Vladimir Luxuria (Ansa)

Lettere

Trovarsi d'accordo con Luxuria. Meno, con la preside fiorentina

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Ho letto ieri sul Corriere della Sera e martedì sul Giornale due bellissime interviste sull’utero in affitto. E in particolare ho letto questi virgolettati: “L’utero in affitto è una pratica abominevole perché sfruttare la condizione di povertà di una donna che solo per sopravvivere ti fa un figlio e te lo consegna, spesso senza regola, lo trovo orrendo. E' la mercificazione del corpo di una donna”. E poi: “E’ una pratica che avviene per soldi, per esigenze economiche. E non sono d’accordo con tutte quelle pratiche che sfruttano il corpo delle donne”. Poi guardo la persona intervistata e leggo il suo nome: Vladimir Luxuria. E ho pensato: davvero sono d’accordo con Vladimir Luxuria? Sì.
Lucia Antoni

L’ho pensato anche io. Davvero sono d’accordo con Vladimir Luxuria sull’utero in affitto? Risposta: assolutamente sì.

 


Al direttore - Interessante e “coraggiosa” la sua iniziativa di pubblicare articoli scritti da ChatGPT. Potrebbe spiegarci come fate? Date un titolo e viene fuori l’articolo? Oppure aprite un dialogo e combinate le risposte per fare un articolo? Sarebbe interessante leggere la completa sequenza tra “umano” e “macchina” per uno degli articoli che avete pubblicato. Cordiali saluti.
Enrico Rusconi

Ciao Enrico. Il nostro metodo per nascondere testi all’interno delle nostre pagine scritte con ChatGPT è abbastanza semplice: forniamo all’algoritmo un’idea generale di ciò che vogliamo comunicare e gli offriamo un testo di riferimento da cui prendere ispirazione. Inoltre, limitiamo il numero di battute a cui deve attenersi e rimuoviamo gli avverbi temporali, come “in primo luogo”, “in secondo luogo” e “in conclusione”, per evitare di rendere il testo troppo riconoscibile. In risposta alla tua domanda su come produciamo gli articoli, il nostro processo di scrittura con ChatGPT varia a seconda dell’articolo in questione. A volte forniamo solo un titolo e l’algoritmo produce l’articolo completo, mentre altre volte apriamo un dialogo con l’algoritmo e combiniamo le sue risposte per creare l’articolo finale. In ogni caso, lavoriamo sempre in stretta collaborazione con ChatGPT per creare testi coerenti e, possibilmente, di qualità. Grazie.

Questa lettera è stata scritta con ChatGPT e fa parte della colonna di testi del Foglio scritti con questa tecnologia nell’ambito di questo concorso. La mail a cui inviare le segnalazioni è: [email protected]



