Foto via Ansa 

Lettere

C'è qualcosa di osceno e ridicolo nel caso Donzelli-Delmastro

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Da anni il dibattito politico in Parlamento si è impoverito sostituendo le argomentazioni con gli insulti o con le accuse campate in aria. Spesso in Parlamento assistiamo a dei comizi con i toni e le esagerazioni proprie dei vecchi comizi elettorali nelle piazze all’epoca sempre piene di persone che spesso ascoltavano e applaudivano comizi diversi che si susseguivano. Era una partecipazione popolare che richiedeva e apprezzava la passione, le esagerazioni, le accuse e i toni di voce altisonanti. In Parlamento, però, era tutt’altra cosa. Gli scontri avvenivano, ma su grandi questioni. L’Europa, lo Sme, la Nato, lo Statuto dei lavoratori, l’aborto, il divorzio e così via. Per il resto il confronto era nel merito dei provvedimenti all’esame dell’Aula.

L’onorevole Donzelli, invece, stavolta si è fatto prendere la mano. E ha fatto un comizio. Con tutte le sue proverbiali caratteristiche, toni e accuse comprese. Accuse, peraltro, così precise (la visita dei quattro deputati del Pd a Cospito per sostenerlo nella sua azione di protesta) che non potevano non avere  furibonde reazioni. Il giurì d’onore è stato l’approdo necessario. Un democristiano se mai si fosse lasciato prendere la mano da un comizio improvvisato in Aula non avrebbe avuto difficoltà a richiedere la parola per fatto personale e chiedere scusa agli offesi, fermo restando la fermezza nel mantenere il 41-bis e chiedendo agli avversari un’esplicita condivisione sulla fermezza, visto che i padri del Pd (cioè i comunisti) trent’anni prima avevano votato contro l’estensione ai mafiosi di quel 41-bis istituito per i brigatisti e terroristi in genere.

Detto questo, però, mi sembra strumentale l’attacco a Donzelli sull’uso di dati sensibili e riservati. Ma quali erano questi dati? C’era forse bisogno delle intercettazioni per sapere che mafia, ’ndrangheta e camorra condividevano la folle battaglia di Cospito? Se il 41-bis è stato fatto oltre trent’anni fa per terroristi, mafiosi e camorristi è banale immaginare che una battaglia contro avesse il consenso dei destinatari del carcere duro. A nostro giudizio quel rapporto dell’amministrazione giudiziaria sulle intercettazioni registrate in carcere doveva essere portato all’attenzione del Parlamento perché dimostra, nei fatti, la necessità di mantenere ferma la posizione del 41-bis. Altro che dati sensibili e riservati! Dati scontati e da rendere pubblici per confermare quel carcere duro che isola il detenuto dalle organizzazioni terroristiche e mafiose. Il carcere duro, però, non deve trasformarsi in tortura impedendo la lettura, la televisione e foto dei propri famigliari.

“Il troppo storpia” diceva un vecchio proverbio e tutto può accadere tranne che lo stato abbia una ferocia di comportamento per certi aspetti simile agli autori dei reati puniti con il carcere duro.

Paolo Cirino Pomicino

 

Buon punto, caro Pomicino, con tre ma. Si può dire, come ha ammesso anche Delmastro parlando con il Foglio, che è un errore usare in Parlamento informazioni che non si dovrebbero avere? E si può dire che è osceno usare queste informazioni per creare una simmetria tra le battaglie di un criminale e quelle dell’opposizione? E si può dire che è ridicolo chiedere che sia la magistratura, e non la politica, a occuparsi di un problema che è politico, e non giudiziario, e che è quello che riguarda l’uso improprio di informazioni che non dovevano essere diffuse? Forse sì. E grazie.

Di più su questi argomenti: