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Il mondo si svegli davanti al calvario di Asia Bibi

Adriano Sofri

Milioni di picchiatori e linciatori sono scesi in strada per aggredire la donna accusata di blasfemia in Pakistan. Tutti noi stiamo assistendo senza fare nulla

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I giornali danno notizia di un’aggressione a qualcuno, malvisto per il suo aspetto, la sua origine, durante la quale nessuno degli astanti interviene a sua difesa. Oppure sì, una interviene, e poi dice amaramente: “Nessun altro però mi ha aiutata”. Oppure, molto più raramente, intervengono più testimoni e riescono a impedire il pestaggio e gli insulti e a soccorrere la vittima. Ascoltiamo o leggiamo queste notizie e ci chiediamo come ci comporteremmo se capitasse a noi di assistere a una scena simile. Non è facile rispondere. Guardate che cosa succede attorno alla piccola signora Asia Bibi. Dopo otto anni di calunnie e di carcere duro, lontano dai suoi 5 figli e dal resto della sua famiglia, una condanna a morte, gli inviti ad abiurare alla propria fede cristiana e a convertirsi all’islam, il governatore di un grande stato come il Punjab, musulmano, e il ministro per le minoranze, cattolico, assassinati per aver difeso i suoi diritti, dopo un simile calvario la piccola Asia Bibi ha trovato nella Suprema Corte giudici – musulmani – illuminati e fedeli abbastanza da assolverla da un’accusa dall’inizio vergognosamente pretestuosa e superstiziosa.

 

E di nuovo a milioni i picchiatori, i linciatori, sono scesi in strada per aggredire la piccola signora, milioni, in Pakistan e fuori. Un pestaggio colossale che ha fatto cedere di nuovo lo Stato pakistano, vietare a lei, assolta perché innocente, di lasciare il paese, e assegnarla di nuovo, per difenderla dall’aggressione dei milioni, al carcere o a un altro isolamento coatto. Tutti noi, uno per uno, o i nostri governi, i nostri Stati, stiamo assistendo a questa aggressione di malviventi, a questo pestaggio di un’inerme, su una scala colossale. Non occorre che ci chiediamo che cosa faremmo se succedesse a noi di assistere. Stiamo assistendo. Come se fossimo in un autobus di periferia, di sera: il mondo.

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