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lettere rubate

La letteratura, Dio, le donne. Vita di Isaac B. Singer

Annalena Benini

A trent’anni dalla sua morte, la studiosa Fiona Diwan riflette profondamente sulle scelte del premio Nobel 1978, e sulla sua complessità di uomo, scrittore, ebreo vitalissimo e pieno di nostalgia

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Molte persone hanno diversi problemi contemporaneamente: economici, medici, religiosi, sessuali e altro. Uno dei principali è che la vita diventa spesso grigia, noiosa, priva di gusto e di scopo. Al giorno d’oggi la gente ha perso il senso e il desiderio del gioco, e il gioco è necessario come lo sono il pane e l’aria.
I. B. Singer, “Il ciarlatano” (Adelphi)

Il ciarlatano è apparso a puntate in yiddish tra fine 1967 e maggio 1968 sul quotidiano di New York, “Forverts”, firmato con lo pseudonimo che Singer usava per i suoi scritti più frettolosi. Come Keyla la rossa, è un libro nascosto, dimenticato e poi ritrovato. In Italia è stato pubblicato da Adelphi nel 2019, ma Singer aveva rinunciato alla pubblicazione americana, nonostante la traduzione fosse quasi completata. Voleva proteggere il suo vecchio mondo? A trent’anni dalla sua morte, la studiosa Fiona Diwan riflette profondamente sulle scelte di Isaac Singer, premio Nobel nel 1978, e sulla sua complessità di uomo, scrittore, ebreo vitalissimo e pieno di nostalgia. Fiona Diwan indaga, ricostruisce, avanza ipotesi sulle caratteristiche di una grandezza che ha raccontato esistenze alla deriva. La grandezza di un uomo imperfetto e contraddittorio, che sempre di più ha aderito al suo popolo e che ha intitolato la sua autobiografia “Lost in America New York”, perduto in America.

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Singer è stato uno scrittore eccezionale, che ha riempito centinaia di taccuini e esplorato molte forme di letteratura comprese le storie per bambini e feuilletons a puntate, che sembra aver offerto tutto di sé (che famiglia, la sua, sempre in bilico tra devozione e ribellione, come scrive Antonia Arslan nella bellissima postfazione a questo libro) ma c’è ancora un doppio fondo, un mistero, qualcosa che riguarda l’origine della passione per la vita, l’amore, le donne, qualcosa che non si può trattenere nella penna e che travolge, ma con cui Singer ha un rapporto problematico, che riguarda la sopravvivenza e  l’intero destino del popolo ebraico. I suoi eroi sono tormentati, il suo eros è predatorio, l’umanità è in continuo fremito e tutto è però circonfuso da qualcosa, come ha scritto Henry Miller di Gimpel l’idiota, che assomiglia a un’aura di santità. “Mentre andava su e giù per la stanza guardando Miriam fare i bagagli, aveva già nostalgia di Minna e di chissà quante altre donne, vive o morte che fossero. Provava l’impulso di correre, di saltare, di gridare. Sentiva il bisogno di studiare la fisica, la chimica, la matematica. Era terrorizzato dalla morte. Voleva entrare in comunione con Dio e con la Divina Presenza, rimpiangeva di non essersi portato a letto quella polacca che faceva la cameriera alla tavola calda”. Un inafferrabile momento di felicità.

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