L'odio, l'insonnia della ragione e la Polonia: poesia per Danzica

Al direttore - Austerità avventata (Juncker) ok, obbligo flessibile però no, eh.

Giuseppe De Filippi


  

Al direttore - La notizia della morte del sindaco di Danzica mi è stata data da Francesco Cataluccio, che ha raccontato sul Foglio un po’ del suo dolore. Ieri gli ho chiesto se voleva scrivere ancora qualcosa. Mi ha risposto mandandomi una poesia: è del 1993, è stata tradotta in italiano da Pietro Marchesani e pubblicata nel volume di tutte le poesie di Wislawa Szymborska, “La gioia di scrivere” (Adelphi, 2009). Questa poesia è stata letta a Stettino, lunedì, in Piazza Solidarnosc alle 18, dopo un minuto di silenzio, da Adam Opatowicz, direttore del Teatr Polski. Si intitola “L’odio”. Eccola:

Guardate com’è sempre efficiente,

come si mantiene in forma

nel nostro secolo l’odio.

Con quanta facilità supera gli ostacoli.

Come gli è facile avventarsi, agguantare.

Non è come gli altri sentimenti.

Insieme più vecchio e più giovane di loro.

Da solo genera le cause

che lo fanno nascere.

Se si addormenta, il suo non è mai un sonno eterno.

L’insonnia non lo indebolisce ma lo rafforza.

Religione o non religione

purché ci si inginocchi per il via

Patria o no

purché si scatti alla partenza.

Anche la giustizia va bene all’inizio.

Poi corre tutto solo.

L’odio. L’odio.

Una smorfia di estasi amorosa

gli deforma il viso.

Oh, quegli altri sentimenti

malaticci e fiacchi!

Da quando la fratellanza

può contare sulle folle?

La compassione è mai

arrivata per prima al traguardo?

Il dubbio quanti volenterosi trascina?

Lui solo trascina, che sa il fatto suo.

Capace, sveglio, molto laborioso.

Occorre dire quante canzoni ha composto?

Quante pagine ha scritto nei libri di storia?

Quanti tappeti umani ha disteso

su quante piazze, stadi?

Diciamoci la verità:

sa creare bellezza

Splendidi i suoi bagliori nella notte nera

Magnifiche le nubi degli scoppi nell’alba rosata.

Innegabile è il pathos delle rovine

e l’umorismo grasso

della colonna che vigorosa le sovrasta.

E’ un maestro del contrasto

tra fracasso e silenzio

tra sangue rosso e neve bianca.

E soprattutto non lo annoia mai

il motivo del lindo carnefice

sopra la vittima insozzata.

In ogni istante è pronto a nuovi compiti.

Se deve aspettare aspetterà.

Lo dicono cieco. Cieco?

Ha la vista acuta del cecchino

e guarda risoluto al futuro

– lui solo.

Paola Peduzzi

L’insonnia della ragione non lo indebolisce, l’odio: lo rafforza


Al direttore - “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. Così recita il terzo comma di quella Carta costituzionale che il ministro di Polizia non conosce.

Giuliano Cazzola

   

E non solo. L’articolo 498 del codice penale: “Chiunque abusivamente porta in pubblico la divisa o i segni distintivi di un ufficio o impiego pubblico, o di un corpo politico, amministrativo o giudiziario, ovvero di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello stato, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 154 a euro 929”.

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