Il vescovo Eric de Moulins-Beaufort, presidente della Conferenza episcopale francese, alla pubblicazione del rapporto Ciase (LaPresse)

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Se gli abusi non li racconta Dostoevskij, la voce delle vittime è l'unica da ascoltare

Adriano Sofri

La letteratura è una cosa, il rapporto della commissione sulla pedofilia nel clero francese è un'altra. Ascoltare la versione la versione degli autori e delle autrici delle violenze non è suo compito. Perché il vero scandalo è l'ipocrisia, ed è necessario che venga smascherata

Accenno un’obiezione alle obiezioni di Giuliano Ferrara al rapporto francese sul clero pedofilo, che dichiara 216 mila ragazzi e ragazze abusati da preti e suore fra il 1950 e il 2020. Il rapporto, letto e citato da Giuliano, dichiara di “mettere al centro le vittime”. “Nei mesi – vi si legge – una convinzione si è imposta: le vittime detengono un sapere unico sulle violenze sessuali e solo loro sono in grado di farci accedere all’oggetto perché possa essere restituito. Di conseguenza è la loro parola che serve da filo conduttore al rapporto della commissione. È grazie a loro che il rapporto ha potuto essere concepito e scritto. È grazie a loro, e non solamente grazie a chi ha fornito a noi il mandato, che il lavoro è stato fatto”. “Nei mesi”, si sottolinea, vuol dire che “tutto ciò non è stato programmato all’origine”.

Penso che l’affermazione in cui si compendia l’ingente operato della commissione francese, “le vittime detengono un sapere unico”, sia insieme verissima e parziale, perché c’è almeno un altro sapere altrettanto unico benché tanto diverso, ed è quello degli autori e delle autrici delle violenze. La loro parola manca, se non in rarissime occorrenze, perché le confessioni sono più costose delle accuse, costosissime anch’esse. È la ragione per la quale Dostoevskij campeggia nella grande letteratura ottocentesca. “Sembra provare la stessa pena del delinquente e la stessa soddisfazione del giudice”, scrisse Lu Hsun nel 1935. Soprattutto sembra provare la stessa pena della bambina abusata e lo stesso piacere torbido del suo carnefice, e questa duttilità gli procurò sospetti e accuse esplicite.

Quando un rapporto viene redatto da una commissione ufficiale e non da un gran romanziere, la voce delle vittime è la sola da ascoltare. Alla Chiesa si dovrebbe poter chiedere che sia capace di ascoltare e riferire le voci opposte, è il suo mestiere, si direbbe: quello all’ombra del quale gli abusi si consumano. Ma la Chiesa non è neutra, specialmente in questo campo. E le notizie enormi e senza fine sulle violenze insinuano, col favore dell’aria del tempo, l’immaginazione che la Chiesa sia stata e ancora resista a essere, nella sua essenza intima, una colossale organizzazione ecumenica per l’uso e l’abuso sessuale dei minori. Terribile destino, per un annuncio che mise al centro la predilezione per i bambini. Il regno di Dio è per coloro che a essi somigliano. È a loro che non bisogna dare scandalo, e il vero scandalo è l’ipocrisia, ed è necessario che venga smascherata.