Rimini, Italia 5 Stelle 2017

Atlante delle stelle nane

Salvatore Merlo

Undici personaggi e undici istantanee dalla Rimini di Grillo e Di Maio. Ecco un ceto che ha imparato a dire molti sì ai capi, ad accettare le regole del potere, e a farselo anche piacere

Undici personaggi e undici istantanee, non quelle centrali ma quelle laterali, se non addirittura interstiziali, le immagini e le figure che rivelano la coda del diavolo nascosta nelle minuzie, uomini e donne della commedia grilliana e riminese, estratti da un taccuino di cronista nei tre giorni di celebrazioni a cinque stelle ed esposti qui, a vantaggio del lettore, fotografati in successione e collezione, a sceneggiare, senza presunzione di completezza, un frammento di vita accelerata o saggiamente conformista, ad esporre le ambizioni e i tic, gli abiti di stoffa e quelli mentali, le velleità e le vanità, le intelligenze nude e quelle vestite ai tempi dell’incoronazione di Luigi Di Maio da parte di Beppe Grillo e Davide Casaleggio.

  

E ci sono attori e comprimari, aspiranti e semi-protagonisti, tutti elementi di una nuova classe politica, giornalistica e professionale, alcuni curiosi e altri meno, ma ciascuno satellite, a modo suo, di un cosmo che ruota attorno al sole del comico comiziante, un ceto che ha imparato a dire molti sì, ad accettare le regole del successo, e a farselo anche piacere.

  

Roberto Fico

Con quell’aria da sindacalista di base dei ferrotranvieri, Roberto Fico è il re dei personaggi minori del M5s. A Rimini c’è, eppure non c’è. E infatti quest’uomo dalla barba incolta si rivela ben presto come un caso di scuola, da portare a esempio nelle università e nei corsi di laurea specialistica in scienze della comunicazione: è il primo dissidente afono della storia della dissidenza mondiale. Sabato viene filmato da Cristina Pantaleoni, assieme al suo presunto nemico Luigi Di Maio, in una scena da cinema muto, roba da Charlie Chaplin o Buster Keaton: c’è Fico che si agita nel più assoluto silenzio, rotea gli occhi, giunge le mani a preghiera, se le sbatte contro il petto con teatrale vivacità, mentre l’altro, Di Maio, lo ascolta con le mani in tasca e l’aria annoiata. Il giorno seguente, nel pomeriggio, Fico compare all’improvviso in mezzo alla folla che ascolta Di Maio dal palco, allora ovviamente viene circondato dai microfoni e dalle telecamere. Ma proprio quando tutti si aspettano che finalmente questo Sacharov parli, ecco che invece lui bofonchia qualche vaga parola con accento napoletano, e scappa via. E così risulta encomiabile lo sforzo giornalistico dei cronisti specializzati, che per tre giorni, a Rimini, spremono ogni grammo della loro intelligenza e della loro fantasia per tentare l’esegesi di questo nulla incombente che però, alla fine, con il suo pavido silenzio, è la figura che meglio racconta Rimini e il M5s. E infatti Fico, che contesta il verticismo del Movimento, ma non ha il coraggio di dirlo con chiarezza, è la dimostrazione del gigantesco non detto che pesa sul rito della democrazia diretta, un’ipocrisia cui fondamentalmente ormai non credono più nemmeno i Cinque stelle.

   

Rocco Casalino

Rocco a Rimini si è visto pochissimo, e si è visto solo in compagnia di chi conta, e contando così pure lui per osmosi. Più corteggiato di Grillo e di Di Maio, più di Fico e di Casaleggio, i giornalisti dicono: “Rocco i love you”, perché un retroscena di Rocco può far svoltare la giornata. Vestito sempre di blu o di nero, “perché sfinano”, a Rimini lui fa colazione al mattino con Di Maio e Casaleggio all’hotel “Fra i pini” – tre stelle – e come la balia di Stalin ha il potere di ammettere alla presenza dei sovrani. Non c’è nessuno, parlamentare, sindaco o senatore, che non lo tema, nessuno che non gli risponda immediatamente al telefono, e che lui non chiami “amore” o “tesoro”. E’ in competizione con Vincenzo Spadafora, il responsabile delle relazioni istituzionali di Luigi Di Maio, e lo soffre un po’. E’ sua l’interpretazione più vera del pensiero di Grillo, il vecchio capo che non capisce la natura del conflitto tra Fico e Di Maio: “Hanno entrambi un buon stipendio, sono importanti, ma perché litigano?”.

