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Femministe vs Grasso. Indagine sul cortocircuito delle foglioline

Terragni, Paolozzi e Fossati sul controverso logo di “Liberi e uguali”. Civati replica: “Quella ‘E’ ricorda l’articolo 3 della Costituzione”

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Roma. Antefatto: succede che la nascita di “Liberi e Uguali”, creatura di sinistra a tre teste (Mdp-SI-Possibile) con a capo Pietro Grasso, venga investita, dopo l’intervento di Grasso nel salotto Rai di Fabio Fazio, da polemiche che vanno sotto il nome ufficioso di “diatriba delle foglioline”: non è piaciuto alle femministe, infatti, il simbolo del nuovo rassemblement: primo perché i “Liberi” si sono presentati, all’inizio, al maschile, poi perché la “E” femminile del simbolo, disegnata con tratti simili a foglie, è risultata offensiva agli occhi di chi ci vede una deminutio del peso femminile in politica. E dunque, al secondo giorno di liti su Twitter, la scrittrice Lorella Zanardo, icona delle campagne sul “Corpo delle donne”, ha lanciato il guanto: “…Vi offriamo la soluzione, compagni di Liberi e Uguali: domani ci presentate due leader donne, toste, preparate, autorevoli che rimpiazzino 2 dei 4 leader uomini. Scegliete voi chi eliminare”.

 

Intanto, da “Possibile”, Pippo Civati, sul suo blog, raccontava il simbolo, all’opposto, come simbolo di parità: “ … sul rosso di ‘Liberi e uguali’ campeggia una grande ‘E’, stilizzata, che è anche un po’ un ‘3’, quello dell’articolo della Costituzione a cui siamo più affezionati. La ‘E’ è femminile, plurale, costituzionale…”. Ma c’è chi, tra le intellettuali femministe, pensa che non basti neppure l’arrivo di Laura Boldrini in persona, tra i “Liberi e Uguali”. Dice la giornalista Marina Terragni: “Mi ha dato fastidio che le donne venissero considerate come un fatto sovrastrutturale, eccentrico nel senso che eccede dal maschio. Ma le donne sono l’Umano principale dal punto di vista filogenetico. Grasso è un signore siculo di settant’anni, che con tutta la buona volontà non ha pratica di confronto con un pensiero per così dire ‘femminista’, diversamente dai tre caballeros Pippo Civati, Roberto Speranza e Nicola Fratoianni”. L’episodio, dice Terragni, è “rivelatore”: “In tempi di grande affluenza, ecco le donne in lista e al governo, vedi i casi di Renzi e Berlusconi. In tempi di scarsa affluenza, ecco il pugno nell’occhio dei tre leader uomini. Perché i tre non fanno un passo indietro per sostenere una candidata?”.

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Interpellato, Civati risponde che “non è mai esistito, prima d’ora, un partito che, nei fatti, abbia fatto quello che abbiamo fatto noi: tenere in questa evidenza la doppia declinazione di genere”. (Oltre ad avere la “E”, “Liberi e Uguali” verrà sempre definito “Libere, Liberi e uguali”). Il fatto di essere tre uomini al vertice non è legato al genere, dice Civati: “Siamo qui in quanto segretari dei partiti che compongono ‘Liberi e Uguali’. Dovevamo forse dimetterci? La nostra assemblea era composta da 750 uomini e 750 donne, stessa cosa faremo con le liste. Quello di oggi è un assetto provvisorio. E i fatti non contano? Con la collega Brignone abbiamo presentato due proposte di legge sulla parità salariale. Ci sono nostre proposte sui centri antiviolenza, sull’applicazione della 194, sui consumi femminili – cosa che ha fatto ridere molti: alludo alla tassa sugli assorbenti. Le uniche foglioline che mi vengono in mente sono quelle che avrei voluto legalizzare, ma anche questo il Pd non ha voluto farlo”.

 

La scrittrice e giornalista femminista Letizia Paolozzi dice: “Perché non ci hanno pensato prima?, questa è la domanda che mi faccio. Ti presenti come nuovo in politica ed è come se ti dimenticassi che esiste un sesso?”. E a Franca Fossati, giornalista e figura storica del femminismo italiano, pare strano che non ci abbiano pensato proprio le donne che militano in “Libere e Uguali”: “E’ come se ancora le donne faticassero a stare nel gioco della politica. Forse perché, quando ci provano, vengono massacrate, come dimostrano i casi Boschi e Carfagna. Chiediamoci perché la politica, qui, per molte donne non rappresenta una vera prospettiva per cui battersi”.

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