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Per cambiare idea sul referendum costituzionale a Berlusconi basterebbe pensare al 2006

Marco Taradash

La riforma della Costituzione proposta dal Cav. fu vittima della sconsideratezza maligna della sinistra. Da allora sono passati dieci anni di immobilismo. E non ne abbiamo a disposizione altri dieci. Ci scrive Marco Taradash.

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Il direttore del Foglio, Claudio Cerasa, ha invitato su queste colonne l’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi a cambiare idea, a sostenere il referendum costituzionale di ottobre e a non confondersi all’Italia degli Zagrebelsky, dei Grillo, dei Travaglio, degli Ingroia e dei professionisti del no. Non si può dire di no a una legge che non è perfetta, ovvio, ma che sterilizzerà il potere dei giudici, metterà in un cassetto i veti delle minoranze, rafforzerà i poteri del premier, darà più stabilità ai governi, metterà gli elettori nelle condizioni di scegliere da chi farsi governare. Chi lo condivide ci scriva qui: forzareferendum@ilfoglio.it.

 


 

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Al direttore - Uscito a spallate dalla piazza leoncavallina dell’antagonismo populista e sovranista, prima non andando a votare al referendum per allodole sulle trivelle, poi abbandonando all’ambizione lepenista la candidata di Salvini a Roma, ora Berlusconi deve fare l’ultimo passo per rientrare davvero nell’area di governo (alternativo, in prospettiva). Non gli sarà difficile cambiare idea sul referendum costituzionale – magari dopo le amministrative. Gli basterà far mente locale a quanto avvenne nel 2006, dieci anni fa. Una riforma costituzionale piuttosto confusa e bisognosa di correzioni ma con decisivi aspetti positivi (rafforzamento dei poteri del premier, sottrazione della fiducia al Senato) che avrebbero dato una bella raschiata alla ruggine costituzionale fu facilmente affossata, per puro odio antiberlusconiano, dal blocco delle sinistre. Dopo di che cosa abbiamo avuto? Dieci anni di fermo immagine e un meccanismo decisionale sempre più bolso, burocratizzato e incapace di riformare in profondità, e in certi settori neppure in superficie, quei pezzi dello Stato che rappresentano il motore, in retromarcia, del declino italiano. Se mai ci fosse o ci sarà in Italia una volontà riformatrice accompagnata da ostinazione decisionale, a Costituzione immutata, a bicameralismo perfetto (nel dilatare i tempi e smussare i provvedimenti), fallirà ancora. E non abbiamo altri dieci anni di tempo per evitare all’Italia l’abbraccio illiberale e anticapitalista fra sovranisti di destra, di sinistra e di dove capita. Berlusconi fu vittima nel 2006 della maligna sconsideratezza della Sinistra, che in quel modo però codificò la propria inettitudine al governo. Con inquieta fiducia ci attendiamo che Berlusconi non ne ricalcherà le orme.

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