(foto Ansa)

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Conte rimandato a settembre sulla Carta Onu. I “compromessi” secondo Caracciolo

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Ieri il Comitato parlamentare  per la sicurezza della Repubblica ha messo a punto una relazione sui problemi relativi alla sicurezza energetica dell’Italia. Relazione molto interessante e per me condivisibile in molti punti. Con una lacuna molto grave soprattutto vista la fonte. Non è preso in considerazione in alcun modo il contributo che può venire dalle risorse nazionali di gas e petrolio. Eppure si dovrebbe partire proprio da lì prima di esaminare come migliorare le nostre importazioni.
Chicco Testa


Al direttore - Mi sono ricordato che tanti anni or sono mi capitò, in Ddr, di visitare un museo del giocattolo nella storia, dagli antichi egizi in avanti. Il nazifascismo era rappresentato dai classici soldatini. Chiesi allora se avessero abolito la produzione di quel tipo di giocattolo. Mi fu risposto che i soldatini venivano ancora prodotti, ma secondo una concezione difensiva.
Giuliano Cazzola 

L’articolo 51 della Carta Onu, che Conte richiama per giustificare il “limite” del M5s all’invio di armi pesanti all’Ucraina, come ha ricordato ieri su Twitter il buon Piercamillo Falasca, in realtà è la base del Diritto internazionale che giustifica il supporto militare a un paese aggredito che stia esercitando il proprio diritto di difesa. Rimandato a settembre. 



Al direttore - Bucha resterà il fatto più emblematico della guerra di Ucraina. Non per le efferatezze delle truppe russe,  ma per la sfacciata negazione della verità. Bucha ci ricorda che esiste un “problema di verità”, “l’idea che il concetto di verità in democrazia svolga un ruolo politicamente cruciale” nel senso che la democrazia è verità al potere, come scrivono Franca D’Agostini e Maurizio Ferrera nel libro omonimo (Einaudi, 2019).  Se il diritto di parlare e di discutere è esteso idealmente a tutti, allora il vero potere non è del popolo, ma di ciò che i suoi rappresentanti credono, cioè da come derivano conclusioni che ritengono vere da premesse che ritengono vere. Questo comporta individuare i beni che consentono l’uso di questo diritto. Nel campo della comunicazione, quello di essere informati e quello di ricevere un’educazione che permetta di discriminare il vero dal falso; nel campo della scienza, di essere riconosciuti come fonti affidabili di verità, e del diritto di disporre di un sistema scolastico affidabile.  Nelle società liberal-democratiche questi diritti o sono attivati o la loro attivazione è considerata auspicabile. Nelle società totalitarie, quella russa in particolare, è tutto il contrario: la censura è applicata in ogni gradazione, dal controllo dei contenuti all’abolizione del contenitore, al fare tacere la voce dissenziente in una prigione o in una tomba. In questo senso ho detto che la menzogna “premiata” di Bucha è emblematica di questa “speciale operazione di menzogne”. Non si pone un problema di  “verità al potere” e di scelta del mondo in cui vivere, chi (Tomaso Montanari a “Otto e mezzo” del 25 aprile) si domanda dove possiamo finire noi che conduciamo “una guerra per procura”  decisi a farla andare avanti “fino all’ultimo  ucraino”; e quel che è peggio non se lo pone  neppure Lucio Caracciolo, preoccupato di sapere quale sia la linea rossa di Kyiv per il compromesso che dovrà porre fine a questa guerra. Peggio, perché detto da chi dirige una rivista chiamata Limes e che quindi dovrebbe essere il primo a sostenere  che chi ha violato il “limes” invadendo i confini del vicino non può essere premiato da un compromesso che sancisca la sua invasione con una conquista territoriale. Putin è un invasore seriale, con cui cerca di realizzare per la seconda volta il sogno di “Ein Volk, ein Reich, ein Führer”. Non è bastata la prima?  A proposito di invasore seriale, per quella della Crimea ci sono ancora sanzioni in vigore. Immagino che un compromesso ne comporterebbe la soppressione. In cambio di che?
Franco Debenedetti
 

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