Da sinistra Alberto Bagnai,. Cecilia Guerra e Tommaso Nannicini (foto Allegranti)

La Bagnai Theory

David Allegranti

Il neocandidato della Lega ora vuole uscire dall’euro perché “ce lo chiederanno i mercati”

Bologna.  Il “post-keynesiano” Alberto Bagnai è uscito da Twitter e ha debuttato nella realtà. L’aspirante senatore leghista e sfidante di Matteo Renzi nel collegio di Firenze, “candidato indipendente” come si ostina a ripetere – dimenticando però che sulla scheda non c’è scritto niente di tutto questo – alla Johns Hopkins di Bologna si è confrontato con Maria Cecilia Guerra, candidata di Leu, e Tommaso Nannicini, candidato del Pd. Un dibattito fra economisti su euro, Europa, lavoro, crisi e tasse cui hanno ritenuto di non partecipare Lorenzo Fioramonti del M5s e Forza Italia. Di fatto, Bagnai ha rappresentato (da “ultimo arrivato”, visto che ha aderito alla Lega una ventina di giorni fa) la coalizione di centrodestra. 

 

Il professore di Pescaracas – come Luciano Capone ha ribattezzato su queste colonne l’università di Pescara dove insegna Bagnai – ha detto che le ragioni della crisi vissuta dall’Italia in questi anni sono semplici e note: a metà degli anni Novanta, oltre alla scioglimento dei Pink Floyd, “sono successe un paio di cose che possono aver influito sullo stato della nostra produttività”. E quali? Che domande: l’euro e la flessibilità del lavoro. “Abbiamo iniziato un percorso che ci ha portato a entrare nell’euro, nel ’97 ci siamo siamo agganciati all’Ecu con una parità di cambio che poi avremmo sostanzialmente mantenuto all’interno dell’Eurozona. E’ da lì che abbiamo iniziato a vivere in un mondo di cambi rigidi. Questo ha determinato una compressione della domanda estera, e, come da banale modello keynesiano, ha determinato il rallentamento della dinamica della produttività. La rigidità del cambio è stata compensata da una serie di riforme sul lato della flessibilità del lavoro, che la letteratura scientifica ci dice oggi essere disfunzionali e negative per la produttività”. Insomma, l’euro e la flessibilità del mercato del lavoro sono il male assoluto. Il che vuol dire Jobs Act, ma anche tutto ciò che ha fatto Roberto Maroni da ministro del Welfare con Marco Biagi, prima del Jobs Act.

 

Ecco, ma a proposito dell’euro, che vuol fare ora Bagnai, super teorico dell’uscita dalla moneta unica, cui ha dedicato anche pubblicazioni come “Il tramonto dell’euro”? Qui Bagnai tentenna e, come osserva Nannicini, “è candidato indipendente ma non ho capito se è indipendente anche da se stesso”. L’economista neoleghista – “un tempo ero di sinistra poi ho smesso” – ha spiegato che Matteo Renzi lo dipinge “come un pericoloso estremista che vuole sfasciare tutto. Ma c’è un modo fantastico di sfasciare tutto, che è difendere l’Europa sbagliata. Il punto è anche che dobbiamo essere umili come paese e come persone. Non dipende da Matteo Salvini o da altri se domani l’Italia esce dall’euro. Questo è un sistema così irrazionale che quando arriverà il prossimo choc dei mercati finanziari internazionali l’Italia si troverà in condizioni di estrema fragilità. Intanto perché prima la disoccupazione ce l’avevamo al 6 per cento e ora, anche se sta scendendo, sta fra il 10 e l’11”. E poi, aggiunge Bagnai, “anni di svalutazione interna hanno reso l’economia italiana dipendente dalle esportazioni. Il che vuol dire che quando quando ci sarà una crisi nel resto del mondo, il rimbalzo sull’economia italiana sarà peggiore e sarà difficile difendere il sistema finanziario italiano”. Comprese le banche italiane, ha detto Bagnai guardando Filippo Taddei, ex responsabile economico del Pd, “che stranamente sono grandi assenti da questo dibattito. Forse per delicatezza si è ritenuto di non metterle”. Il riferimento è naturalmente alle vicende di Banca Etruria.

 


 

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Insomma, la proposta della Lega e del centrodestra è di non uscire dall’euro, ha osservato Nannicini, “ma di aspettare che ci sia uno choc negativo che darà ragione a chi aveva vaticinato che tutto sarebbe andato male. Penso che non sia responsabile aspettare di vedere le macerie che mi daranno ragione. Penso che una forza politica responsabile debba guardare in faccia gli italiani e fare delle scelte di governo. Noi proponiamo di stare nell’euro ma di completare la governance economica dell’Eurozona per rendere più funzionale quella costruzione”. Il che, ha aggiunto Nannicini, “vuol dire gestire in maniera comune domanda aggregata che permette di rispondere agli choc in maniera comune”.

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  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.