Jay-Z e Beyonce agli Us Open di New York

Jay Z e Beyoncé sono i loro Al Bano e Romina: cioè la vita di coppia live

Michele Masneri

Il concerto-evento allo stadio Olimpico di Roma

Nelle stesse ore in cui le massime star globali, Beyoncé e Jay Z, si esibivano allo Stadio Olimpico di Roma, altre due celebrità un poco più local venivano celebrate su un altro palco, quello di Genova: Al Bano e Romina. Certo il palco era più piccolo, e il maxischermo da cinquanta metri del “On the run 2” della coppia americana non era paragonabile, ma in fondo ci son gli stessi amori, dissapori e product placement. Il sottotitolo dei Carters – lui, quarantottenne, nasce appunto Shawn Carter – è “this is real love”, come la scritta che appare a fine concerto, excusatio non petita a certificare che è tutto vero, per questo tour già passato per Milano, che vede riunita la coppia famosa per la musica ma soprattutto per aver messo in scena e sul palco la propria storia d’amore.

   

Così sullo schermone diviso per tre, tipo schermo Bloomberg, va in scena un interminabile musicarello delle vacanze: Beyonce e Jay Z che si incontrano, si acchiappano (“The chase”, “The love”), poi corna e disavventure, incazzatura di lei (“Don’t hurt yourself”), pentimento di lui (da “4:44”) e il ricongiungimento familiare con “Family Feud” in duetto.

  

Un riassuntone per chi si fosse messo in ascolto solo ora: i due si conoscono che lui ha già fatto a tempo a essere primario spacciatore, rapper, imprenditore delle discoteche e dell’abbigliamento, si amano, poi lui forse la tradisce, poi appunto si rimettono insieme. Tutto ha una canzone e un codice a barre, nel 2014 nel primo “On the run tour” c’è il primo filmino delle nozze esibito con parsimonia, nello stesso anno ecco il format delle botte nell’ascensore (Jay Z viene menato dalla sorella di Beyoncé in merito a supposte corna alla suddetta): seguono regolamenti di conti via album. Lei fa il disco di massimo successo Lemonade (2016) in cui racconta di una “Becky with the good hair”, che sarebbe la maliarda misteriosa. Lui risponde con “4:44”, e dice che “abbiamo usato l’arte come terapia per salvare il nostro matrimonio”. Dopo tesi e antitesi, ecco la sintesi: pochi giorni fa il nuovo album della coppia, “Everything is love”. Insomma, Al Bano e Romina insegnano (Jay Z è anche vestito uguale al suo omologo pugliese, con un abituccio bianco candido tra i vari cambi).

   

Il concerto all’Olimpico dura tre ore scarse, e oltre ai filmini delle vacanze passano cartoni animati e animazioni e molti messaggi sociali. Loro del resto sono i simboli del black power perentorio – Jay Z che da gangster diventa imprenditore e leggenda del rap, Beyoncé che canta al Coachella, prima donna nera. Loro, dicono i giornali, sono il vero black power perché a differenza dei tanti neri riluttanti (Obama, Whitney Houston, Oprah Winfrey) non hanno paura di esprimere in toto la negritudine. Tutta questa negritudine va poi in scena nel luogo architettonicamente più candido e fascio dell’occidente: lo Stadio dei Marmi di Roma, coi culoni delle statue ariane e la palestra del Duce di Luigi Moretti. Ma Loro non lo sapranno, ballano e cantano coadiuvati da fiamme, ballerini, ascensori: e due fettucce-tapis roulant che dal palco portano fino al centro dello stadio, tipo aeroporto di Fiumicino. Sopra, una piattaforma che li sposta senza fatica, tipo slitta delle vecchie macchine delle carte di credito (accessoriata di molteplici ventilatori perché i capelli della diva garriscano sempre nell’aria. Lui ha invece una fascia fermacapelli e un’aria sazia, sembra molto l’emigrante Amitrano di “Bianco, rosso e Verdone”). Si esibiscono talvolta insieme, spesso uno alla volta. E, vera o finta, si capisce che la vita in due dev’essere un bel vantaggio: così uno dei due nel frattempo si cambia d’abito, o si riposa.