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Potere della musica

Russi e ucraini suonano vicini. È il miracolo della Pan-Caucasian Youth Orchestra

Mario Leone

La compagine che unisce artisti provenienti da Armenia, Azerbaigian, Georgia, Kazakistan, Russia, Turchia e Ucraina, partecipa al Festival di musica classica di Tsinandali, diretta da Andrea Noseda: "Un’emozione fortissima, è la medicina che cura le ferite"

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"Il 26 febbraio mi sono svegliato con il suono delle esplosioni. Non ci credevo: Kyiv, la mia città, era sotto l’attacco delle bombe russe e io dovevo decidere cosa fare”. Questo è il racconto di Grigoriy Ambartsumyan, violinista ventiduenne di origine armena ma cresciuto in Ucraina. Come lui, tanti artisti che sono rimasti in patria vivendo in rifugi o lottando per la propria terra. In questo pellegrinaggio di morte, Ambartsumyan ha portato con sé il violino e poche cianfrusaglie.

Ora con quello strumento suona insieme a tanti colleghi e amici scappati dall’invasione russa, accolti nel progetto della Pan-Caucasian Youth Orchestra, compagine che unisce ottanta artisti provenienti da sette paesi della regione del Caucaso tra il Mar Nero e il Mar Caspio e da alcuni stati vicini: Armenia, Azerbaigian, Georgia, Kazakistan, Russia, Turchia e Ucraina. Proprio in questi giorni, l’orchestra partecipa al quarto Festival di musica classica di Tsinandali, diretta dal nostro Andrea Noseda: “Vedere ragazze e ragazzi di regioni in conflitto tra loro suonare l’uno accanto all’altro – dice il maestro – ha provocato in me un’emozione fortissima. Dopo la pandemia l’orchestra si è ritrovata e sono oggi – soprattutto nel panorama turbolento di questi mesi – ancora più motivato a riprendere il lavoro per dimostrare che la musica è la medicina che cura le ferite e fa nascere tra le donne e gli uomini di ogni provenienza quella pianta meravigliosa che è la pietà”. 

 

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Proprio il Covid ha rallentato l’attività del Festival che ha dovuto programmare pochi concerti, per lo più da camera con e soprattutto senza l’orchestra giovanile. Due anni di silenzio che non ha scalfito però il sogno di tanti musicisti che, riaperte le audizioni per il 2022, si sono presentati alle selezioni pur consapevoli che la guerra avrebbe nuovamente potuto interrompere il progetto. 
Intervistato sulle colonne del New York Times, il giovane violinista Grigory Ambartsumyan dice: “Sono stati mesi difficili, ho perso tanti amici e da armeno e ucraino ho sofferto il doppio”. Ambartsumyan si riferisce al conflitto in Armenia e Azerbaigian nella zona del Nagorno-Karabakh e alla successiva guerra. L’Orchestra è un’oasi di pace. “Quando siamo seduti uno al fianco dell’altro – continua Ambartsumyan – non conta da quale regione arrivi; siamo tutti uguali, è la musica che ci unisce”. 

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Un miracolo che ricorda quello della West Eastern Divan Orchestra, fondata nel 1999 dal direttore Daniel Barenboim e dallo scrittore Edward Said con lo scopo di favorire il dialogo fra musicisti provenienti da paesi e culture storicamente nemiche, tutt’oggi una delle realtà orchestrali più importanti e attive nel mondo. Proprio a Barenboim spesso chiedono se la musica potrà salvare dalla guerra e dalla violenza. “Non sono ingenuo – dice il direttore di origine argentina ma con passaporto israeliano e palestinese – non penso che si possano risolvere tutti i problemi per mezzo della musica ma se la gente per qualche ora a settimana fa musica o l’ascolta, sicuramente avrà meno tempo per coltivare l’odio”. 
 

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