I soldati americani in missione a Mosul in Iraq (Foto LaPresse)

L'ipocrisia dell'America con i curdi

Adriano Sofri

Gli Stati Uniti sperano che “i turchi non massacrino” i curdi siriani dopo il ritiro delle truppe. Ma questa preoccupazione nasconde un inganno

Il viavai di dichiarazioni perentorie e smentite caute e aggiustamenti a proposito del ritiro dei 2.000 militari americani dalla Siria, passato attraverso le tappe del ritiro entro il mese, poi in quattro mesi, poi a data da destinare, ha avuto una “precisazione” degna di nota giovedì in un’intervista del segretario di Stato Mike Pompeo. Pompeo ha detto testualmente che gli Stati Uniti vogliono assicurarsi che “i turchi non massacrino” (“slaughter”) i curdi siriani. Dunque l’amministrazione americana, per bocca del suo maggior responsabile internazionale, è persuasa che allo stato dei fatti il suo ritiro comporti “il massacro” dei curdi.

Evidentemente la telefonata fra Trump ed Erdogan non si era intrattenuta su questo dettaglio. Impudenza per impudenza, ieri il ministero degli Esteri turco ha accusato Pompeo di aver fatto mostra, nella migliore delle ipotesi, di una “preoccupante ignoranza”, identificando i “terroristi” delle “Unità di protezione del popolo” (Ypg) con la gente curda, che la Turchia “continuerà a proteggere”. Com’è noto, i “terroristi” delle Ypg sono stati il nerbo della forza che sul terreno ha combattuto e sconfitto lo Stato islamico, con l’appoggio aereo della coalizione guidata dagli Stati Uniti. Dopo il primo annuncio di smobilitazione di Trump i combattenti curdi hanno già abbandonato Manbij, posizione strategica che avevano strappato all’Isis al confine con la Turchia, ora occupata dalle truppe di Assad. Un paio di settimane fa Pompeo aveva sostenuto di “confidare che i russi e i turchi avrebbero onorato i loro impegni”. La frase di Pompeo sul “massacro”, che appare come un ripensamento realistico e una preoccupazione per gli alleati curdi, suona in realtà candidamente cinica.

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