Uber no grazie. Così Renzi ha deciso di regalare una vittoria ai tassisti
Doveva essere il terreno sul quale mostrare un qualche lampo di riformismo, una qualche luce sul tema delicato e tabù delle liberalizzazioni. E invece no, niente: ancora una volta, la partita del trasporto urbano, la sfida tra Uber e taxi, segna una vittoria piuttosto clamorosa dello spirito corporativista su quello riformatore. Cosa è successo? Riavvolgiamo il nastro. La giornata di oggi, venerdì 18 marzo, sarebbe dovuta essere una giornata da lupi, per il governo e per gran parte dell’Italia: i tassisti, alcune settimane fa, avevano deciso di convocare uno sciopero nazionale contro “la deregolamentazione del settore” e avevano minacciato di bloccare le grandi città qualora il governo avesse concesso qualcosa a Uber e alle auto a noleggio con conducente.
“Le rassicurazioni ricevute in sede di incontro con Mit e Mise – ha scritto uno dei leader della protesta dei taxi, Claudio Giudici, uomo forte dei tassisti di Firenze – vanno ben oltre quanto, per sedicenti motivi di opportunità nei rapporti tra istituzioni, essi abbiano potuto mettere nero su bianco nel loro comunicato”.
Il Mise e il Mit assicurano che il tema è solo rimandato e che il dossier è rinviato a una futura legge delega che disciplinerà il settore. Ma le rassicurazioni del governo questa volta sembrano fragili.
La liberalizzazione del trasporto pubblico è da due anni che si trova sul tavolo di Renzi. Nel 2015 è stata rinviata per questioni legate all’Expo (visto mai ritrovarsi con i taxi milanesi incazzati in concomitanza con l’Esposizione universale). Nel 2016 è stata rinviata una seconda volta per questioni legate al Giubileo (visto mai ritrovarsi con i taxi milanesi incazzati in concomitanza con l’arrivo dei pellegrini nella Capitale). E oggi, a metà 2016, la riforma viene ancora una volta rinviata per ragioni, ovviamente, legate al consenso (e non a caso nessun avversario di Renzi, sempre per questioni legate al consenso, ha colto l’occasione per sottolineare lo scarso coraggio di Renzi contro i taxi: in campagna elettorale i tassisti, si sa, fanno paura a tutti). Si capisce che Renzi sia preoccupato e che non scalpiti per sfidare a singolar tenzone i tassisti alla vigilia di un voto delicato come quello di Roma e di Napoli. Si capisce meno la ragione per cui il presidente del Consiglio non consideri ancora una priorità il tema delle liberalizzazioni.
Si potrebbe dire che il problema non esiste e che se ne parlerà dopo le amministrative. Ma dopo le amministrative ci sarà il referendum. Dopo il referendum ci sarà il G7. Dopo il G7 ci saranno le elezioni. E dunque è facile pronosticare che nella sfida tra governo e taxi alla fine, ancora una volta, saranno i secondi a prevalere sui primi. Brutto segno, caro presidente.