Armando Siri (foto LaPresse)

A colazione con il Belzebù di Salvini, demiurgo scravattato

Alessandro Giuli
Armando Siri, consigliere economico della Lega, ex craxiano, e la sua flat tax. Tra umanesimo e modernità

S’io fossi Matteo Renzi o Silvio Berlusconi (ma perfino Beppe Grillo!), uno come Armando Siri non me lo farei scappare. Quarantatré anni, una figlia ventunenne sempre presente sul salvaschermo del suo telefono cellulare (còre de papà, come diciamo noi qui, occhi grandissimi da bellezza extraterrestre), un passato remoto da pulcino craxiano ai tempi in cui lavorava da giornalista a Mediaset – “Bettino mi chiamava spesso, gli ero simpatico” –, una recente, ancor viva esperienza da fondatore di club politici per sovranisti (Partito Italia nuova), un presente che non ti aspetteresti: consigliere economico di Matteo Salvini, quello della Lega delle destre, quello delle felpe e dell’euroscetticismo, il provocatorio sostenitore della flat tax al 15 per cento su tutti i redditi da lavoro. Mi dico: ma non è Claudio Borghi, il teorico di BastaEuro, lo stregone leghista in materia economica? Sì, ma per l’emisfero nord, e poi Siri è un’altra cosa. Il progetto dell’aliquota abbattuta al 15 per cento, depositato in Parlamento dai salviniani, l’ha scritto lui e ricalca quello di Alvin Rabushka, professore della Stanford University. Dovrebbe piacere un po’ a tutti, perfino a coloro che lo accusano di incostituzionalità perché, dicono, non conforme alla fiscalità progressiva per tutti pretesa dalla Carta (in realtà progressivo lo è, se si considerano i nemmeno così complicati sistemi di deduzione).
Siri è interessante perché non dà l’idea d’aver bisogno della politica più di quanto invece la politica mostra un crescente riguardo nei suoi confronti. E’ un liberale genovese troppo patriota per fingersi mercatista apolide, genere Chicago Boys, è troppo colto per apparire un padano di complemento della vecchia guardia bossiana, è troppo scravattato per farsi incasellare in un partito azienda, è troppo educato per subire la marchiatura a freddo dell’antipolitica. Eppoi Siri ha una formazione teoretica e spirituale alle spalle (nel 2013 ha pubblicato il saggio politico-filosofico “La luce e l’ombra – consapevolezza e responsabilità dell’Uomo all’alba di una nuova epoca”) e irradia parole pulite, chiare, che hanno aiutato la Lega a superare il vecchio localismo claustrofobico per dilatarsi in una dimensione nazionale.

 

La settimana scorsa Siri era a Messina, a discettare d’infrastrutture, quadranti economici, rotte commerciali, cose poco filosofiche in apparenza: “In piena primavera araba – mi dice durante una colazione romana, cursoria e amichevole – gli egiziani hanno raddoppiato il Canale di Suez, da cui partono 30 milioni di container verso l’Europa. Ma invece di far tappa in Sicilia, queste merci aggirano l’Italia, dirigono verso Gibilterra dove la Spagna ha creato un corridoio infrastrutturale adeguato, e poi transitano per Rotterdam e Amburgo. Ti pare una cosa normale?”. Purtroppo sì. “E invece no, occorre un piano strategico nazionale per il Sud, non soltanto per il Ponte sullo Stretto, e noi questo piano lo stiamo elaborando”. Noi con Salvini. “Lui l’ho conosciuto ai tempi della candidatura di Roberto Maroni alla presidenza della Lombardia. Non è la figura rozza dipinta dai media, ha un ego permeabile ai buoni consigli, sa ascoltare con leale sincerità e, cosa più importante, mostra un coraggio intuitivo che Renzi non ha”. Reclamo un esempio. Risposta: “Era dai tempi delle Frattocchie, il centro di selezione politica del vecchio Pci, che non s’investiva tempo e cura per una Scuola di formazione politica con tanto di docenti veri, dispense, tutor eccetera. Ecco, ora questa scuola c’è ed è di altissimo livello”. Capisaldi ideali: destra e sinistra sono “emisferi chiamati a comunicare e collaborare, come avviene nel luogo mediano del cervello chiamato corpo calloso, altrimenti diventano spastici e si annientano a vicenda”. Fuori dalla metafora neuroscientifica? “Basta con la nevrosi delle etichette”. E’ un concetto abbastanza renziano, o forse, più semplicemente, in maggior sintonia  con i tempi ultimi. Mi è capitato di scrivere poco tempo fa che il principe fiorentino ha traslocato le tradizionali linee di faglia lungo un asse ludico-generazionale. Non più sinistra/destra ma: modernità/populismi, politica/anti politica, fare/gufare, velocità/inerzia, smart dress/velluto, Sky Atlantic/Intervallo Rai in bianco e nero, fancazzismo/muso lungo. Nel caso di Renzi è la base antropologica per un esercizio inesorabilmente consapevole del potere. Il fenomeno Siri-Salvini s’inscrive piuttosto bene in questo schema, però ambisce a quella profondità programmaticamente estranea al renzismo, inteso qui come prosecuzione del berlusconismo con mezzi più leftist e carte d’identità virginali o quasi. Siri concorda, di massima, ma la cura della schizofrenia contemporanea per lui non è anti o post-politica, come lamentano i nemici di Salvini (e gli scettici non chiodati, come noi qui al Foglio), è pre-politica. Ovvero? “Ogni stato, e qui parliamo dell’Italia, è definibile nel suo insieme come un organismo sociale, quindi obbedisce alle stesse leggi dell’organismo individuale. Oggi il nostro macro-organismo è afflitto da una malattia autoimmune che deve essere curata a partire dal micro-organismo”. Mi assumo la responsabilità della parafrasi: non siamo in grado di gestire nella corretta misura, in forma univoca e concorde, l’eccesso di aggressioni patogene esterne (crisi economica, conflitti religiosi, pressioni migratorie, sfide tecno-industriali) e così finiamo per rivoltarci contro noi stessi, come fanno i globuli bianchi troppo incazzosi.

 

[**Video_box_2**]Allora bisogna anzitutto “risanare l’individuo, dandogli conoscenza, consapevolezza, capacità di riconquistare le proprie radici, compito cui chiese e religioni in Italia sembrano aver abdicato”. Ecco il punto di sintesi, il corpo calloso dell’Italia: “L’uomo italico, prima ancora che il suddito di un re che non c’è più, il cittadino di una res publica in dissoluzione, il consumatore di un mercato onnipervasivo”. L’uomo: vaste programme. Non si ricorda più, a memoria di giornalista (ma i giornalisti hanno memorie labili), qualcuno che si occupi di politica ripartendo dai fondamentali. Tipo dall’umanesimo, dalla centralità dell’uomo cosmico rinascimentale, l’anelito a una coscienza superiore che non è di destra né di sinistra ma sta tra Leon Battista Alberti e Machiavelli. “Se tu non ti poni come principale obiettivo quello di ripristinare nell’uomo un centro di gravità permanente, un discorso di verità che affonda nella memoria ancestrale del popolo ma che sia in grado di vincere gli atavismi peggiori, e qui penso ad alcuni tratti nel meridione italiano, non raggiungerai alcun risultato”. E qui, l’azzardo è mio, indovino più che Salvini lo sciabordio carsico dell’insegnamento gurdjieffiano (da Georges Ivanovic Gurdjieff, maestro atlantideo otto-novecentesco). Una vera scuola che forma interiormente, uomini che diventeranno esempi, quindi idee-forza incarnate, infine chissà…