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Benigni vs Crozza. Anche comici e artisti vanno in guerra

Lanfranco Pace
Sei un artista? Sei un comico? E allora fa il tuo mestiere, distinguiti, concediti il rischio di un guizzo, inventati qualche gag. Ma l’artista che parla come un politico di seconda fila è un rumore di fondo, inutile alla causa che vorrebbe servire. Boschi-Salvini 2-0. Il Pagellone di Lanfranco Pace alla settimana politica
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Picrochole, re di Lerne, è un tipo incazzoso assai. Per futili motivi ce l’ha a morte con Grandgousier, padrone del feudo limitrofo e padre di Gargantua. Raduna l’esercito e va in guerra, ma non gli va molto bene: fratello Jean si erge a difesa delle vigne (e del vino) del convento, carica persino tra i filari e con il suo baton de croix dà una seria sfoltita alle file nemiche. Una interminabile pisciata del cavallo di Gargantua fa straripare il fiume e sommerge tutti chiudendo definitivamente la vertenza.
Forse la fine della battaglia referendaria non sarà così burlesca, magari avrà conseguenze drammatiche. Ma l’inizio, tra i travasi di bile di D’Alema, le lezioni di noia impartite da professori non compatibili con la comunicazione televisiva, varie dichiarazioni tonitruanti, allarmi da ultima spiaggia e frasi assassine il cui effetto dura un’ora, sarebbe assai piaciuto a Rabelais: una guerra picrocholina in cui tutti partono lancia in resta e fanno gli smargiassi ma nessuno si fa male. Ora che ci si sono infilati anche i comici, poi.
 
 
In generale i nostri artisti non sono mai ultimativi, netti: prendono posizione proprio come recitano, sussurrando. Fanno una pausa di sospensione, il tempo di fiutare il vento e strizzare l’occhio al pubblico, lasciando intendere che possono dire una cosa e il contrario.  
 
Toni Servillo (voto 8) che pure ha uno sguardo da duro, alla Lino Ventura (voto 10 e lode alla memoria) ha detto che voterà no ma non dice bene perché né perché senta il bisogno di farlo sapere. Dario Fo (voto 9 al guitto) non fa testo: lui non ha mai detto sì a nulla, nemmeno al festival di Sanremo.
 
 
Alba Parietti, promossa cappellano militare in attesa che sbarchi la generalessa Bianca Berlinguer (voto 9 a entrambe a prescindere) usa gli argomenti degli oppositori politici di professione e riesce persino nel mezzo miracolo di tenerli insieme. Ma di suo che pensa? E con lei tutti gli altri, gli Elio Germano, i Claudio Santamaria, le Fiorelle Mannoia.  
 
 
Sei un artista? Sei un comico? E allora fa il tuo mestiere, distinguiti, concediti il rischio di un guizzo, inventati qualche gag, qualche battuta alla vicepresidente incompetente oppure sii animalesco e volgare, dì che non ti piacciono le bucce d’arancia della Boschi o la conformazione del padiglione auricolare del premier. L’artista che parla come un politico di seconda fila è un rumore di fondo, inutile alla causa che vorrebbe servire.
 
 
Benigni vs Crozza
 
 
Roberto Benigni è per il sì perché  il no creerebbe sconquassi peggiori della Brexit. Molto opinabile ma quanto meno personale, sia pure detto con il solito sorriso a depistare. Subito s’è aperto il tiro al comico di regime. Replica al volo Maurizio Crozza: il paese è diviso in due tra chi vota sì alla riforma e chi l’ha capita, la battuta per una volta è felice (voto 8). Crozza è il no di fondo ma detto di sponda: è un contestatore timido che ha paura di essere contestato a sua volta. Quando la platea del teatro Ariston rumoreggiò e fischiò il suo ennesimo pistolotto morale contro Silvio Berlusconi, ci rimase male, cadde da cavallo, paralizzato al punto di non sapere più cosa fare.
 
 
Sui due, la rete si è ovviamente accesa. Chi ha chiesto l’arbitraggio del supremo Checco Zalone, un fake di Enrico Mentana ha annunciato la tenuta di un vero faccia a faccia. Insomma anche questa è finita in burla.
 
 
La fialetta puzzolente l’ha lanciata il cattivissimo Brunetta: anche Benigni tiene famiglia. Mah. Benigni ha soldi, la moglie Nicoletta pure, hanno successo da tempo immemore e non hanno certo bisogno del governo per lavorare o spuntare un cachet Rai. E poi Bob ha un secondo lavoro a tempo parziale, di solito al pomeriggio, che gli rende molto: il ramino pokerato. Non sedetevi mai al tavolo con lui, vi spennerebbe con talento e formidabile cattiveria.
 
