I Daft Punk in concerto a Chicago nel 2007 (foto LaPresse)

il foglio del weekend

Quando finisce una band

Salvo Toscano

Lo scioglimento dei Daft Punk è solo l’ultimo di una serie che ha visto anche divorzi ben più tormentati e litigiosi

La notizia ha fatto rapidamente il giro del mondo il 23 febbraio scorso. E l’agenzia Ansa, nel batterla l’ha introdotta così: “E’ la fine di un’era”. Lo scioglimento dei Daft Punk, il più fortunato duo della musica elettronica internazionale, dopo ben 28 anni di carriera, è stato un colpo per i fan. Il duo francese che ha conquistato il mondo con successi diventati ormai classici, da ‘One More Time’ fino a ‘Get Lucky’, ha messo punto a un sodalizio cominciato nel 1993. I due, Thomas Bangalter e Guy-Manuel de Homem-Christo, hanno annunciato la fine della loro collaborazione con un video tanto sobrio quanto bello ed enigmatico, “Epilogue”, postato su YouTube. Un modo civile e soft per porre fine a un fortunato connubio. L’annuncio della separazione dei Daft Punk ha suscitato un mare di reazioni sui social, con una media di 32 tweet al secondo, secondo lo studio Visibrain. I due vecchi amici sono apparsi nell’ultimo video con le solite maschere da robot, il look con cui divennero rapidamente i paladini del cosiddetto French Touch, tra sonorità electro, house e techno, facendo ballare il mondo intero. Non sempre però l’epilogo della storia di un sodalizio artistico procede in modo così liscio. La storia della musica abbonda di storie di separazioni dolorose, tra liti, screzi, persino guerre di carte bollate.

Quando finisce una band spesso, così come quando finisce un amore, non ce le si manda a dire. Paradigma di tutte le separazioni tormentate fu quella della band per antonomasia. Che in teoria arrivò per mutuo accordo ma che maturò in un clima di incomprensioni e litigi che avvelenò i rapporti tra i due più carismatici esponenti del quartetto per qualche anno. Ovviamente si parla dei Beatles. Il sogno finì (John Lennon usò queste parole nella sua “God”) nel 1970. La data, rimasta nella storia della musica (e non solo della musica) è quella del 10 aprile, quando la fine della band venne annunciata al mondo, contestualmente all’annuncio del primo album solista di Paul McCartney. Il bassista mancino era arrivato ai ferri corti con gli altri membri della band, soprattutto con Lennon. I contrasti erano continui e insanabili. John, molto preso da Yoko Ono e dalle sue battaglie pacifiste, aveva già messo su una sua nuova band. Il nuovo manager scelto da Lennon, Harrison e Starr, Allen Klein, non andava a genio a McCartney, che voleva per quel posto il suocero. Insomma, i Favolosi Quattro quando ad aprile il mondo seppe che non esistevano più come gruppo, avevano già rotto nei fatti da un pezzo. E se ne dissero quattro nei mesi a venire. Lennon colse dei riferimenti velati a lui e alla moglie in una canzone dell’ex socio e incise nel suo album “Imagine”, che festeggerà cinquant’anni a breve, una velenosissima ed esplicita canzone contro Paul, “How do you sleep?”, in cui diceva peste e corna dell’ex socio e amico, con tanto di assolo di chitarra di George Harrison (le cui tensioni con Paul apparvero visibili nel film-documentario “Let it be”, girato nel 1969, che uscì a band già sciolta). Tra le altre cose Lennon cantò al socio “l’unica cosa che hai fatto è stata Yesterday” e “il sound che fai è musica scadente da ascensore alle mie orecchie”. Poi, passò un po’ d’acqua sotto i ponti, gli screzi furono dimenticati, e tornò il sereno tra i due più grandi compositori di canzoni di ogni tempo. Ma ci vollero anni.

E sì, le pop star litigano. Anche se sono come fratelli, come Lennon e McCartney, sulla cui simbiosi sono stati scritti fiumi di inchiostro. O, ancora peggio, quando sono fratelli davvero. Come Liam e Noel Gallagher, i ragazzacci terribili di Manchester anima degli Oasis, la band del Britpop anni Novanta di maggior successo. I litigi e i battibecchi fra i fratelli Gallagher sono celeberrimi. Liam, cantante, e Noel, chitarrista e autore delle canzoni, sono andati avanti così per una vita. Fino allo scioglimento definitivo della band nel 2009. Già ad agosto di quell’anno i due erano quasi finiti in tribunale, quando un loro concerto era stato cancellato per una laringite di Liam, ma Noel disse che il fratello aveva solo i postumi di una sbornia. Liam pretese scuse pubbliche che arrivarono. Ma il divorzio fu solo rimandato di poco, quando un concerto parigino venne annullato all’ultimo minuto e il manager della band dovette ammettere che gli Oasis semplicemente non esistevano più. Noel Gallagher spiegò la faccenda in modo molto diretto con un messaggio sul suo sito Internet: “Lascio gli Oasis stasera. La gente scriverà e dirà quello che vuole ma io semplicemente non potrei lavorare con Liam un solo giorno ancora”. Da allora fan e nostalgici sperano che prima o poi tra i due fratellini torni il sereno. Alle volte, la goccia che fa traboccare il vaso può essere persino la politica. Accadde agli Eagles, quando Don Henley e Glenn Frey decisero di usare la band per promuovere una campagna politica, destando l’ira degli altri membri del gruppo californiano. Frey e Felder si promisero per un intero concerto di prendersi a vicenda (letteralmente) a “calci in c.”: era il luglio del 1980. La band americana si sciolse in quello stesso anno. Altre volte, invece, come accade anche nelle migliori famiglie, si litiga per i soldi. Quel “money” che Paul McCartney tirò in ballo in una delle sue ultime canzoni coi Beatles, “You never give me your money” (Non mi dai mai i tuoi soldi), che parve riferita al manager Klein che non gli andava giù.

