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La provocazione della Polonia

Adriano Sofri

La manomissione della Corte suprema fa protestare l'Europa, che per intervenire avrebbe bisogno dell’unanimità dei paesi membri, compresi quelli sovranisti sciovinisti xenofobi e autoritari

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La liquidazione dello stato di diritto può essere insinuante. Oggi non resiste, ha le vele gonfie, sceglie di essere impudente. In Polonia il regime del partito Prawo i Sprawiedliwość, Diritto e Giustizia, che aveva già ridotto alla propria ragione la Corte Costituzionale, sta ora completando la manomissione della Corte Suprema. Una legge che abbassa da 70 a 65 anni l’età della pensione estromette di colpo 27 su 72 dei giudici in carica, e al tempo stesso porta il numero dei componenti a 100. Fra i “licenziati” c’è la signora Malgorzata Gersdorf, primo presidente della Corte Suprema. La legge prevede che i prepensionati facciano istanza al presidente della Repubblica, cioè al partito di regime, di essere mantenuti in servizio, forca caudina cui Gersdorf e altri dieci non si sono piegati. La gran maggioranza dei giudici ha bensì solidarizzato simbolicamente con lei, e decine di migliaia di persone stanno manifestando nelle piazze polacche. L’Europa protesta, ma avrebbe bisogno dell’unanimità dei paesi membri, e fra poco i paesi membri sovranisti sciovinisti xenofobi e autoritari, compresa la novissima Italia, saranno l’unanimità. L’impudenza della sfida polacca non potrebbe essere più esplicita e provocatoria: Malgorzata Gersdorf ha 65 anni, e il suo successore designato dal regime, Jozef Iwulski, ne ha 66.

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