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I pensionati salveranno l'Italia

Claudio Cerasa

Ma chi guida il partito degli indignati? Le buone ragioni di 2 milioni e 800 mila pensionati contro la manovra della decrescita ci ricordano perché solo i nonni possono mandare in pensione il governo dello sfascio e salvare così i nipoti d’Italia

E se fossero i pensionati a salvare l’Italia? Tra i risultati più significativi generati dalla manovra del cambiamento ce n’è uno molto particolare che merita di essere illuminato e che riguarda un importante effetto collaterale prodotto dalla legge di Stabilità: la nascita improvvisa, spontanea e progressiva dell’unico partito che insieme a quello della Realtà potrebbe presto mettere i bastoni in mezzo alle ruote al cambiamento sfascista. Il partito di cui parliamo oggi potrebbe essere sintetizzato con tre lettere, PDI, ed è un movimento trasversale che mette insieme le anime più variegate di quello che potremmo definire senza troppi giri di parole il Partito Degli Incazzati.

 

Di questo partito fanno parte naturalmente gli imprenditori, contro i quali sono state previste misure aggiuntive di tassazione sulle imprese pari a 6,1 miliardi. Fanno parte naturalmente gli azionisti del Terzo Settore, contro i quali il governo ha previsto il raddoppio, dal 12 al 24 per cento, dell’aliquota sui redditi derivanti dalle loro attività. Fanno parte naturalmente le famiglie di tutti coloro che hanno subìto l’improvviso blocco alle assunzioni nella pubblica amministrazione, almeno fino al novembre del prossimo anno. Fanno parte naturalmente i costruttori dell’Ance che per protestare contro una manovra che toglie ossigeno alle infrastrutture, meno un miliardo e sessantatré milioni rispetto alla precedente legge di Stabilità, hanno annunciato di essere pronti a scendere in piazza all’inizio del prossimo anno. Fanno parte naturalmente i sindacati dei medici del servizio sanitario nazionale che, un mese dopo lo sciopero indetto contro la legge anticorruzione dai penalisti, hanno convocato per il prossimo 25 gennaio una giornata di sciopero generale per protestare contro la manovra.

 

Ne fanno parte tutti questi, ma innanzitutto quei milioni di italiani che, a partire da domani, scenderanno in piazza in tutta Italia davanti alle prefetture per protestare contro la manovra di Salvini e Di Maio, lato pensioni, ripetendo uno slogan che da qualche tempo risuona sempre più forte nei timpani dei campioni del cambiamento: ci avete traditi. Buona parte dei problemi generati dalla legge di Bilancio è legata alla controriforma della legge Fornero fatta da Lega e M5s grazie alla quale a partire dal prossimo anno, per trentasei mesi, sarà possibile, a fronte di severe decurtazioni, andare in pensione con la famosa quota 100. La quota cento dovrebbe riguardare una platea di circa 300 mila persone ma per dimensioni la platea di chi andrà a usufruire della finestra è nulla rispetto a quella che è stata colpita per realizzare le pazze promesse elettorali dei populisti di governo.

 

Come molti sapranno, tra i tanti giochi di prestigio previsti nella legge di Stabilità, uno riguarda un provvedimento che ha modificato il meccanismo delle indicizzazioni delle pensioni che sarebbe dovuto scattare dal primo gennaio del 2019. Al contrario di quanto previsto dai governi passati, l’incremento annuo dell’1,1 per cento dell’assegno delle pensioni non varrà per tutti, ma soltanto per coloro che hanno trattamenti fino a 1.524 euro lordi, tre volte il minimo previsto dall’Inps. Per tutti gli altri, ovvero per circa 2 milioni e 800 mila pensionati, ci saranno tagli nel prossimo triennio pari a 3 miliardi e 651 milioni, il che significa che in media ogni pensione superiore ai 1.524 euro perderà, come ha calcolato ieri il senatore del Pd Antonio Misiani, circa 1.304 euro tra il 2019 e il 2021.

 

Il giochino di prestigio ha giustamente indignato i sindacati al punto da fare quello che Cgil, Cisl e Uil, a differenza delle associazioni di categoria degli artigiani, degli imprenditori, degli agricoltori, dei commercianti, si erano finora guardate bene dal fare insieme: organizzare nella mattinata di domani una manifestazione contro una manovra “sbagliata, miope, recessiva, che taglia ulteriormente su crescita e sviluppo, lavoro e pensioni, coesione e investimenti produttivi, negando al paese, e in particolare alle sue aree più deboli, una prospettiva di rilancio”.

  

Dal punto di vista politico, i pensionati in piazza contro un governo che ha rischiato di mettere l’Italia in mutande a causa di una manovra che avrebbe dovuto sforare il deficit anche per fare l’occhiolino ai pensionati rappresentano un’immagine che potrebbe segnare un punto di svolta nel rapporto tra il governo e una parte dell’elettorato per nulla ostile a Salvini e Di Maio.

 

Ma la ragione per cui nelle prossime settimane i pensionati andranno osservati con ancora più attenzione e con ancora più amore del solito è legata a una questione che ha più che fare con i simboli che con la politica, e in fondo l’essenza stessa della traiettoria dei populisti. I quasi tre milioni di pensionati truffati da Salvini e Di Maio sperimenteranno sulla propria pelle cosa significhi essere governati dalla fuffa sovranista. Ma il moto di protesta che dovrebbe accomunare al più presto buona parte dei 16 milioni di pensionati italiani dovrebbe essere collegato a qualcosa di più importante di una corretta rivalutazione della propria pensione. Qualcosa che riguarda non la vita dei pensionati ma la vita dei nipoti, che grazie a un governo che non crea lavoro, che non investe sulla ricerca, che non ama l’Europa, che disprezza la globalizzazione, che gioca con il protezionismo, che non scommette sull’innovazione, che non punta sugli investimenti, che non abbassa le tasse, che punisce le imprese, rischiano di vedere andare presto in pensione il proprio futuro.

  

I pensionati possono salvare l’Italia populista e fino a che non si ribelleranno all’Italia sfascista il sovranismo continuerà a fare con il nostro paese quello che Salvini e Di Maio hanno fatto con disinvoltura con 2 milioni e 800 mila pensionati: non solo truffare i propri elettori ma compromettere il futuro dell’Italia, il domani dei vostri figli e l’avvenire dei vostri nipoti. Forse è arrivato davvero il momento di reagire.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.