La grazia dei re
Recensione del libro di Ken Liu edito da Mondadori (602 pp., 24 euro)
Spesso si cerca di descrivere una novità artistica, e al contempo il rapporto con la tradizione che la precede, quasi questa fosse la riedizione singolare e suggestiva di un’opera nota, ma firmata stavolta da un autore diverso o secondo una prospettiva differente (“Maigret scritto da Kafka… Kramer contro Kramer diretto da Tarkovskij…”); una soluzione talvolta efficace e perfino doverosa per suscitare curiosità ma che rischia di ridurre nuove direzioni creative alle confortevoli regioni del già saputo. Nel caso di Ken Liu la faccenda è più complessa, dal momento che lo scrittore sino-americano è davvero un ponte tra continenti immaginativi; traduttore dell’ammirata fantascienza di Liu Cixin, ha vinto l’Hugo e il Nebula, ispirato episodi della serie Netflix
- Non fare la parte dell’innocente, vecchio furbone di una tartaruga. Stavi tramando questa mossa da anni. Mi stavo chiedendo quando il tuo uomo si sarebbe messo in movimento.
- Quando vuoi catturare un grande pesce, devi dare molta lenza”.
Un romanzo dal respiro vasto, solenne, dall’andatura tutta sua, con un suggestivo e inconsueto uso dei balzi temporali, nel quale si dispiega l’antica perenne verità per cui “il potere odia il vuoto”, nella vita collettiva e nel segreto del singolo, senza tollerare spazi neutri o riserve, come un’inondazione innescata da gesti persino piccoli e casuali, ma capace comunque di trasformarci in qualcosa che non avremmo mai sospettato di diventare. Forse.
La grazia dei re
Ken Liu
Mondadori, 602 pp., 24 euro