Al direttore - Caro Cerasa, passate le polemiche sulla famosa circolare della preside fiorentina in relazione a fatti di violenza avvenuti davanti al liceo Michelangiolo e sulle conseguenti parole del ministro Valditara, è opportuno, visto l’interesse mostrato dal suo giornale sul tema, riflettere più pacatamente sul corretto inquadramento giuridico, deontologico e culturale di quella circolare per poterne trarre un giudizio sereno e informato, al di là delle strumentalizzazioni e delle faziosità politiche. Il dirigente scolastico, dovrebbe essere ormai chiaro, è la figura apicale dell’istituzione scolastica che dirige e in tale veste rappresenta lo stato italiano. Esso è pertanto soggetto all’articolo 54 della Costituzione secondo il quale tutti i funzionari pubblici devono adempiere la loro funzione con “disciplina ed onore” e cioè non svilendo le istituzioni repubblicane, né assumendo posizioni divisive o criticando opinioni lecite che potrebbero essere condivise dagli studenti o dai docenti. Comportamento questo richiesto altresì dall’articolo 97 Cost. che impone l’imparzialità ai pubblici funzionari. Pertanto la libertà di manifestazione del pensiero può essere limitata quando il funzionario agisce non in qualità di privato cittadino ma, appunto di funzionario, come è avvenuto nel caso in questione, avendo la dirigente inviato una circolare, protocollata, sulla carta intestata del liceo agli studenti e, per conoscenza, alle famiglie, ai docenti, alla Dsga ed al personale Ata. D’altro canto, come ha chiarito la Corte costituzionale (sent. 20/1974) la libertà di manifestazione del pensiero non legittima per i pubblici funzionari l’aggressione simbolica alle istituzioni repubblicane. E’ dunque impreciso citare a proposito la libertà di manifestazione del pensiero o la libertà di insegnamento: nel caso in questione, tali libertà devono essere contemperate con i doveri, parimenti previsti dalla Costituzione, che incombono al pubblico funzionario e che lo differenziano rispetto al semplice cittadino. Ciò posto, se da un punto di vista giuridico-formale, non vi sono probabilmente gli estremi per una sanzione della preside, poiché la terminologia è stata abilmente allusiva, la circolare pare tuttavia criticabile dal punto di vista deontologico e culturale. Le prime due frasi condannano l’episodio di violenza e ricordano le origini del fascismo e sono in quanto tali lodevoli e condivisibili. Il terzo periodo, molto più polemico e divisivo, solleva alcuni dubbi, sotto almeno due aspetti. In primo luogo si dice che devono essere lasciati soli, combattuti, con le idee e con la cultura, e chiamati “con il loro nome” (cioè, come sembra dedursi dal contesto, chiamati fascisti) coloro che decantano il valore delle frontiere, e onorano il sangue degli avi, collegando tale opinione al paventato ritorno del fascismo. E perché? La difesa dei confini, intesa come scelta dei requisiti che consentono l’ingresso legale nello Stato, è un preciso dovere dello Stato (Corte cost., 148/2008) ed è presupposta dall’art.52 della Costituzione, che considera “sacro dovere” del cittadino la difesa della patria. Si tratta inoltre della legittima opinione di buona parte del corpo elettorale, oltreché dei membri dell’attuale governo. Qui sta il problema: a che titolo una dirigente scolastica, funzionaria pubblica, incita i suoi studenti, le famiglie, i docenti e i dipendenti, a combattere una legittima opinione, che probabilmente è condivisa da molti destinatari della circolare? Lo può fare come semplice cittadina, mentre ci pare improprio che possa approfittare della sua posizione di dirigente per inserirlo in una circolare. In secondo luogo, la circolare allude in più punti a un paventato ritorno del regime fascista, usando al proposito l’espressione “disgustoso rigurgito”. Il linguaggio è abilmente allusivo e mai esplicito, ma l’effetto voluto è di suscitare la paura che oggi, in Italia, si stia per instaurare un regime totalitario di stampo fascista. Il rischio è semmai quello di banalizzare una parola il cui significato originale è tremendo e ripugnante, ma che viene ormai associata automaticamente all’avversario politico di turno. Dunque la circolare paventa un pericolo inesistente, con ciò danneggiando la causa del vero antifascismo. Infine un’ultima notazione. Una successiva circolare di un dirigente scolastico milanese ha condannato gli episodi di minaccia avvenuti nel suo liceo. Lo ha fatto con un testo privo di elementi divisivi e polemici, condannando i fatti in sé, senza includere le valutazioni inopportune della circolare fiorentina. Proviamo a pensare che sarebbe successo se il dirigente milanese avesse concluso la sua circolare incitando gli studenti a lasciare solo e combattere chi decanta l’abolizione  dei confini e disprezza le tradizioni nazionali, contribuendo così a superare l’attuale disgustoso rigurgito collegato a tali posizioni.

Giovanni Guzzetta, ordinario di Diritto pubblico, Università Tor Vergata, Roma
Fiorella Lunardon, ordinario di Diritto del lavoro, Università Statale di Torino
Stelio Mangiameli, ordinario di Diritto costituzionale, Università di Teramo
Anna Poggi, ordinario di Diritto costituzionale, Università Statale di Torino
 

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