Olimpiadi e Genova. La Lega governa il nulla contraddittorio del M5s
Così il Carroccio riempie il nulla a Cinque stelle, triangolando anche con il Pd
Roma. Luigi Di Maio è in Cina, Giuseppe Conte in partenza per Salisburgo. E a Roma è la Lega che governa. Con un meccanismo di assi variabili, sulle Olimpiadi e sul decreto per il ponte di Genova, il partito di Salvini ha riempito il vuoto contraddittorio del M5s, accordandosi con il Pd di Beppe Sala (per le olimpiadi invernali a Milano e Cortina) e con gli amministratori liguri di Forza Italia, Giovanni Toti e Marco Bucci, per sciogliere l’intrico del decreto sul ponte. Tutto in assenza del ministro Toninelli, partito per Berlino a presentare due treni.
Dopo quasi quattro ore di discussioni attorcigliate con il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte e con Luigi Di Maio (Danilo Toninelli non era presente. Foto su Facebook: “Qui a Berlino per presentare i treni Pop e Rock”), alle 15 e 30 Giacomo Raul Giampedrone, l’assessore ligure alle Infrastrutture, esce da Palazzo Chigi e in un soffio, stanco ma soddisfatto: “Gli stiamo riscrivendo il decreto da capo. Stasera sarà pubblicato in Gazzetta Ufficiale”.
Giampedrone, assieme a Toti e Bucci, il presidente della Liguria e il sindaco di Genova, era entrato nel palazzo del governo con i tecnici della regione, a mezzogiorno, forte dell’accordo e della copertura della Lega, del sottosegretario Edoardo Rixi e di Giancarlo Giorgetti. Da settimane, parallelamente alle intemerate pubbliche di Toninelli e Di Maio, alle fumose suggestioni su improbabili nazionalizzazioni e revoche, alle dirette Facebook e alle foto su Instagram, gli amministratori locali e Rixi, che è genovese, lavoravano invece alla scrittura di un decreto che, coinvolgendo Autostrade e Fincantieri, avrebbe dovuto rispondere in tempi rapidi alla principale delle questioni pratiche: modi e tempi per la ricostruzione del ponte, tenuto conto del progetto presentato da Renzo Piano. “Dobbiamo avere un testo da mettere sotto il naso di Toninelli”. E così è andata, martedì, anche se Toninelli non c’era. Una prima riunione politica, durante la quale Di Maio ha dovuto arretrare dalle posizioni di bandiera, messo di fronte al muro invalicabile della realtà. Una seconda riunione, tecnica, fino a sera, nella quale il decreto vuoto approvato giovedì, e presentato in una surreale conferenza stampa da Conte e Toninelli, è stato riempito dei contenuti portati dagli amministratori liguri.
“Inaffidabili, contorti e pasticcioni”. E’ all’incirca quello che martedì dicevano alcuni colleghi leghisti dei Cinque stelle, in Transatlantico, alla Camera, mentre le notizie sul decreto per il ponte s’intrecciavano a quelle delle Olimpiadi invernali, mentre cioè il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, il leghista Giorgetti, in Senato, certificava il fallimento della triplice candidatura di Milano-Torino-Cortina alle Olimpiadi invernali del 2026. Torino, la città amministrata dalla grillina Chiara Appendino, esce di scena, dopo contorsioni, giravolte, strepiti, balbettii e tentennamenti durati mesi. “Torino era l’unica città candidata che al mondo si presentava con un comitato contrario alle Olimpiadi, il ‘CoNo’. Roba da ridere o disperarsi”, dice un sottosegretario. E addirittura uno dei Cinque stelle: “Sono stupefatto dal pressappochismo dei nostri”, mentre molti altri del Movimento, al contrario, martedì gioivano come di fronte a una vittoria. Così mercoledì, a Losanna, il Coni presenterà ufficialmente la candidatura italiana per Milano e Cortina. Le due città andranno insieme, seguendo un accordo lombardo-veneto favorito dalla Lega, che governa entrambe le regioni, e che ha lavorato di concerto con il Coni coinvolgendo il sindaco pd di Milano Beppe Sala. Così martedì pomeriggio, Luca Zaia, il presidente del Veneto, strabuzzava gli occhi, perché aver vinto la candidatura ed essersi anche liberato della grana torinese, tutto insieme, gli sembrava persino troppo bello per essere vero.
Come per la storia del ponte, anche sulle Olimpiadi la Lega ha aggirato la confusione contraddittoria dei Cinque stelle. Lunedì sera, infatti, dopo le dichiarazioni del sottosegretario grillino allo Sport Simone Valente (“impossibile procedere con la candidatura italiana, non alle condizioni del sindaco di Milano”) si è come attivato un protocollo di sicurezza che era nell’aria da mesi. Ma se per la storia del ponte la Lega ha triangolato con gli amministratori locali di Forza Italia, per le Olimpiadi l’asse pragmatico è stato invece con il Pd milanese. E infatti Zaia e il presidente della Lombardia, Attilio Fontana, coperti da Giorgetti, e avvertito il presidente del Coni Giovanni Malagò, avevano già chiuso un accordo lunedì con il sindaco Sala. Così martedì pomeriggio, quando Giorgetti ha certificato l’impossibile candidatura “a tre”, gli amministratori locali di Lega e Pd avevano già pronta la soluzione: la nuova candidatura lampo. Fuori Torino. Fuori i grillini. “E gli abbiamo pure risolto una grana interna”, raccontano adesso al Foglio. “C’è un partito che governa e fa politica, e poi c’è il M5s”, è la battuta. Ma viene solo mormorata. Perché la Lega non intende scatenare prevedibili suscettibilità grilline. Il governo deve durare.