L'inseguitore

Julio Cortázar
Sur, 110 pp., 15 euro

    L’inseguitore è Johnny Carter, il protagonista di questo racconto che compare per la prima volta, nel 1959, nella raccolta “Le armi segrete” con il titolo “El perseguidor”. L’editore Sur lo ha da poco ripubblicato in una nuova traduzione di Ilide Carmignani, modificando il titolo (e il senso) da “Il perseguitore” a “L’inseguitore” e arricchendo la nuova edizione con le tavole dell’illustratore José Munoz, argentino come Julio Cortázar. Il racconto è un omaggio a Charlie “Bird” Parker uno dei geni del jazz, fondatore del bepop, tra i più grandi sassofonisti che siano mai esistiti. In poco più di cento pagine, scritte qualche giorno dopo la morte del jazzista nel marzo del 1955, Julio Cortázar immagina gli ultimi giorni della sua vita folle e dannata, tra eroina, internamenti psichiatrici e meraviglioso jazz. Come Charlie Parker anche il protagonista di questo racconto non si presenta ai suoi concerti, non riesce a suonare perché strafatto, e quando non impegna il suo sassofono per recuperare pochi soldi, scrive la storia del jazz. Ma chi o cosa sta inseguendo? Prova ad accennare qualche risposta Bruno, voce narrante del racconto, critico jazz e suo biografo: “Penso malinconicamente che lui si trova all’inizio del suo sax, mentre io vivo costretto ad accontentarmi della fine. Lui è la bocca e io l’orecchio”. Johnny Carter è un cacciatore, “tutte le cose che gli stanno capitando nella vita sono gli imprevisti del cacciatore e non dell’animale braccato”. Insegue e non si può inseguirlo. Vive in maniera elastica, preferisce il desiderio al piacere, racchiude un quarto d’ora di pensieri in un minuto e mezzo, trovando anche lo spazio per una nuova improvvisazione “piena di fughe in tutte le direzioni”. Bruno lo accudisce, gli passa un po’ di soldi, fuma con lui pacchetti interi di Gauloises e beve il rum dalla stessa fiaschetta provando invidia per quell’angelo malato, “quel Johnny dell’altro lato, senza che nessuno sappia cos’è esattamente quell’altro lato”. Tra alcol, droghe, e sesso (“le donne passano la vita a girare intorno a Johnny e a quelli che sono come Johnny”) si consumano gli ultimi giorni del jazzmen che sembra non avere la consapevolezza della grandezza della musica che suona. Johnny corre nudo per i corridoi di un albergo, incendia materassi, soffre e, in mezzo a tutto questo, crea cose stupende. Vive su un precipizio: “Sulla mano, nel giornale, nel tempo, nell’aria: tutto pieno di buchi, tutto spugna, tutto come un colino che cola sé stesso…”. Anche dalla morte continua a inseguire e le tracce sono nei suoi dischi e in quell’unica frase: “Bruno, il jazz non è solo musica, io non sono solo Johnny Carter”.

     

    L'INSEGUITORE
    Julio Cortázar
    Sur, 110 pp., 15 euro