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Racconti grunge

L’autobiografia di Dave Grohl e un dubbio: ma Cobain non l’ha mai picchiato?

Stefano Pistolini

Rizzoli pubblica per l'Italia il libro del frontman dei Foo Fighters, antidivo del rock. L'idea di scriverlo arriva durante la pandemia, ma non aspettatevi rivelazioni shock

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Dave Grohl, il bravo ragazzo del grunge, racconta che da piccolo s’innamorò perdutamente di Sandi, la più bella della scuola. Dopo una settimana di fidanzamento, lei gli disse di non sentirsi pronta per una relazione stabile. Fu così che il giovane Dave, devastato dal dolore, decise d’immolare il resto della vita al rock’n’roll, arruolandosi negli Scream, la band della sua Virginia suburbana che portava le insegne dell’hardcore punk. Più di trent’anni dopo lo stesso Grohl, ormai stella venerata del rock Usa, non smette d’essere uno stagionato tipo perbene dei sobborghi e anche un padre affettuoso, che si sobbarca un viaggio aereo attraverso una dozzina di fusi orari per non perdersi il ballo scolastico in cui deve danzare con la figlia. Riuscendo pure ad arrivare in tempo, come in uno zuccheroso happy ending, non fosse che la luce dei suoi occhi all’uscita lo pianta in asso per andare a bere con gli amici e lui si becca un avvelenamento alimentare sul volo di ritorno per ricongiungersi alla band.

The Storyteller, l'autobiografia di Dave Grohl, frontman dei Foo Fighters

Questa è la vita secondo Grohl, che tra i due episodi citati ha trovato il modo di diventare il batterista dei Nirvana e il confidente di Kurt Cobain nonché, dopo il suicidio dell’amico, il bandleader-chitarrista dei Foo Fighters, campione di incassi e alfieri primari dell’ultimo rock da stadio americano. E questa “The Storyteller” (Rizzoli, 20 euro) è la sua autobiografia, che rifugge dal cliché del “vi dico tutte le porcherie a cui ho assistito: tenetevi forte!” e somiglia invece a una versione purgata della rock’n’roll life a uso degli adolescenti sognatori, come se Dave raccontasse le proprie peripezie al cospetto della sua intera famiglia riunita per il Ringraziamento (“Prima o poi vi dirò il resto”, scrive per fortuna accommiatandosi). Il fatto è che da un lato Grohl si è sempre dimostrato un Mida del rock, anche grazie alla sua attitudine positiva e antidivistica – e infatti il libro ha debuttato al primo posto delle classifiche di vendita non-fiction d’oltreoceano. D’altro canto, come dice il titolo, è uno col dono dell’intrattenitore e con uno scilinguagnolo che si riversa torrenziale nella pagina scritta, se è vero che prima che pronunci il nome Foo Fighters si è fatta all’incirca pagina 250.

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Dave Grohl e il rapporto con Kurt Cobain ai tempi dei Nirvana

All’origine del tutto c’è la pandemia: “Quando è arrivata, mi sono ritrovato con niente da fare e pieno di paure, per cui su Instagram mi sono inventato le @davestruestories, dove buttavo giù raccontini di cose che m’erano successe”, spiega lui stesso. “Quando ho capito che il Covid non se ne sarebbe andato presto, ho chiamato il manager e gli ho detto: se è così, è il momento di fare il mio libro”. E nello scrivere ha tenuto fede al suo primo comandamento musicale: non te la menare e vai dritto al ritornello. “Perché anche con le canzoni la cosa sempre da evitare è annoiare chi t’ascolta”. Perciò garantito che la lettura di “The Storyteller” è uno spasso, a patto che non apriate il libro sperando di trovarci rivelazioni sulla triste fine di Cobain, sulla lunga disputa legale con Courtney Love o sulle droghe che scorrevano a fiumi negli ambienti frequentati da Grohl lungo la carriera. Niente di tutto ciò: lui è il tipo pulito con un’adolescenza felice, una madre che l’ha incoraggiato a seguire i suoi sogni e con un carattere che l’ha fatto benvolere da tutti. Così è passato dalla venerazione per John Bonham, l’uomo dei tamburi nei Led Zeppelin, alle piccole band delle cantine di Washington, ai Nirvana, quando questi s’accorsero di quanto fosse bravo e pestasse duro.

Poi i primi guadagni (400 dollari: spesi per una console Nintendo) e gli inizi del successo, la sera in cui, nella stanza divisa con Kurt in un motel, s’accorsero che il loro video era arrivato su Mtv. Da lì, una vita da idolo perenne. Il tutto preso sempre per il verso giusto, col sorriso, la buona disposizione d’animo – in Svezia Dave si rompe una gamba tuffandosi dal palco, va in ospedale, si fa ingessare e torna in scena per finire il concerto – e un’unica dipendenza: quella dal caffè, che gli ha quasi procurato un infarto. Adesso beve decaffeinato e racconta una favola così pettinata da intenerire, ma che un po’ fa anche venire i nervi. Sarà che i cattivi hanno un fascino speciale, che gli autodistruttivi diventano leggende, che i divi ti fanno sospirare. Ma Dave, la rockstar della porta accanto, il Frank Capra del grunge, a fine lettura ti stuzzica una domanda: a uno come Kurt, con tutte le turbe che aveva, non è mai venuta voglia di tirargli un pugno in faccia?

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