Il ministro Alberto Bonisoli (foto LaPresse)

Niente più domeniche gratis ai musei? Buona idea, ma il ministro lo dica a Di Maio

Sergio Soave

La decisione di Bonisoli contraddice il centralismo grillino

Il ministro della Cultura, Alberto Bonisoli, ha annunciato che dopo l’estate verrà conclusa la pratica dell’ingresso gratuito ai musei nella prima domenica del mese, introdotta nel 2014 da Dario Franceschini. Bonisoli non ha deciso di abolire le entrate gratuite, ma di affidare la decisione ai direttori dei singoli musei statali. L’idea non sembra sbagliata: applicare a situazioni tanto diverse una regola unica centralizzata spesso finisce per trasformare quella che dovrebbe essere un’iniziativa promozionale in una ripetitività burocratica. Più in generale, il principio di non dettare norme dall’alto valorizzando l’autonomia e la responsabilità di chi conosce meglio le esigenze e le potenzialità delle istituzioni culturali è fondamentalmente giusto, a patto naturalmente che non incida negativamente sulla fruibilità di un servizio pubblico. Quando Bonisoli dice “lascerò maggiore libertà ai direttori” e che “non va bene” imporre loro un obbligo fa un’affermazione liberale che va apprezzata. Chi forse si risentirà, a parte Franceschini, sarà Beppe Grillo, che ha spesso presentato una visione molto centralistica e iper normativa dell’organizzazione sociale. Seguendo le indicazioni del guru a cinque stelle, Luigi Di Maio aveva presentato, ad esempio, una proposta di legge per abolire la liberalizzazione (che definiva “selvaggia”) degli orari dei negozi. Ora che è al governo annuncia di voler riprendere in mano la questione, di voler tornare alla situazione che c’era prima del 2012, con negozi e supermercati chiusi la domenica e i festivi “salvo deroghe”, cioè nuove decisioni sottratte alla libertà degli imprenditori (che naturalmente debbono contrattare l’orario con i rappresentanti dei dipendenti).

 

Naturalmente tutte le liberalizzazioni, mentre offrono nuove opportunità, creano nuovi problemi, che devono essere affrontati nel merito, non strumentalizzati allo scopo di ingessare la vita sociale secondo uno spirito dirigista. Anche per questo l’iniziativa del ministro Bonisoli, che va controcorrente rispetto all’indirizzo prevalente del Movimento 5 stelle che nel corso della campagna elettorale lo aveva presentato nella rosa degli esperti cui affidare un ministero, è apprezzabile. Bonisoli non è un esperto di istituzioni culturali ma ha insegnato Innovation management alla Bocconi e forse potrebbe dare qualche lezione di questa materia a Di Maio, che ne ha sicuramente bisogno. Una gestione innovativa, in ogni campo, prevede di promuovere la professionalità, l’autonomia e la responsabilità, che è l’esatto contrario dell’imposizione dell’uniformità dei comportamenti. C’è chi sostiene che per garantire l’universalità dei diritti è necessario regolamentare tutto dall’alto, secondo uno schema statalista obsoleto, tra il neoclericale e il postcomunista, che frustra ogni possibilità di crescita basata sull’autonomia. Se nel governo questa ideologia trova chi la contrasti più o meno esplicitamente e consapevolmente, questa è una buona notizia, una delle poche da registrare di questi tempi.