Gli scazzi, da senior, dei Giovani Democratici

David Allegranti
Oggi sono scaduti i termini per la raccolta firme per le candidature. A marzo ci sarà il congresso nazionale dei GD per trovare il successore di Andrea Baldini. Spaccatura tra i Giovani Turchi per la doppia candidatura. E si litiga sul metodo di votazione.

Roma. Giovani Turchi contro Giovani Turchi. A marzo ci sarà il congresso nazionale dei Giovani Democratici per trovare il successore di Andrea Baldini, attuale coordinatore-reggente scelto nel 2014. A sfidarsi saranno due Giovani Turchi, la componente che fa capo al diversamente renziano Matteo Orfini e che nei Gd è maggioritaria: Mattia Zunino, responsabile Formazione Politica e Diritti, figlio dell’ex parlamentare Massimo Zunino, dal 2014 presidente di Mistral Air, la compagnia aerea di Poste Italiane, e Dario Costantino, coordinatore della Federazione degli Studenti. Per qualche tempo s’era affacciata anche l’ipotesi, poi svanita, di un terzo candidato, Michele Masulli, responsabile Esteri dei Gd.

 

La spaccatura nella “famiglia” dei Giovani Turchi, come viene chiamata tra i giovani del Pd, non è affare solo da ragazzi. Zunino è sostenuto dal coordinatore uscente, Baldini, che avrebbe voluto una candidatura unitaria e che non può ripresentarsi perché tra poco compie 30 anni, e dal suo vice Davide Ragone, che è tra i leader di Future Dem - i giovani renziani - e lavora nell’ufficio del ministro Maria Elena Boschi. Costantino invece è sostenuto, fra gli altri, dall’ex segretario dei giovani, Fausto Raciti, oggi deputato e segretario regionale del Pd in Sicilia.

 

I giovani sembrano aver imparato subito l’arte di far politica dai grandi. Il regolamento del congresso, pubblicato pochi giorni fa, pare fatto apposta per allontanare potenziali partecipanti al congresso. “E’ paradossale - dice al Foglio un giovane dirigente del Pd - che sia proprio la formazione giovanile del partito di Renzi, leader che teorizza la massima apertura, a restringere la partecipazione”. Potranno votare gli iscritti nel 2015, c’è scritto nel regolamento, “più gli aderenti ai Giovani Democratici registratisi secondo le modalità normate dal presente regolamento e dagli allegati presentati”. L’adesione però può avvenire soltanto per via telematica e attraverso carta di credito (2 euro). “Verrà accettata l’adesione di ragazzi il cui pagamento della quota venga versato dalla loro carta o da quella di un membro del nucleo familiare. Non sarà possibile pertanto tesserare in blocco gruppi di iscritti non muniti di strumenti di fatturazione elettronica”. Il voto poi sarà ponderato: quello degli iscritti varrà 1,5, mentre quello degli aderenti peserà di meno e varrà 1. Regole che stanno facendo discutere i Giovani Dem. Alcuni di loro hanno presentato un ricorso alla Commissione Nazionale di Garanzia. “Il pagamento esclusivamente tramite carta di credito per l’iscrizione all’albo degli elettori - ha spiegato Andrea Furegato, presidente della Consulta degli studenti di Lodi, presentando il ricorso - è discriminante (io non ce l’ho, come tanti miei coetanei), il voto ponderato (gli iscritti contano 1,5, gli elettori 1) è assurdo. Se si scelgono le primarie, che siano vere, aperte e partecipate. Siamo i Giovani Democratici, la giovanile più grande d’Italia e una delle organizzazioni più grandi d’Europa, di che cosa abbiamo paura? A quanto pare, di un sedicenne che vuole partecipare al nostro congresso, ma che non ha la PostePay”.

 

[**Video_box_2**]C’è agitazione insomma nei Gd. A dicembre si è dimessa la segretaria regionale della Campania, Antonella Pepe. “Quel che vedo non mi piace. Una organizzazione giovanile nazionale - ha scritto Pepe in una lunga lettera - che nel tempo di una reggenza transitoria si spinge oltre, fino a mutare la sua natura, sottende a un rischio democratico al proprio interno grave per il futuro dei giovani democratici. Perché a fare i conti con le nuove esigenze della nostra generazione avrebbero dovuto essere quei ragazzi, a cui, come unica missione, avevamo il compito di affidare e consegnare quel sogno. Ed invece abbiamo trasformato i giovani democratici, nei giovani del Pd, gli studenti in damerini, i portaborse in dirigenti, i precari in pessimisti, i fuori corso in falliti, ‘perché la politica non è un alibi’ tradendo quel mandato, tradendo la nostra storia, tradendo il sogno”.

 

Sono giovani, ma litigano già come gli adulti. E perdono pure voti come i senior: nel 2012 gli iscritti erano 50 mila. Oggi sono circa 25 mila.

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  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.