Liliana Segre (foto LaPresse)

Piccola Posta

L'onore di votare come Liliana Segre

Adriano Sofri

Nemmeno il viaggio romano “misto di senso del dovere e di indignazione civile” della senatrice a vita sembrerebbe bastare a Renzi e colleghi per motivare un voto di fiducia
 

Che Italia viva avesse un solo modo, e pressoché obbligato, per rattoppare la cosa – votare per il governo gratis, restandone fuori – era troppo evidente perché venisse riconosciuto dagli interessati. Assicurare il voto favorevole a prossimi provvedimenti governativi – ristori, scostamento – è un’ulteriore bizzarria, quando si creda, o si finga di credere, che il governo non ottenga la maggioranza e dunque non arrivi a vararli, quei provvedimenti. E’ vera per tutti, e non solo per Renzi e i suoi, l’attitudine che si definisce capricciosamente infantile, benché i capricci dei bambini siano in genere più motivati e meno vanesii, a pronunciare frasi ultimative e restarne sequestrati: “Il Mes, mai”, “con Renzi, mai più”, salve prescrizioni improvvise, che mutano i voltagabbana in volonterosi.

 

 

Solo un infantilista puntiglio impedisce ai parlamentari di Italia viva di votare per il governo restandone dignitosamente fuori, salvando senz’altro la legislatura e svuotando di senso il mercato dei traslochi. Detto questo, a una politica benintesa, capace di cordialità oltre che di ragionevolezza, basterebbero le parole con le quali la senatrice Liliana Segre ha spiegato la decisione di venire a Roma a dare il suo voto, senza aspettare il vaccino. Davvero non sembrerebbe sufficiente, a Renzi e colleghe e colleghi, a motivare un loro gratuito voto di fiducia, l’onore e il piacere di votare come Liliana Segre? (E davvero non li turba, per oggi e per dopodomani, il pensiero di aver indotto Liliana Segre al suo viaggio romano “misto di senso del dovere e di indignazione civile”?)

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