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La storia attraverso lo sport e la politica

Adriano Sofri
Sono usciti poco fa due bei libri di importanti giornalisti che raccontano la storia attraverso due episodi di sport agonistico e politica agonistica. Uno è di Gigi Riva, quello dell’Espresso (nato nel 1959, 15 anni dopo l’altro), che torna alla catastrofe dell’ex Yugoslavia, dove fu appassionato inviato.
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Sono usciti poco fa due bei libri di importanti giornalisti che raccontano la storia attraverso due episodi di sport agonistico e politica agonistica. Uno è di Gigi Riva, quello dell’Espresso (nato nel 1959, 15 anni dopo l’altro), che torna alla catastrofe dell’ex Yugoslavia, dove fu appassionato inviato. Il suo libro si intitola “L’ultimo rigore di Faruk. Una storia di calcio e di guerra” (Sellerio). Il rigore fu tirato e mancato a Firenze, 1990, dal bosniaco Faruk Hadzibegic, capitano della Nazionale yugoslava, che perse così il passaggio alle semifinali del Mondiale di calcio a vantaggio dell’Argentina di Maradona. Come nei vecchi manuali di storia: il ventenne Gavrilo Princip sparò due rivoltellate e scoppiò la guerra mondiale. Faruk Hadzibegic sbagliò il rigore e scoppiò la guerra yugoslava. Ne parleremo un’altra volta. Il secondo libro è di Dario Cresto-Dina, vicedirettore di Repubblica, e si intitola “Sei chiodi storti” (66thand2nd). L’episodio è la conquista italiana della coppa Davis a Santiago 1976. Senza strafare e restando al tennis, racconta anche l’Italia di quegli anni, e la vasta mobilitazione per sventare una finale giocata nella capitale del Cile di Pinochet, accanto allo stadio sì e no ripulito da torture e massacri. Quello è lo scenario politico, poi ci sono i protagonisti: il capitano Pietrangeli e i giocatori, Panatta, Barazzutti, Bertolucci, Zugarelli. Un po’ amici un po’ – soprattutto – rivali, come gli eroi omerici, e omericamente Cresto-Dina li racconta, uno alla volta, in modo che il lettore li conosca e prediliga uno alla volta. (Se c’è una parzialità, è per i sei chiodi storti e arrugginiti che fanno il titolo, e stanno nella sacca di Panatta). Bella storia, che anche chi c’era un po’ non ricorda e un po’ ignora, perché si rifiutò di seguirla. E che Panatta e Bertolucci scendessero in campo per il doppio indossando di proposito magliette rosse è, a distanza di quarant’anni, una notizia. Ci volle un gran coraggio: pensate se avessimo perso, per giunta con quelle magliette rosse. Però vinsero. Vincemmo.
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