L'insofferenza di Grillo verso il M5s

Fausto Vitaliano

L’ex ghostwriter del comico ci racconta cosa pensa il guru dei grillini di un movimento che ha perso le 5 stelle e che ha scelto di “restaurare la casta”. Intervista a Marco Morosini

Marco Morosini è nato a Milano, ha studiato in Italia e Germania e insegna politica ambientale presso il Politecnico di Zurigo. E’ autore di reportage, documentari, spettacoli teatrali e televisivi. Con Wolfgang Sachs ha pubblicato il libro “Futuro sostenibile”. Ha condotto spedizioni di studio ambientale in Antartide. Esperto di valore mondiale sul tema dello sviluppo sostenibile, è stato dal 1992 il primo ispiratore politico di Beppe Grillo nonché suo ghost writer. Lo abbiamo incontrato e gli abbiamo posto alcune domande per provare a capire qualcosa sul futuro del Movimento 5 stelle e sulle traiettoria del fondatore del partito più importante d’Italia.

 

“Beppe cammina su una tavola inclinata e oggi mi pare sempre più insofferente verso ciò che il sogno di Casaleggio ha partorito”

“La rete? Nemmeno per accertare il gradimento di un dentifricio un sondaggista userebbe un metodo deformante come questo”

Professor Morosini, come vi siete conosciuti, lei e Beppe Grillo? E come avete cominciato a collaborare? "Tutto cominciò il 19 febbraio 1992 al teatro Smeraldo di Milano, lì dove diciassette anni dopo sarebbe stato fondato il Movimento 5 stelle. Andai da Grillo in camerino e gli proposi una battuta ecologica che usavo nei workshop che tenevo nelle scuole. Grillo è un ladro generoso: la sera successiva mise in scena venti minuti del mio workshop, compresa la scena dello spazzolino con la testina intercambiabile. L’indomani gli mandai un fax con due battute. Il giorno dopo, altre tre battute. In ventisei anni ho scritto per lui migliaia di pagine per gli spettacoli, quaranta articoli, parte di un libro, trasmissioni Tv e due documentari per la televisione svizzera”.

 

Lei ha raccontato di quando Gianroberto Casaleggio la viene a trovare a casa e le chiede di convincere Grillo a creare insieme un movimento di influenza politica basato su internet. Che cosa è successo dopo? “Era il 29 ottobre del 2004. Gianroberto diceva che con le sue capacità di marketing e la popolarità di Grillo si poteva creare un movimento simile al MoveOn statunitense, il cui fine non è prendere il potere, ma influenzare la società e favorire l’elezione di candidati progressisti. Ossia, esattamente ciò che facevo insieme a Beppe da tredici anni. Il mio parere su quella proposta fu positivo. Gianroberto però presentò un progetto con costi proibitivi. Nel gennaio del 2015 la Casaleggio Associati cominciò a gestire un sito chiamato Blog di Beppe Grillo. L’avventura politica sfociò in un partito di potere. Il governo a cui oggi partecipa il M5s incarna tutto ciò che MoveOn combatte”.

 

Con la nascita del M5s, lei conia la definizione “digitalismo politico”. Può spiegare in dettaglio questo concetto? “Il digitalismo, come viene spiegato nel saggio ‘L’ideologia californiana’, di Barbrook e Cameron, vede nell’uso di massa delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione l’inizio di un’era di libertà e prosperità. Con quel suo aspetto hippy-yuppy, Gianroberto Casaleggio era un manifesto vivente dell’ideologia californiana: capelli lunghissimi da beatnik, occhialini rotondi alla John Lennon, cravatta e abito da manager. Un po’ Woodstock, un po’ Cernobbio, Ivrea invece di Cupertino, Olivetti invece di Apple, il Canavese invece della California. Il digitalismo politico ritiene che le tecnologie digitali siano lo strumento definitivo per permettere agli esseri umani di gestire direttamente la cosa pubblica. Il digitalismo politico è l’unico nucleo ideologico del M5s. Quasi tutto il resto è contorno. Mentre per altri il digitale è una tecnica al servizio del partito, per il Movimento è il partito ad essere al servizio dell’utopia digitalista”.

 

Secondo l’Istat la percentuale di italiani che utilizza il computer è del 52 per cento (la media UE è del 64). L’uso che si fa di Internet resta però alquanto passivo: ci si documenta poco, vengono poco utilizzati anche i servizi bancari. L’Italia è insomma un Paese poco digitalizzato. Eppure è anche la prima nazione a portare al governo un partito nato in Rete. Come spiega questa contraddizione? “In Italia, più di un quarto degli adulti sono analfabeti funzionali e la metà analfabeti digitali. Il marketing del M5s mira in buona parte a questi facili bersagli, di fronte ai quali un partito di informatici è imbattibile. La nuova ricchezza è il dominio dei dati. Si sta formando una gerarchia sociale e politica basata sui bit, più che sul denaro. Questo ceto crede di poter governare lo Stato perché sa ‘governare’ i computer. C’è poi l’esclusione digitale. Secondo il M5s l’uso delle tecnologie digitali allargherebbe la partecipazione civile a tutti i cittadini. Ciò non è vero. Il ‘tutto digitale’ taglia fuori quella metà degli adulti che non ha capacità o denaro per un abile uso di computer e internet. Costoro, infatti (anche quelli connessi), non sono in grado di iscriversi online al partito digitale né partecipare alla sua attività e alle votazioni. Il M5s è un partito di user, non di ‘cittadini’: e limitare la politica ai soli user è un regresso. Anche il profilo della popolazione ne è stravolto: gli users sono più uomini che donne, più ricchi che poveri, più istruiti che poco istruiti, più giovani che anziani. Nemmeno per accertare il gradimento di un dentifricio un sondaggista userebbe un metodo deformante come questo”.