 

Alessio Tacchini (il notaio)

Come Fico non può dire quello che pensa, e cioè che Di Maio non è stato eletto ma nominato da Grillo e Casaleggio, così lui conosce tutti i segreti legali, organizzativi e societari del Movimento cinque stelle, ma ovviamente non può rivelarli. Alessio Tacchini, zoppicante e con male a un anca, a Rimini fa tutto, tiene in consegna la busta che contiene il nome del candidato premier Di Maio, arringa lo staff, organizza il servizio d’ordine, prevede quanti uomini servano e dove vadano disposti. E’ spiritoso, milanese, e oltre a essere il notaio di Grillo e dell’“Isola dei famosi”, è anche il notaio del Corriere della Sera, e pare pure di Giovanni Trapattoni. Con i capelloni chiazzati da ampi spazi vuoti e l’aria allegra, questo professionista lombardo sembra un personaggio uscito da un film con Jerry Calà. A poche ore dal fatidico e scontato disvelamento del vincitore Di Maio alle primarie online, gli dicono: “Stai facendo la storia!”. E lui: “Mi manca solo di arbitrare la finale della Champions”.

  

Emilio Carelli

Il fondatore di Sky Tg24 raggiunge la Fiera di Rimini a passi larghi, sabato pomeriggio, e si avvicina al palco centrale. Che ci fai qua? “Quello che ci fate voi. Osservo”. Ma qualche settimana fa eri anche alla presentazione di Rousseau, a Roma, accompagnato da un membro dello staff di Casaleggio. Lavori con loro? “Sono curioso del M5s. Sono stato io a far fare la prima intervista a Grillo, quando nessuno lo prendeva sul serio”. Sei un simpatizzante, voti per loro? “Non ho mai dichiarato le mie simpatie politiche”. Di Maio è stato eletto leader. Che ne pensi? “Penso sia una persona molto capace… Adesso scusatemi, devo andare ‘dietro’ il palco”. Dove i giornalisti non sono ammessi.

  

Alice Salvatore

Giovane, carina, consigliera regionale in Liguria, eyeliner stirato sugli occhi molto alla moda. E’ la nuova Roberta Lombardi, cioè quella che ha potere perché ha accesso ai capi. Lo si è capito bene sabato notte, alla discoteca Newport, quando ballava con Davide Casaleggio. Con i capi parla spesso, ostenta confidenza e versa parole nelle orecchie di entrambi i dioscuri del grillismo. Trasmette loro umori e pensieri che circolano nell’ambiente e nella piccola corte. Talvolta abbandonandosi, pare, a a piccole delazioni. Anche la Lombardi prima era molto ascoltata, ma poi Grillo e Casaleggio pare abbiano capito che per odio personale nei confronti di Virginia Raggi lei poteva far saltare tutto.

  

Gianni Lemmetti

L’assessore al Bilancio della Capitale, a Rimini si è diviso tutto il tempo tra lo stand di Roma e quello della sua Livorno. Si è presentato con la compagna e sempre – incredibile – in calzoncini corti (malgrado il freddo) e magliette sbarazzine, tipo Iron Maiden. Prototipo del primo grillino, quel genere di grillino cui Di Maio non può piacere per ragioni prima di tutto estetiche, Lemmetti è un allegro compagnone che gestisce un bilancio da 5 miliardi di euro. Ogni tanto, alla Fiera di Rimini, si è incrociato con Luca Bergamo, il vicesindaco di Roma. Bergamo, che viene dalle seconde file dei Ds, ha provato per due giorni ad accreditarsi tra i grillini proprio come un tempo tentava di accreditarsi nel salotto di casa della signora Giovanna Melandri. Ma oggi come allora, quando si avvicina a un capannello, la frase di tutti è: “Luca aspettaci qua, ci vediamo tra poco”.

