Antonio Tajani (foto LaPresse)

“La sicurezza non si crea con la politica degli spot. Ma anche i sindaci hanno torto”. Parla Tajani

Luca Gambardella

Il presidente del Parlamento europeo: “Il governo gialloverde parla molto di sicurezza, ma i fatti sono ben pochi”

Roma. La sicurezza non può avere colore politico, “è un concetto complesso e come tale va trattato”. Anche per questo non si deve cedere a “facili equazioni demagogiche, del tipo più immigrazione uguale a più criminalità”. Ed è fuorviante tirare in ballo modelli da seguire che in realtà sono troppo distanti da quello italiano nella gestione dei migranti e dell’ordine pubblico. “La soluzione non è la mano dura di Viktor Orbán, ma nemmeno la politica più moderata di Angela Merkel”, perché “loro hanno problemi e interessi diversi dai nostri, inutile fare paragoni”, dice al Foglio il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani

Piuttosto, bisogna denunciare “la politica degli slogan del governo” tanto cara soprattutto al capo del Viminale, Matteo Salvini. La ricetta di Tajani, invece, è scandita in una parola sola: “Equilibrio”, dice. “Ma anche rispetto delle leggi”. Due princìpi che invece, nella storpiatura demagogica di oggi, sono diventati termini insultanti, rimasti sommersi dalla politica dei tweet di una campagna elettorale infinita.

 

Così, a proposito della querelle sul decreto sicurezza che vede schierati su due fronti opposti Salvini e un piccolo drappello di sindaci italiani, il presidente dell’Europarlamento è critico con entrambi. “Perché da una parte non posso sospendere l’applicazione di una legge solo perché non mi piace; ma dall’altra non si risponde a una chiara esigenza dei cittadini, quella di più sicurezza, solo con un cambio di giacca, facendosi fotografare un giorno con quella della polizia e il successivo con quella della Protezione civile”. Sono l’approssimazione e la politica dello spot le vere minacce da cui guardarsi, dice Tajani. “La sicurezza si garantisce con un approccio sistemico, a 360 gradi, intervenendo su più tavoli, dalla Giustizia all’Economia. Per esempio ritengo che il reddito di cittadinanza incoraggi il sommerso e quindi la criminalità. Il decreto di Salvini invece è solo propaganda politica. Ma d’altra parte, se al governo ci sono ministri che litigano tra loro, che appartengono a due partiti con idee diverse, allora non è possibile avere un approccio ampio e garantire la sicurezza”.

 

E i sindaci ribelli capitanati da Leoluca Orlando? “Anche loro sono alla ricerca di voti, proprio come il ministro dell’Interno. Ma la sicurezza dovrebbe restare fuori da questi giochi. Se invece si vuole fare campagna elettorale allora è un altro discorso”. Eppure il sindaco di Palermo sembra ispirarsi alle parole pronunciate dal capo dello stato nel suo messaggio di fine anno (“La vera sicurezza si realizza, con efficacia, preservando e garantendo i valori positivi della convivenza”, aveva detto Sergio Mattarella). “Ma questo non significa che si possano sospendere le leggi. Non strumentalizziamo le parole del presidente”, puntualizza Tajani. “Se il problema è che il decreto Sicurezza crea ancora più irregolari allora va risolto seguendo il corretto iter giudiziario e legislativo, non sospendendo le leggi, perché siamo sempre in un sistema democratico, anche se le norme non ci piacciono”.

 

Per il presidente del Parlamento europeo sono i fatti di cronaca recente a dimostrare come il governo gialloverde non stia dando le risposte che i cittadini cercano. “Prendiamo l’omicidio di Desirée a Roma, o quello del fratello del pentito a Pesaro. O ancora gli scontri fuori dallo stadio a Milano. In nessuno di questi casi c’erano di mezzo degli immigrati. Piuttosto, gli italiani vogliono sapere come sia possibile che il ministro Salvini abbia chiesto un incontro con gli ultras, gli stessi che guidano gruppi di teppisti che organizzano scontri tra tifoserie. Ecco, i fatti di Milano sono la dimostrazione che immigrati o no le leggi si applicano a tutti nello stesso modo, senza distinzioni. Perché ai cittadini interessa solo che chi commette crimini paghi. E a questa richiesta il governo non dà risposte. Si parla molto di sicurezza a parole, ma non si vedono i fatti”.

 

Per Tajani occorre scollegare finalmente il fenomeno dell’immigrazione dalla gestione della sicurezza, due concetti che possono incrociarsi solo incidentalmente, ma che richiedono soluzioni distinte. “A livello europeo e non solo ho sempre detto che i muri non sono la soluzione”. Basta pensare alla pressione demografica, impossibile da arginare con soluzioni tampone come quella dei fili spinati. “Entro il 2050 la popolazione mondiale aumenterà di altri 2 miliardi e mezzo di abitanti. I muri non basteranno. Nemmeno gli antichi Romani riuscirono a bloccare le invasioni barbariche”, ricorda il presidente. E mentre continua la polemica per l’ennesimo caso della Sea Watch, la nave umanitaria che da giorni è bloccata in mare con a bordo 49 migranti senza che nessun governo europeo voglia assicurare loro un porto sicuro, Tajani ripete che il problema non può pesare solo sulle spalle del nostro paese. “L’Italia è rimasta sola ad affrontare i flussi migratori, questo è certo. Al Parlamento europeo abbiamo approvato una proposta di riforma del regolamento di Dublino che ora viene bloccata proprio dai governi europei. Lo dico da tempo: serve una politica europea condivisa, che preveda anche un aumento del fondo per lo sviluppo dell’Africa pari a 50 miliardi di euro. E’ un problema di tutta l’Europa e per risolverlo serve concretezza”.

  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.