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I costi (economici e politici) del “ping pong” gialloverde sulla Manovra

<p>Danni alle banche, alla credibilit&agrave; del paese, alla ricchezza finanziaria. Rischi per la crescita e per il mercato del lavoro. E poi le promesse fatte e non mantenute e il contratto di governo di fatto abolito. Claudio Cerasa a Omnibus La7</p>

Claudio Cerasa
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Caludio Cerasa, il direttore del Foglio, ospite di Omnibus su La7, spiega che “il costo per l'Italia del 'ping pong' tra Commissione europea e governo Conte sulla manovra, prima ancora che politico, è economico: in questi due mesi sono stati creati danni forse irreversibili all'economia italiana. Soltanto aver annunciato riforme che era evidente che sarebbe stato poi impossibile mantenere ha creato danni alle banche, danni alla credibilità e affidabilità del paese, alla ricchezza finanziaria, alla capitalizzazione in Borsa, danni all'economia e alla crescita e ai posti di lavoro. Potremmo andare avanti ancora per molto. E poi c'è anche una questione politica”.

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“Il ministro del Lavoro Luigi Di Maio, il 2 ottobre 2018 diceva, testualmente: 'Tornare indietro da quel 2,4 significa dire agli italiani non andate più in pensione, non vi alziamo le pensioni minime, non risarciamo i truffati delle banche e non facciamo più il reddito di cittadinanza'. Di Maio, per una volta onestamente, ammetteva che senza sforare i parametri del deficit e quindi senza trovare delle coperture aggiuntive con il deficit, non possiamo realizzare le nostre proposte. Oggi vediamo un paese che è indebolito economicamente da una folle promessa fatta dal governo sulla manovra. E vediamo l'impossibilità plastica di poter mantenere promesse importanti fatte dai due partiti di governo”.

 

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Eppure, prosegue Cerasa, “chi pagherà di più in termini di credibilità non sarà tanto la Lega ma il M5s. Il Carroccio infatti aveva già rinunciato alla sua battaglia sulla flat tax e sull'abbassamento della pressione fiscale, e si è invece concentrato sull'immigrazione. Forse riuscirà anche a fare una versione minima di Quota 100 – che per altro è la riforma che ha creato più instabilità sui nostri conti e la nostra credibilità – mentre il reddito di cittadinanza, una misura che prevedeva 780 euro a persona e che adesso nel migliore dei casi ne prevederà circa 500 a nucleo famigliare – poco più rispetto all'attuale reddito di inclusione – è una riforma che funziona elettoralmente solo se verrà applicata dopo le elezioni europee: cioè se in campagna elettorale il M5s dirà che la misura entrerà in vigore dopo le europee. Come giustamente diceva Paolo Mieli, il contratto di governo è stato abolito da questa manovra. L'esecutivo gialloverde si è comprato del tempo ma non potrà andare avanti più di tanto e da qui alle europee ci sono moltissime possibilità che possa cadere”.

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