  

Carlo Sibilia

Gira tra gli stand della festa con una biciclettina richiudibile, che risulta essere per lui un modo furbo, anzi tattico, per sfuggire rapidamente alla fame da selfie che sembra trasformare in zombie assetati di foto i militanti a cinque stelle. “Carlooooooo”, gli urlano quelli, assatanati. “Aspetta, fermati, fatti una foto con noi!”. E allora lui si ferma, sorride, si fa fotografare, e poi zac!, sguscia via… lasciandosi alle spalle un’enorme scia chimica.

   

Nicola Morra

Supercazzolista professionale e “dissidente” secondo la letteratura interna ai cinque stelle, il senatore Morra, a Rimini, è praticamente l’unico che parla con i giornalisti: si ferma ed è cortese. Purtroppo però parla solo per citazioni e allusioni. A una domanda semplice e diretta, lui dribbla, scarta, t’incarta e s’incarta. Così, ti mette la mano sul braccio e con aria profonda e compresa di sé comincia a raccontare qualcosa. Parla, parla, parla. Alla fine ha parlato, sei, nove, anche quindici minuti di fila, ma non ha detto niente. E insomma anche con lui i cronisti devono praticare l’arte misteriosa dell’esegesi, dell’interpretazione. Un esercizio che però è più complicato di quello che richiede l’afasico Roberto Fico, perché dei suoni – ancorché vaghi – alla fine, in questo caso, sono stati emessi.

    

Gianluigi Paragone

L’ex direttore della Padania, figlio di sanniti diventato leghista, passato dal gessato sulla Rai ai concerti skassakasta su La7, sabato mattina a Rimini faceva colazione a fianco della trinità Casalino, Casaleggio e Di Maio all’Hotel “Fra i pini”. Ma Paragone non mangiava al loro tavolo, stava in un’orbita più esterna, come quando da ragazzino girava attorno a Bossi e Maroni, che lo avrebbero poi portato alla vicedirezione di Raiuno e poi di Raidue in quota Lega. A Rimini è il Pippo Baudo d’Italia cinque stelle, traghettatosi dalla Padania a Gaia, nel suo moto perpetuo di rotazione e rivoluzione, potrebbe finire con il ritornare alla Rai.

  

Virginia Raggi

Maneggiata come una reietta dai capi del Movimento, a Rimini la sindaca di Roma è la protagonista di una straordinaria commedia degli equivoci. Dietro il palco si avvicina a Grillo, comincia a parlargli, ma il capocomico le oppone soltanto un parco e tiepidissimo sorriso, mentre tutti, nel circolo di Luigi Di Maio, sussurrano che “dopo le elezioni politiche ci liberiamo di lei”. Eppure, trattata con grande freddezza dai suoi committenti politici, la Raggi a Rimini è in realtà una star da applaudire e da spronare per i militanti venuti da Milano e da Modena che la considerano vittima di un complotto mediatico che ne oscura le straordinarie capacità amministrative.

  

Roberta Lombardi

Dove c’è la Raggi non c’è lei. E quando compare lei, sparisce la Raggi. E così la deputata, candidata presidente alle regionali del Lazio, non si fa vedere sabato notte alla festa che celebra Di Maio, alla discoteca Newport. Lì c’è la sindaca, che conta i gin tonic. Domenica sera, invece, al Molo22, alla festa con Grillo, Lombardi ricompare: la sua nemica è ripartita in camper verso Roma. Raggi e Lombardi sono come Fico e Di Maio, con la differenza che questo conflitto è vero ed è violento.

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.