 

Lei si occupa di politica ambientale e sviluppo sostenibile. E quello ambientale è uno dei temi portanti del movimento “Amici di Beppe Grillo” che lei ha contribuito a ispirare. Oggi, quella tematica si è nascosta nell’agenda del M5s, allontanatosi dall’ambientalismo per avvicinarsi alla destra populista di Steve Bannon. Quando è successo tutto questo? “Il film ‘Un futuro sostenibile’, che realizzai nel 1998 con Beppe come guest star, è stata una fonte d’ispirazione per gli ‘Amici di Beppe Grillo’. Nel 2008 la ‘Carta di Firenze’ indicava dodici punti programmatici, tutti social-ecologici. Nel programma del M5s del 2013 non compariva neppure un capitolo sull’ambiente. Ho paragonato il M5s a un’automobile con motore di sinistra ecologista e carrozzeria e volante di destra populista. Il motore c’è ancora, ma la retorica che porta voti è quella della destra: meno leggi, meno tasse, meno rifugiati e migranti, meno politici, partiti, sindacati, cooperative e ong, meno televisione pubblica. E’un patto del diavolo: da una parte i superstiti social-ecologisti hanno bisogno dei populisti di destra perché portano tanti voti. Dall’altra, i populisti hanno bisogno di temi social-ecologici per raccogliere consensi tra i giovani e a sinistra. I leader di questo governo hanno fatto terra bruciata del tema ambientale, scomparso nel diluvio di parole con cui inondano internet, televisione e giornali”.

 

Qual è stata la sua reazione all’annuncio della formazione del governo tra M5s e Lega? E qual è la sua analisi sull’attività finora condotta dai ministri del Movimento? “Il grande sconfitto delle elezioni del 2018 è stato proprio il Movimento, nato per ‘mandare a casa’ i ‘partiti che hanno distrutto questo paese’ e con i quali ‘non si sarebbe mai alleato’. Il 4 marzo, su 51 milioni di elettori, solo 10 milioni hanno votato 5 Stelle. 25 milioni hanno votato per ‘le salme di partiti già morti’. Il M5s doveva analizzare questo fallimento, fare autocritica e adeguare le proprie promesse al mondo reale. Avrebbe potuto scegliere di forgiarsi all’opposizione, formare un governo-ombra di grillini doc che avrebbero potuto allenarsi per cinque anni in Parlamento. Invece, la centrale del Movimento ha scelto di restaurare la Casta. Ha riportato al governo la Lega, il più vecchio partito italiano, l’unico sopravvissuto della prima repubblica. Finora la loro attività principale è stata twittare, postare, farsi selfie, insultare, e invadere i talk-show. Per mesi hanno riempito i media di discussioni e tira-molla sulle cose da fare, anziché farle appena entrati in carica. Alle promesse pre-elettorali hanno aggiunto un genere nuovo: le promesse post-elettorali. Con il loro linguaggio da osteria hanno coperto l’Italia di ridicolo sulla scena internazionale. Come si può prenderli sul serio?”.

 

Ha descritto la struttura del M5s come una piramide: alla base ci sono gli elettori. Poi, i frequentatori del blog, i partecipanti ai meetup, gli iscritti che votano, infine gli eletti. In cima alla piramide, due seggiole. Significa che, comunque, anche la “democrazia diretta” non può prescindere dai leader? “Mai un partito fu tanto identificato con il suo leader carismatico. Ma tutto questo è una finzione. Nello spettacolo ‘Grillo vs. Grillo’ del 2016, il comico Grillo grida un fragoroso ‘vaffa’ al politico Grillo. Il vero Beppe si congeda dicendo: ‘Sono sempre stato contro leader e partiti. Non ho mai fatto parte nemmeno dei boy-scout. Vi sembra che avrei potuto essere davvero leader di un partito? Voi non avete capito. Io scherzavo’. Non lo hanno capito due volte: quando Grillo faceva politica per scherzo lo prendevano sul serio. E quando disse seriamente che aveva scherzato, pensavano che scherzasse. Dopo il suo commiato, Beppe guarda il Movimento come si guarda un infermo che abbandona le stampelle troppo presto. Il 24 settembre 2016, nel discorso al festival Italia 5 stelle di Palermo, Grillo pronuncia la parola ‘fallimento’ undici volte. Più che ‘parole guerriere’ mi sembrano parole di un clown triste”.

