Gabriele Betti, secondo da sinistra, con Beppe Grillo (foto via Facebook)

L'assalto alla rossa Imola, centro nevralgico (e poco noto) del grillismo

Valerio Valentini

Il capoluogo emiliano è patria di Gabriele Betti, uno dei “quattro amici” più intimi di Beppe. Il ballottaggio cruciale del M5s

Roma. Per capire quanto sia cruciale, per il Movimento, la sfida di Imola, bastava leggere l’elenco degli ospiti, a dimostrarlo. Ieri sera, al prato della Fortezza, si è fatto di tutto per caricare il comizio conclusivo di attese e gravità. Danilo Toninelli, Riccardo Fraccaro, Chiara Appendino e Luigi Di Maio: tutti mobilitati per rafforzare le speranze di Manuela Sangiorgi, impiegata quaranteseienne al patronato della Uil locale, con un diploma da ragioniera in tasca, arrivata al ballottaggio dopo il 29 per cento ottenuto al primo turno. Se la vedrà, domenica, con Carmen Cappello, portacolori del Pd votata dal 42 per cento degli elettori il 10 giugno scorso. E certo, già questo basterebbe a spiegare perché la battaglia, per il M5s, sia fondamentale: riuscire a strappare, nella (ancora, forse) rossa Emilia, un comune governato da tre quarti di secolo dalla sinistra, sarebbe un successo clamoroso. Ed è senz’altro per questo che lo stato maggiore del M5s, e con esso l’apparato di propaganda, si è attivato con una solerzia che quasi stona, a pensare alle dimensioni reali della città, che a 70 mila abitanti neppure ci arriva. E però Imola, per il grillismo, è da sempre un centro nevralgico: un po’, del resto, come tutta l’Emilia. E’ qui che i primi MeetUp hanno messo radici, è qui, insieme al Piemonte, che i primi “cittadini portavoce” hanno varcato le soglie del Palazzo. Ed è stato fatale che sempre qui, lungo la via Emilia, scoppiassero le prime faide, con conseguenti epurazioni (da Tavolazzi, a Favia, fino alla Salsi e Pizzarotti), dossieraggi e querele incrociate. E poi, però, c’è dell’altro.

 

L’importanza di Imola sta anche, infatti, nel potere coltivato nell’anominato più assoluto da parte di Gabriele Betti, giovane autoctono e aitante mente organizzativa del Movimento. Se c’è un cerchio magico riservato, oltre a quello patinatissimo e ormai stranoto, nel Movimento, Betti ne fa parte. E se è nella piccola Imola che nell’ottobre del 2015 si è svolta Italia 5 stelle, è a Betti – allo stesso Betti che poi in tanti e in tante, tra gli scalpitanti esponenti del M5s, si avvicinarono in quell’autunno per ottenere un posto in scaletta – che lo si deve. “Di lui si sa poco, ma è onnipresente”, dicono di lui i parlamentari più vicini ai vertici. Intraprendente, permaloso, Betti è tra i pochissimi sempre ammessi nei sancta sanctorum del Movimento, si tratti del retropalco di un comizio, della villa al mare di Beppe Grillo o dei corridoi dell’Hotel Forum. Proprio davanti all’entrata dell’albergo monticiano, tutto sorridente, Betti girava la mattina del 3 marzo, all’indomani della chiusura della campagna delle politiche e alle vigilia del voto. E girava insieme al comico stimatissimo, e agli altri due componenti di quella eletta schiera di consiglieri particolari che c’è chi chiama “i quattro moschettieri”, e chi, più semplicemente e in spregio ai rischi dell’assonanza con la sciagurata chat del Campidoglio, “i quattro amici”. Ne fanno parte, oltre a Betti e al Beppe, Gian Paolo Poli, genovese di nascita ma veronese d’adozione, medico di professione ma nei fatti fotografo di fiducia di Grillo, e Umberto Cottafavi, modenese di San Prospero, responsabile del mercato estero della Lacote, azienda di cosmesi emiliana famosa nel mondo per l’uso delle alghe Guam (infallibili, dicono, contro la cellulite).

 

Betti, non ancora quarantenne, è di gran lunga il più giovane, della comitiva di attempati signori: e ne fa parte proprio perché, a quanto si dice, è stato Cottafavi, amico storico di Grillo, a farcelo entrare. Discreta, per certi versi, eppure ostentatissima, la vicinanza dell’“attivista semplice” Betti – mai candidatosi ad alcunché e tuttavia sempre impegnatissimo, quando si avvicinano le elezioni – al comico fondatore: fatta pesare alla bisogna, rivendicata di fronte agli esponenti del Movimento, non solo emiliani, quando le tensioni interne si esasperano. E non è un caso che sia proprio lui, insieme all’altro suo amico fraterno, il bolognese Max Bugani, socio di Rousseau, a gestire in prima persona, con gli oneri e gli onori del caso, la fase calda della campagna elettorale a Imola. Se domenica la Sangiorgi vincesse, se la roccaforte dovesse essere espugnata, non c’è dubbio che a piantare la bandiera del Movimento, sulla Fortezza, saranno sicuramente loro due.