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Illazioni su una cravatta

Maurizio Crippa
Che poi non era granché, blu con pallini bianchi, molto cumenda; portata sopra i jeans, non il massimo della svolta istituzionale. Ma almeno non era verde-leghista d’ordinanza, come quella indossata sul nudo petto italico per una famigerata copertina.
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Che poi non era granché, blu con pallini bianchi, molto cumenda; portata sopra i jeans, non il massimo della svolta istituzionale. Ma almeno non era verde-leghista d’ordinanza, come quella indossata sul nudo petto italico per una famigerata copertina. E, va detto, non era nemmeno la prima volta che la indossava, la cravatta con la giacca, Matteo Salvini. La novità era forse che, non essendo il rozzo politico che in troppi si ostinano a dipingere, il segretario federale della Lega nord per una volta ha preso atto della platea, ha provato a mettersi nei suoi panni raccordando temi e parole al linguaggio degli ospiti, offrendosi al bel mondo dell’economia non come un unno, ma come un possibile competitor per il governo. Così dunque, oltre a spiegare che l’abolizione della Tasi la voterebbe subito (e ti pareva: davanti a una platea di sfegatati renziani), che vorrebbe la flat tax, ha bocciato “il Patto di stupidità” e che i miliardi fermi nei Comuni “sono diventati 20 e vanno sbloccati, anche se qualcuno a Bruxelles potrebbe arricciare il naso”. Soprattutto, il Salvini di governo ha detto: “Non contiamo di arrivare al governo parlando di ruspe nei campi rom. Non è l’unico né il principale problema italiano, sennò non sarei qui a parlare con voi”. E inoltre: “Mi sto circondando di buoni consiglieri e ne avremo bisogno di altri”. Ha avuto anche il tatto (sempre davanti a una platea di sfegatati renziani era) di accennare un mea culpa: “Siamo stati anche noi al governo con Berlusconi, il centrodestra ha le sue colpe, ora però quei soldi vanno sbloccati. E il governo non lo fa”.

 

La novità è il tentativo di meglio raccordarsi con l’economia, con il mondo dei paròn, con un pezzo della tradizionale base elettorale del centrodestra che è fatta anche di molti paròn. Il problema resta poi quello di raccordarsi con se stesso, con la sua versione ruspante e ruspaiola. Nemmeno venti ore dopo (“non vi preoccupate, giacca e cravatta me le tolgo appena posso”) Salvini era già tornato quello di sempre: “Un presidente del Consiglio che usa un bambino per la sua campagna elettorale è un verme. E’ squallido insultare chi chiede regole certe”, è sbottato. Certo, Renzi aveva detto che sull’immigrazione lui combatte “non le destre, ma le bestie”, e non era un  complimento, per uno che ha fatto lo sforzo di mettersi la cravatta. Ma il problema di decidere il vestito, per ora, ce l’ha Salvini.

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