 

Deputati e Senatori del M5s hanno firmato l’impegno a versare parte dei propri emolumenti (300 euro al mese) al “Mantenimento delle piattaforme tecnologiche che supportano l’attività dei gruppi e dei singoli parlamentari”.

 

Vale a dire, alla piattaforma Rousseau di Davide Casaleggio. Anche gli eletti di Forza Italia e Pd versano una quota, perfino più consistente, ai propri partiti. Il sospetto che anche il M5s possa essere definito un partito privatistico se non addirittura padronale sorge spontaneo. Lei quale opinione si è fatto? “Beppe si gettò nel Movimento con un coraggio da leone. Ma il M5s è una formidabile macchina da guerra costruita da una ditta di marketing per vincere le elezioni. E basta. La funzione del marketing è di vendere un prodotto, non di spiegarci come usarlo. Se invece vuole farlo, il marketing produce danni. E’ successo con i Berlusconi; sta succedendo con i Casaleggio. In Italia ci sono due partiti privati, Forza Italia e M5s, bracci politici di due famiglie e delle loro aziende. Entrambi si sono presentati come movimenti anti-partiti. L’uno prometteva di ‘rivoltare l’Italia come un calzino’, l’altro di ‘aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno’. Alle loro prime elezioni, 1994 e 2013, entrambi hanno raccolto un quarto dei voti validi. Tuttavia, mentre il partito dei Berlusconi fu al servizio dell’azienda e dei suoi uomini più in pericolo, l’azienda dei Casaleggio è al servizio del partito per realizzare un’utopia tecno-umanista”. Sulla sua pagina Twitter, lei ha recentemente esortato Beppe Grillo, come fece il comandante De Falco con Schettino, a “ritornare a bordo”.

 

“Oggi il sospetto che il M5s possa essere definito un partito privatistico se non addirittura padronale sorge spontaneo”

“Il M5s oggi è solo una formidabile macchina da guerra costruita da una ditta di marketing per vincere le elezioni”

Ritiene che Grillo si sia allontanato volontariamente dalla “nave M5s” o che sia stato, per così dire, gettato in mare? “Beppe si è ritirato cercando di camminare su una tavola inclinata, insaponata da altri. Oggi mi pare sempre più insofferente verso ciò che il grandioso sogno di Casaleggio ha partorito. Prima ha levato il suo nome dal simbolo. Poi, lo scorso 23 gennaio, ha tolto il dominio beppegrillo.it dalle mani di Davide Casaleggio per affidarlo alla Happygrafic di Nina Monti, grillina doc. Quando nel 2016 Gianroberto mancò, i vertici 5 stelle misero in funzione l’Associazione Rousseau. E Beppe fu lasciato fuori”.

 

C’è chi, come Alessandro Baricco, ritiene che il “Game” sia migliorabile attraverso l’impegno di chi lo utilizza e chi, come Jaron Lanier e Franklin Foer e, più recentemente, il presidente di Microsoft, Brad Smith, è più pessimista e crede che la rivoluzione digitale abbia contribuito alla nascita di movimenti politici pericolosi. Lei ritiene che i social network possano essere davvero strumenti di diffusione di idee politiche o il loro “fine naturale” sia quello della propaganda? “La guerriglia digitale dal basso del M5s ha fatto scuola e altrove si è trasformata in guerra dall’alto, diventando determinante per l’affermazione di fascistoidi come Salvini, Trump e Bolsonaro. Per prendere il potere, i fascismi 2.0 usano dati, non soldati. Per i politici del M5s, poi, il digitale è una malattia professionale. Basta passare qualche ora con loro per accorgersene. Non sono mai dove sono, ma sempre in un altrove digitale. Sono loro che dovrebbero lanciare l’allarme. Sono loro, ora al governo, che dovrebbero vietare gli smartphone ai minori di 18 anni. Invece, recitano un rosario di cose che non capiscono: intelligenza artificiale, robotica, blockchain, stampanti 3D, veicoli senza conducente, internet delle cose, domotica… E, soprattutto, ‘algoritmo’, l’abracadabra che tutti ripetono, ma che nessuno sa spiegare”.

 

Per chi voterebbe oggi? “In Svizzera voto per il Partito socialista. Ha centotrenta anni di storia, una solida ideologia ed è sano come un pesce. Da decenni governa coi Verdi otto delle dieci maggiori città del Paese. Da poco ha rimesso nello statuto il “superamento del capitalismo”. Finché ci sarà ingiustizia, dire che “destra e sinistra sono superate” è la cosa più di destra che si possa dire. In Italia non so per chi voterò”. Lei e Beppe Grillo avete lavorato ancora nel 2016. Insieme avete scritto lo spettacolo “Grillo vs. Grillo”, andato in onda su Netflix. Oggi quali sono le cose che vi uniscono e che cosa vi divide? “L’idea di mettere in scena un contraddittorio tra due Grilli la scrissi in una bozza di spettacolo nel 2014. Beppe mise fino al 2016 per farla maturare. Mi chiamò a casa sua per lavorarci insieme a Makkox e Matteo Pittarello. Beppe ha la lingua svelta, ma il metabolismo lento. Sotto sotto, però, il suo genio lavora sempre. Non butta via niente”.

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