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Lettere

Prendere di petto i fatti che muovono il mondo. Come l’inflazione

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

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Al direttore - Nel farvi i complimenti per il giornale, in Italia a mio parere il migliore in assoluto per i temi trattati (mai banali e spesso ignorati dagli altri giornali, in particolare per quanto riguarda l’estero, ma non solo), vorrei farvi un piccolo appunto/suggerimento: visto che siete così bravi nel commentare e trattare le notizie in modo “puntuale”, vedi ad esempio le vicende Tim e Generali nei giorni scorsi, potreste istituire una sezione “permanente” su questi aspetti inerenti le vicende societarie/di sistema, che trovo siate in grado di trattare meglio di tutti gli altri giornali italiani, compreso il Sole. Alla fine queste sono le notizie “pratiche” che muovono il mondo, non tanto le beghe dei partiti e le cose provinciali che, onestamente, trovo poco interessanti. Di nuovo complimenti e buon lavoro!
Gianluca Spada

A proposito di pratiche che muovono il mondo. C’è un tema che meriterebbe di essere affrontato e preso di petto il prima possibile. Quel tema riguarda una questione che in Europa viene considerata ancora poco importante, mentre nel resto del mondo è considerata cruciale, e che si incrocia con il futuro della nostra economia: l’inflazione. Ieri la Fed, rendendo noti i verbali della riunione del 2 e del 3 novembre, ha fatto sapere che potrebbe accelerare il processo di riduzione degli acquisti di asset o alzare i tassi prima del previsto se l’alta inflazione persisterà. E nelle stesse ore ad aver alzato i tassi sono state (a) la Banca centrale della Nuova Zelanda e (b) quella della Corea del sud. Bce ancora prudente (per quanto?). Tema: inflazione passeggera o no? L’Europa pensa di sì. Lo pensa anche Draghi, che due giorni fa in conferenza stampa, con tono sicuro e rassicurante, ha spiegato che buona parte della responsabilità dell’aumento dei prezzi dipende dall’aumento della domanda innescata dalla crescita in corso. L’America accelera contro l’inflazione, l’Europa prende tempo. La battaglia è appena cominciata. E per una volta l’Europa dovrà stare attenta a governare con intelligenza il suo magnifico ottimismo, forse un po’ in eccesso.

 

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Al direttore - Lunedì 22 novembre è iniziata la discussione degli emendamenti per distribuire il cosiddetto “tesoretto” da 8 miliardi creatosi con la forte crescita del pil nel 2021. Si sente parlare della assurda tassa sulle transazioni finanziarie italiane. Si tratta di una tassa sugli investimenti diretti in azioni di aziende italiane. Una tassa teorizzata nel 1972 dall’economista James Tobin in ambito di transazioni valutarie per limitare le fluttuazioni dei cambi, e poi maldestramente applicata a vario titolo da alcuni (pochi) paesi alle azioni, con la populistica idea di punire la speculazione di Borsa. In Italia la sua applicazione è del marzo 2013 e da allora, contrariamente al suo scopo, colpisce gli investimenti di lungo periodo nelle aziende italiane da parte dei risparmiatori con una aliquota dello 0,1 per cento sul controvalore investito per almeno un giorno. La tassa infatti è esente per gli speculatori che fanno operazioni veloci nella stessa giornata (in gergo dette intraday), mentre colpisce chi investe nel lungo periodo, in particolare i risparmiatori. La tassa inoltre colpisce assurdamente solo le azioni (e i relativi derivati) di aziende con sede legale in Italia (codici Isin delle azioni che iniziano con It). La tassa non si applica invece alle azioni di aziende estere e alle obbligazioni e ai titoli di debito pubblico. È possibile aggirare questa tassa per le aziende trasferendo la sede legale all’estero. Delle 40 aziende componenti l’indice Ftse-Mib, ben sette hanno sede all’estero e quindi non sono soggette a questa tassa. In particolare, i Paesi Bassi sono la nazione che attira maggiormente, offrendo inoltre anche numerosi altri vantaggi. Nel listino intero di Borsa Italiana ci sono diverse aziende importanti con sede nei Paesi Bassi (codice Isin Nl) quali ad esempio Ferrari, Campari, Stellantis, Cementir, Mediaset, Exor, StMicroelectronics, Cnh Industrial. La tassa ha un gettito che ha oscillato negli anni fra i 400 e gli 800 milioni, rispetto ad attese di incassi miliardari alla sua istituzione, e complica inutilmente la vita a intermediari italiani ed esteri alle prese con i conteggi e la deduzione della stessa dai clienti per poi versarla al fisco italiano. A distanza di quasi 10 anni dall’introduzione si può affermare che tale tassa non ha avuto alcun beneficio per l’economia nazionale, allontanando ulteriormente gli investitori e i loro risparmi dall’economia domestica e indirizzandoli verso mercati esteri sui quali la tassa non si applica (primo fra tutti gli Stati Uniti). Forse è arrivato il momento di eliminare questa tassa senza alcun concreto impatto sulle entrate fiscali nazionali, ma con un grande impatto per l’attrattività del listino borsistico italiano e per la canalizzazione del risparmio verso aziende nazionali a discapito delle multinazionali statunitensi.
Vincenzo Tedeschi
ad Directa sim

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