Per i soldi, e per il principio per carità, litigarono per anni nelle aule di tribunale gli Spandau Ballet. La band inglese new romantic che aveva spopolato negli anni Ottanta si sciolse nel 1990. Ma i suoi membri, prima di tornare a suonare insieme molti anni dopo, per anni si diedero battaglia tra carte bollate e ricorsi a proposito dei diritti d’autore. Tony Hadley, Steve Norman e John Keeble fecero causa a Gary Kemp, il chitarrista che aveva firmato tutti i successi del gruppo, per ottenere una fetta delle royalty. Alla causa civile non si unì l’altro membro della band, Martin Kemp, fratello di Gary (i due evidentemente avevano rapporti meno turbolenti dei Gallagher). “Non eravamo un gruppo democratico, ma gerarchico – spiegò al giudice Gary Kemp (che l’ebbe vinta) -. Non eravamo grandi musicisti, quindi era importante che risultassimo compatti. C’era sempre qualcuno che si assumeva la responsabilità in un campo specifico, perché eravamo molto litigiosi - in particolare sul fatto che Tony ingrassava. Mio fratello Martin aveva l’ultima parola sul look del gruppo. E io pensavo alle canzoni. Steve Norman, che era il musicista più istintivo tra noi, pensava agli assolo – ma a comporle nella loro interezza ero io. Quindi i soldi fatti con le canzoni mi spettano”. Solo nel 2009 tra i londinesi di “Through the barricades” riscoppiò la pace per una reunion apprezzata dai fan più nostalgici. Alle volte, il dramma separazione segue alla tragedia della morte. Ci sono lutti che non si riescono a superare. I Led Zeppelin, ad esempio, scrissero la parola fine alla loro gloriosa storia il 4 dicembre del 1980 (quattro giorni dopo sarebbe stato ucciso John Lennon), dopo la morte di John Bonham, batterista della band, che aveva seri problemi con la sua dipendenza dall’alcol. Dipendenza che gli fu fatale. “Bonzo” morì il 24 settembre 1980, dopo aver bevuto troppa vodka durante il giorno delle prove per un tour in Nord America: andò a casa di Jimmy Page, si sdraiò sul letto e la mattina dopo fu trovato morto soffocato. Già a giugno era crollato sul palco per un malore. Poche settimane dopo, il 4 dicembre, la band diramò questa dichiarazione: “Desideriamo rendere noto che la perdita del nostro caro amico e il profondo senso di rispetto che nutriamo verso la sua famiglia ci hanno portato a decidere – in piena armonia tra noi ed il nostro manager – che non possiamo più continuare come eravamo”. Amen.

 

I Doors ci provarono a sopravvivere a Jim Morrison. Ma dopo la morte del cantante-icona, trovato senza vita a Parigi il 3 luglio 1971, i tre superstiti del gruppo di Los Angeles continuarono insieme solo per un paio d’anni, per poi sciogliersi nel 1973. Aveva 27 anni Morrison quando morì in circostanze mai chiarite. Come aveva 27 anni Kurt Cobain quando si sparò in testa ponendo fine alla sua tormentata esistenza. I Nirvana, a differenza dei Doors, non ci provarono neanche ad andare avanti senza il loro frontman e si sciolsero immediatamente. Era l’aprile 1994, la band grunge di Seattle usciva dalla scena ed entrava nella leggenda. Krist Novoselic e Dave Grohl continuarono comunque a far musica con successo. Anche la storia dei Bee Gees, altri fratelli meno litigiosi dei Gallagher, si chiuse con la morte di uno di loro, Maurice Gibb, scomparso nel gennaio 2003. I due fratelli Barry e Robin decisero di non usare più il nome Bee Gees senza di lui. E poi può accadere che a far finire la band sia l’uscita di scena non tragica di uno dei suoi componenti. Di solito la star del gruppo. Rischiarono di finire così i Queen, quando Freddie Mercury fu tentato dalla carriera solista. Per poi tornare ad abbracciare i tre compagni di viaggio, con cui fece musica fino alla sua prematura morte.

Anche a Sting a un certo punto la band andò stretta. Per la verità, i Police litigavano già da un pezzo quando si sciolsero, all’apice del loro successo, il 4 marzo del 1984 e tutti e tre si dedicarono a progetti solisti ma fu solo il bassista-cantante a sfondare. I tre però non ufficializzarono mai la loro separazione e tornarono a suonare diverse volte insieme. Ma non si lasciano solo i maschi. Anche le ragazze prima o poi si dicono addio. Accadde alle Spice girls, autentiche icone degli anni Novanta con il loro Girl Power. Prima se ne andò la rossa Geri Haliwell, poi dopo un paio d’anni, le altre quattro inglesine decisero di salutarsi e dedicarsi ognuna alla propria carriera solista. Anche il trio R&B delle Destiny’s Child, 60 milioni di dischi venduti, non resistette alla tentazione del successo da solista. Le tre ragazze afroamericane si misero in proprio nel 2002: prima Michelle Williams, poi Kelly Rowland e infine Beyoncè, che sfondò diventando una superstar a tutto tondo. Il gruppo si sciolse qualche tempo dopo. Ma senza troppi traumi e screzi, proprio come era accaduto per le Spice. I ragazzi hanno qualcosa da imparare dalle ragazze della musica.

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