intelligenza. Certe volte non basta solo l’esperienza. E questo vale per tutti, dall’idraulico al chirurgo”. Prendiamo gli Stati Uniti, dice Crosetto, dove hanno appena eletto Nancy Pelosi speaker della Camera. “Figlia di un politico, fa politica da quando ha due anni e adesso ne ha 79. Nessuno si degna di criticare questa scelta, neanche Trump. In Italia invece c’è l’idea che magari la prossima volta dobbiamo far eleggere un presidente del Consiglio di 22 anni che non ha fatto niente nella sua vita. In questo modo peraltro posso pagarlo poco, perché sul mercato vale poco. Ed è curioso, perché gli immigrati non devono entrare perché fanno concorrenza sleale, ma la politica la possono far tutti così possono essere pagati poco. Ma che vuoi che sia, no? Gli sto solo affidando il mio futuro e quello dei miei figli”.

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.