 
Salvini e Boschi
 
 
E’ andato in onda il secondo faccia a faccia tra giocatori di prima fascia: Salvini contro Boschi, venerdì sera a Otto e mezzo, su La7, ormai rete anfiteatro. Ha vinto la Boschi 2 a 0, meno nettamente di quanto Renzi abbia vinto su Zagrebelsky, ma ha vinto largamente. La ministra è sembrata meno botticelliana, meno avvolgente, più asciutta e grintosa. E poi ha detto che tifa Milan, virtù definitiva (voto 9).
 
 
Oddio, anche Salvini è del Milan e da più lunga pezza: ce l’ha messa tutta, si è impegnato e non avrebbe nemmeno demeritato (voto 5) se si fosse trattato di una gara di decathlon e non dei soli cento metri piani. E’ che non gli fa bene quella perenne espressione da studente fuori sede e fuori corso prestato alla politica: visto che ognuno a quaranta anni è responsabile della faccia che ha, almeno tagli quella barba squadrata da alpino.
 
 
Marino, Cota e altri cento
 
 
Appena assolto, Ignazio Marino torna a bomba: l’ex sindaco annuncia un giro d’Italia per spiegare le ragioni del no (voto 3). Torni in America, vada dove vuole ma la smetta con la politica, non è cosa per lui. Più sobrio e molto meno iattante l’altro assolto eccellente del giorno, l’ex governatore del Piemonte, il leghista Cota (voto 6). Due assoluzioni che si aggiungono alla lunga lista di imputati a vario titolo in "mafia capitale" la cui posizione è stata archiviata. E ora ci dicono che anche i magistrati possono sbagliare. Ma per favore.  
 
 
Grillo talpa
 
 
Parola d’ordine della settimana in casa 5 Stelle: garantire il garante. Grillo starebbe bene ma è  preoccupato perché riceve una querela al giorno. Allora per proteggere se stesso e proteggere il Movimento che poi è la stessa cosa, invece di risparmiarsene qualcuna tenendo un comportamento più ammodo, stando un po’ zitto e magari studiare, ha deciso di modificare il non statuto del suo non partito. D’ora in poi la decisione di espellere “cazzoni” malintenzionati di passaggio sarà affidata a tre probiviri, cui lui potrà affiancarsi ma anche no. I tre saranno scelti online dai 134 mila iscritti di vecchio conio, se non che il quorum per le modifiche statutarie è il 70 per cento e uno score così alto non è mai stato raggiunto nelle votazioni in rete. Fidiamo però nella natura diversamente aliena del militante perché affluisca in massa e tre sconosciuti possano finalmente fare cose che non si fanno più da molto tempo in nessun altro partito d’occidente. Questa sì che è una rivoluzione.
 
 
Contro Renzi, il leader ha citato il Financial Times che recentemente ha scritto che le riforme del governo rischiano di essere “un ponte verso il nulla”. Ma come, proprio lui cita un giornale che è punta di diamante del lobbismo finanziario, del potere sovranazionale e antinazionale, un megafono di JP Morgan e quindi ispiratore di complotti contro la democrazia italiana? Ben scavato, vecchia talpa (voto 4).  
 
 
Roma, ora puoi fare la stupida
 
 
Sta benino anche la Raggi, la squadra è al completo o quasi, mancano ancora due incarichi di seconda fila, interni alla macchina amministrativa del comune. Finalmente possono mettere mano al programma. Solo che un programma vero e proprio non c’è: c’è onestà e trasparenza e come mi ha detto un giovane tassista “questi so’ talmente trasparenti che non si vedono”. In campagna elettorale la candidata se ne uscì con la storia che la gerarchia degli interventi l’avrebbero stabilita i cittadini. Insomma la Raggi non sa dove andare ma ci va ventre a terra (voto 3).
 
 
Numero del diavolo
 
 
Le copie in distribuzione del film “Inferno” di Ron Howard con lo stoppaccioso Tom Hanks nel ruolo del professor Langdon saranno manco a dirlo 666, numero altamente demoniaco. Il terzo film tratto dai romanzoni di Dan Brown si svolge tra Firenze, Venezia e Istanbul, con la pretesa di portarci dentro la maschera funeraria di Dante e svelarci il mistero della scritta “Cerca trova” che si legge su una bandiera dipinta nell’affresco “La battaglia di Marcian..."
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