Marco Travaglio e Luigi Di Maio (Elaborazione grafica Il Foglio)

Travaglio spiega a Di Maio come costruire un governo Pd-M5s

Redazione

Il direttore del Fatto Quotidiano traccia la strada: “Se vuole i voti del Pd derenzizzato e di LeU, glieli chieda. Poi vada a parlare con Martina e Grasso su un’offerta chiara, realistica, generosa e rispettosa della democrazia parlamentare”

Le trattative per formare un governo dopo le elezioni del 4 marzo proseguono tra appelli e veti incrociati. Matteo Salvini parlando davanti all'Associazione Stampa Estera, ha fatto capire di non essere ostile all'ipotesi di un governo con il M5s, a patto che il Pd ne resti fuori. Luigi Di Maio dice e non dice. O meglio dice che vorrebbe un governo a Cinque stelle sostenuto dal Pd (o anche dal centrodestra se vuole) ma esclude qualsiasi possibilità di trattare su ministri e programmi.

 

L'impressione è che sia Salvini che Di Maio stiano cercando un modo per non dover andare a Palazzo Chigi o, più probabilmente, per evitare di essere i primi a “bruciarsi” cercando di formare un governo. Una strategia, quella del candidato premier del M5s, che non convince il direttore del Fatto Quotidiano, Marco Travaglio che nel suo editoriale di oggi spiega a Giggino come far nascere (o almeno provare a far nascere), un governo Pd-M5s-Leu.

 

Premessa. “Di Maio - scrive Travaglio - sta facendo sforzi sovrumani per complicarla o impedirla (la nascita di un esecutivo Pd-M5s-Leu ndr). Infatti continua a ripetere che sul programma non si tratta perché l'hanno scelto gli elettori; sui ministri non si tratta perché li hanno scelti gli elettori; e ovviamente non si tratta neppure sul premier (lui), perché l’hanno scelto gli elettori. Dimentica sempre di precisare: i suoi elettori. Che sono tanti. Ma non tutti. Arrivare primi (come lista) con il 32,7% significa partire favoriti per l’incarico di formare un governo (anche se Mattarella potrebbe iniziare col centrodestra, cioè con la prima coalizione, sempre che non si sfasci nel frattempo). Ma non conferisce il diritto divino di fare un governo con i voti altrui, per giunta gratis”.

 

Seconda premessa. Travaglio spiega perché non potrebbe mai nascere un governo M5s-Lega: “Un governo Lega-M5S non conviene né a Salvini né a Di Maio, ormai concorrenti e alternativi”. 

 

Svolgimento. A questo punto Travaglio spiega a Di Maio come costruire una maggioranza con Pd e Leu: “Bisogna costruirla: non aspettando che si facciano vivi gli altri e poi meravigliandosi perché “finora non s’è visto nessuno” (e ti credo!). Ma facendo ai partner una proposta che non possano rifiutare. Se Di Maio vuole i voti del Pd derenzizzato e di LeU, glieli chieda. Poi vada a parlare con Martina e Grasso su un’offerta chiara, realistica, generosa e rispettosa della democrazia parlamentare (che non si regge su maggioranze relative, ma assolute). Proprio quello che non fece il Pd nel 2013, quando pareggiò col M5S: si pappò le presidenze delle due Camere, designò Bersani come premier, stese un programma e una lista di ministri, poi pretese che i 5Stelle sostenessero al Senato il suo governo di minoranza”. Insomma, prima regola: vietato ripetere il “modello Bersani”. 

 

“Nessuno regala voti a chi nemmeno si abbassa a chiederglieli - prosegue Travaglio -. Se il Pd pretendesse poltrone, i 5Stelle farebbero bene a rifiutare. Ma se chiedesse alcuni punti programmatici condivisibili, perché no? La cosa sarebbe meno difficile se Di Maio aprisse la sua squadra di esterni ad altri indipendenti di centrosinistra, per un governo senza ministri parlamentari. E bilanciasse la sua premiership lasciando la presidenza di una Camera alla Lega. Dopodiché, è ovvio, è sul programma che dovrebbe garantire il cambiamento che gli elettori hanno appena chiesto. La palla tornerebbe al Pd, che dovrebbe scegliere: accettare una soluzione equilibrata o suicidarsi con nuove elezioni. Intendiamoci: il Pd sarebbe capace di optare per la seconda ipotesi. Ma almeno sarebbe chiaro di chi è la colpa”.